martedì 16 marzo 2010

Idea autoironica per una riforma elettorale

Domenica 28 febbraio, riflettendo sulle ragioni del popolo viola, Curzio Maltese ha scritto su La Repubblica poche parole che, alla luce dei recenti sviluppi della vicenda politica, suscitano qualche commento. «Siamo alla vigilia della privatizzazione dell'acqua, contro il parere dell'85 per cento degli italiani, ma senza nessuno in Parlamento che si opponga davvero». Non è difficile concluderne che questo Parlamento non è rappresentativo. Somiglia sempre più a un consesso di notabili, separato e autoreferenziale. In questione (anche senza pensare a veline o amici della 'ndrangheta) è la sua stessa legittimità.
Queste considerazioni incrociano un tema ricorrente nel dibattito politico. Ancora in questi giorni Massimo D'Alema ha rilanciato la proposta della Grande riforma, ripetendo il ritornello della riduzione del numero dei parlamentari, cosa che - com'è noto - ha soltanto uno scopo: fare definitivamente piazza pulita dei piccoli partiti, «incompatibili» con lo schema bipolare. Insomma, un Parlamento non rappresentativo progetta riforme che servono a blindare l'occupazione delle istituzioni da parte delle forze politiche che lo compongono. Stando così le cose, ci permettiamo di formulare una modesta (e autoironica) proposta. Che, oltre a evitare l'arbitrio di stabilire a tavolino più ridotte dimensioni delle Camere, comporta qualche vantaggio collaterale.
La volontà degli elettori
Per ridurre il numero dei parlamentari non c'è alcun bisogno di «riforme», è più che sufficiente rispettare la volontà degli elettori. Basta lasciare tutto per com'è, limitandosi a non assegnare i seggi (oggi circa duecento alla Camera e un centinaio al Senato) corrispondenti ai voti non espressi, alle schede bianche e nulle, e ai voti ricevuti dai partiti che non hanno superato lo sbarramento imposto dalla legge elettorale.
Così facendo, non solo si ridicolizzerebbero le balle del presidente del Consiglio (mostrando che il centrodestra è stato votato da meno del 36% degli elettori). Si renderebbe altresì visibile la reale composizione politica del paese, dando in qualche modo rappresentanza ai cittadini che hanno votato i partiti minori (3,5 milioni di elettori), si sono astenuti o hanno votato bianca o nulla (altri 10,6 milioni). Stiamo parlando di quasi un terzo dell'elettorato, una percentuale enorme la cui costante crescita (l'astensionismo è passato dal 19,5% nel 2008 al 35% nel 2009: un salto di qualità, pur considerando la diversa natura delle consultazioni) denota la crisi politica della cosiddetta seconda Repubblica.
Quando il re è nudo
Quest'ultima affermazione è dedicata a quanti temono che lasciare vuota una parte delle aule parlamentari alimenterebbe derive «antipolitiche». Quando «il re è nudo», far vedere la crisi sembra il solo modo per recuperare la sacralità delle istituzioni e avviare un processo partecipato di ri-legittimazione. Forse, materializzare il deficit di rappresentatività dei maggiori partiti, oggi mascherato da una legge elettorale indecente, costringerebbe le forze politiche a ricercare un rapporto più stretto e serio con il «paese reale».
Qui sta, evidentemente, il tallone d'Achille della proposta. Essa chiede ai partiti che, grazie ai media controllati da pochi gruppi di potere, appaiono e agiscono come rappresentanti della totalità, di riconoscere il proprio deficit di rappresentatività e di metterlo in scena. È un po' come chiedere all'attuale presidente del Consiglio di dire la verità sui reati fiscali delle sue aziende. Per questo si tratta di una proposta autoironica, formulata sapendo che ben difficilmente verrà presa in considerazione. Sperare, tuttavia, non costa (ancora) nulla.
Chissà che qualcuno tra coloro che contano non capisca che, a forza di rimuovere la realtà, ci si fa del male e che la troppa astuzia sconfina nell'autolesionismo. Chissà che l'attuale disastro, che non è detto non possa aggravarsi, non determini un inopinato sussulto di resipiscenza.



di Alberto Burgio su Il Manifesto del 16/03/2010

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua