giovedì 25 marzo 2010

RISTABILIRE LA DEMOCRAZIA


I toni muscolari delle parole del presidente del Consiglio forniscono una ulteriore prova, sia da piazza San Giovanni che dai palazzi istituzionali in questi giorni, per accertare lo stato di decrepita salute della democrazia italiana.
Oggi più che mai, il voto per le elezioni regionali rappresenta il più efficace mezzo che abbiamo a disposizione per dare al Cavaliere nero di Arcore e a tutta la sua compagine governativa un duro segnale di dissenso evitando di consegnare vaste aree del Paese nelle mani di amministrazioni regionali dove spadroneggerebbe la Lega Nord. Una Lega tronfia di arroganza, presunzione e ogni qual’altra – spontanea o meno che sia, ormai poco importa – propensione al superiorismo bossiano – calderoliano – maroniano persino sull’alleato pidiellino che è costretto a smentire di doversi trovare, a breve, nella condizione di essere sorpassato, percentualmente parlando, in Lombardia, Veneto e regioni limitrofe.
Lo spettacolo di piazza San Giovanni è stato l’apice della piaggeria, la punta di un iceberg verso cui va a schiantarsi la nave della Costituzione per procurarsi una falla difficilmente rimediabile con le discussioni di un Parlamento atrofizzato, privo di dialettica vera, capace solamente di esprimere o urla e anatemi da entrambe le parti o una opposizione così latente, così inconsistente da essere messa sul banco degli imputati con l’accusa di collaborazionismo con la maggioranza.Abbiamo scritto sui manifesti della Federazione della Sinistra che di questa c’è bisogno: c’è bisogno di sinistra. Di quella vera, e va detto senza alcuna retorica, senza alcuna presunzione. Come può essere definita sinistra quella che da tempo ha accettato una linea strategica che combacia col centro cattolico e che assume nelle sue priorità l’incentivazione imprenditoriale e, al contempo, la difesa del lavoro? Un interclassismo di questo tipo non regge a lungo e segna il passo ogni volta che si ricorda al PD di essere, in Europa, l’anomalia più eccellente, scintillante, rilevante ed evidente dopo quella berlusconiana.
In Francia esiste, infatti, un grande Partito Socialista, esistono forze centriste, ma la sinistra comunista e anticapitalista riesce a trovare una intesa determinante in quasi tutte le regioni che sono andate al voto. In Germania esiste una sinistra moderata, la SPD, e una sinistra di alternativa (definiamola così, visto che non può essere definita propriamente “comunista”) che, proprio in queste ore, sta dirigendo la sua barra di navigazione ancora più a sinistra.
In Spagna il Partito Socialista di Zapatero mostra evidenti segni di stanchezza politica, trascura alcune battaglie sociali, ma rimane pur sempre una forza determinante.
Solamente in Italia la crisi del socialismo riformista non ha portato alla ricostituzione di un partito di dimensioni percentuali a due cifre e capace di aggregare intorno a sé la sinistra comunista, quella ecologista e il resto delle forze progressiste. Il PD guarda, ogni giorno che passa, sempre più all’orizzonte centrista di Casini, a loro come alleati moderni e a noi comunisti come alleati necessari ma scomodamente presenti. Alleati che non si è riusciti del tutto ad eliminare dalla scena politica e da quella sociale del Paese e che, pertanto, vanno presi in considerazione.Ma il compito della Federazione della Sinistra, per l’appunto, non è affidare il proprio destino alle scelte del Partito Democratico. In fondo, ciò che ci differenzia da Sinistra Ecologia Libertà è proprio questa prospettiva: noi riteniamo che non sia possibile fare accordi di governo col PD a livello nazionale e pensiamo che una rinascita del centrosinistra possa avvenire solamente per mettere fine al governo delle destre e operare determinate riforme che consentano il ritorno della democrazia rappresentativa nel Paese. Mentre Vendola, abbandonato dai Verdi e rimasto solo con Sinistra Democratica, punta ad un rapporto privilegiato col PD, a farne il suo interlocutore primo, e a non protendersi in nessuna azione politica senza aver prima considerato le ripercussioni che avrebbe nei confronti sia del partito di Bersani che dell’immaginario (per ora) fronte di centrosinistra.Un’autonomia da questo profilo di dipendenza politica è non solo necessaria, ma è di più: è decisamente necessaria per mettere nuovamente in connessione la sinistra col suo popolo in diaspora, con la gente che ci ha sempre votato e seguito e che oggi, complici anche i canali comunicativi sia catodici che non, ritiene di trovare una diversità in Antonio Di Pietro e nel suo giustizialismo a buon mercato, nelle manette esposte in copertina da “Il Fatto Quotidiano”, esprimendo così un “voto contro” piuttosto che un “voto per”.
Delusi, scontenti, non votanti da tanto tempo, resi diffidenti verso la forma partito, moltissimi cittadini sono affascinati dai discorsi di Grillo e dal suo movimento che vuole essere tutto e niente, che pretende la rivoluzione italiana ma che corre solitariamente in disprezzo a tutta la “casta”, fascistizzando tutta la politica italiana, urlandole contro e dichiarando che la “sinistra non esiste”. Un’affermazione che potrebbe essere liquidata come frutto di una cattiva analisi sociologico-politica, ma che è invece uno slogan che, ennesimamente, propone a chi ascolta un panorama desertificato dove possono avanzare quelle pericolosissime figure che si possono chiamare “salvatori della Patria”. Diffidiamone sempre, visto che ne sentiamo sempre il bisogno spasmodico per affidare loro la salus publica.
Il voto dei prossimi giorni è dunque una democraticissima e legalissima arma per assestare al berlusconismo un colpo forse non ancora decisivo, ma certamente molto importante, tanto più forte quanto più argine dell’avanzata delle destre nelle regioni italiane.
Fermare queste destre è un dovere civico, un primo segnale di una inversione di tendenza che riconsegni all’Italia la sua, certo, malferma democrazia, ma pur sempre tale. Fermarle col voto comunista, col voto alla Federazione della Sinistra è doppiamente utile.


Marco Sferini, su www.lanternerosse.it

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