venerdì 12 marzo 2010

CHI PROFITTA DELLA CRISI

Ieri in Grecia, oggi in Italia milioni di lavoratori stanno scendendo nella piazze chiedendo un politica economica diversa che faccia pagare la crisi soprattutto a chi con la crisi si è arricchito tanto.
Come ha scritto la rivista Forbes (edita dal miliardario Steve Forbes) lo scorso anno i miliardari (con patrimonio superiore al miliardo di dollari) sono aumentati di oltre il 20% da 793 a 1001. E tutti insieme posseggono una fortuna pari a 3600 miliardi di dollari (quasi il doppio del PIL italiano) , fortuna che è aumentata del 30% rispetto all’anno precedente. Per loro la crisi è stata una benedizione.
Ma come è possibile arricchirsi in un anno di crisi nel quale il PIL mondiale è diminuito di quasi il 4%? Semplice, facendo pagare i lavoratori, riducendo ulteriormente la loro quota nella distribuzione dei redditi. Al tempo stesso proteggendo le enormi ricchezze depositate nelle banche, evitando di far fallire le banche. E stiamo parlando di “sussidi” per migliaia di miliardi di dollari. Il tutto in base al principio che il capitale finanziario non può essere fatto fallire perché tutto il sistema economico gli crollerebbe dietro. Forse.
Ma il risultato è evidente: decine di milioni di lavoratori hanno perso il posto di lavoro e il tasso di disoccupazione sfiora il 10%. Senza contare, come sostengono le Nazioni Unite, che il livello di povertà sta costringendo alla fame centinaia di milioni di persone. Nei paesi arretrati, ma anche nel cuore dell’Impero.
E la crisi morde in profondità senza differenze paesi nei quali la flessibilità del lavoro era amssima (USA e Spagnanper esempio) e dove le garanzie per i lavoratori erano un po’ più serie. Come in Italia.
Erano, perché ora anche in Italia, il lavoratore non ha più protezione con l’abolizione di fatto dell’articolo 18.
La CGIL che oggi scende in piazza ha posto al primo posto proprio lo smantellamento dell’articolo 18. Purtroppo lo fa tardivamente: la mobilitazione andava fatta prima che il Parlamento approvasse il progetto degli ex socialisti Brunetta e Sacconi.
Lo sc iopero è stato proclamato anche per la difesa della democrazia, del potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati e per la creazione di posti di lavoro.
Il Governo che due anni fa aveva lanciato l’elemosina della social card , ieri ha fatto di peggio: ha stanziato 300 milioni di euro per incentivare la ripresa del consumo.
Ogni italiano in media potrà ricevere 5 euro, ogni famiglia 15. Statistiche “false” ma che assumono significato quando si scopre che gli incentivi sono destinati anche per l’acquisto di motori per la nautica da diporto. Immaginiamo la fila di cassaintegrati, precari, piccoli imprenditori e degli agricoltori che fanno a pugni per l’incentivo per acquistare un nuovo motore al loro motoscafo.
Ma non è finita: ieri la BCE ha detto che la ripresa è lenta e la creazione di nuovi posti di lavoro è rinviata al futuro. Poi ha lanciato un avvertimento ai governi: preparatevi ad una “exit strategy”, cioè a ridurre u deficit di bilancio provocati dalla crisi. visto che il 90% degli aiuti è finito in mani ricche, l’avvertimento potrebbe sembrare buono. Ma non è così: quando gli “gnomi” di Francoforte parlano lo fanno in senso unico. Il loro modello sono i provvedimenti presi in Grecia: il blocco delle pensini, la riduzione dei salari, in più, privatizzazioni e flessibilità.
Il dramma è che molti sono convinti che Menenio Agrippa col suo “apologo” avesse ragione e che un mondo diverso non è possibile: gli schiavi debbono rimanere schiavi e i padroni, padroni per sempre.



Galapagos, Il Manifesto del 12.03.2010

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