domenica 11 luglio 2010

La violenza contro il conflitto

Le violenze della polizia sugli aquilani a Roma e le cariche degli agenti contro gli operai della Mangiarotti a Milano sono l'ennesimo epilogo di una ormai molto lunga sequela di comportamenti nella gestione dell'ordine pubblico. Purtroppo, la memoria corta anche fra la sinistra ne fa dimenticare la sequenza: da Seattle a Napoli, al G8 di Genova e dopo ripetutamente in molteplici occasioni di manifestazioni di operai, lotte per la casa, No-Tav, No-Dal Molin, No-Discariche, tifosi, e persino di disabili, o studenti o insegnanti. Tutti questi episodi sono palesemente in continuum rispetto a torture, massacri e assassinii quali quelli di Aldrovandi, Bianzino, Cucchi, Gugliotta e altri ancora.Come suggeriscono le ricerche in questo campo, in Italia come nel resto d'Europa e di fatto dappertutto (non solo in Iraq o in Cina o in Thailandia) siamo di fronte all'involuzione autoritaria imposta dalla rivoluzione liberista. I poteri pubblici e privati pretendono di non ammettere contestazioni e di non concedere alcuno spazio di negoziazione pacifica. Non vogliono concedere alcuna mediazione ma imporre con la violenza le loro scelte, forti di un'asimmetria schiacciante rispetto a chi non ha potere e paga anche per l'assenza di un'effettiva opposizione parlamentare. Il liberismo è appunto l'opposto anche dello stesso liberalismo-democratico (degli Schumpeter, Keynes, Polany ecc.) è negazione del contratto sociale (e anche del contratto di lavoro) è erosione sempre più forte dello stato di diritto democratico che, anche solo in parte e con tanta fatica, lacrime e sangue, era stato conquistato negli anni '60-70. Allora, se l'analisi è questa appare ancora più tragico stupirsi del ricorso alla violenza da parte dei poteri mentre forse sarebbe più sensato cercare di capire come resistere e poi reagire. Ovviamente è sempre indispensabile non smettere mai di indignarsi e di denunciare ogni violenza e ogni abuso di potere e cercare di sensibilizzare anche chi sinora stava apriori con la «legge e l'ordine» o la «legalità» che i poteri hanno sempre la forza di ricrearsi. Ma c'è forse un elemento nuovo che via via tende a emergere: la logica e le pratiche della tolleranza zero hanno tirato troppo la corda e la situazione appare sempre più insostenibile. Non solo nelle carceri dove abbondano le celle minuscole di 9 persone che possono farsi la doccia solo una volta alla settimana mentre si muore di caldo e si suda da far diventare pazzi anche i più zen di questo mondo, e si va all'aria solo un'ora al giorno e spesso mancano persino gli psicofarmaci per narcotizzare tutti. Come dicono alcuni operatori delle polizie, «non se ne può più» di fare la guerra permanente a rom, immigrati, tifosi, manifestanti e marginali in genere. E lo stesso constatano gli operatori sociali, i magistrati e gli avvocati che hanno un minimo di buon senso anche se qualcuno fino a poco tempo fa aveva sottoscritto la scelta sicuritaria. È quindi forse importante cominciare a prestare più attenzione ai democratici che in questi mondi della gestione della sicurezza e del disagio sociale chiedono spesso disperatamente aiuto (da non confondere con la stupida e meschina solidarietà agli aspetti corporativi). Da De Gennaro a Manganelli, da Bianco a Maroni, da Violante ad Alfano, non solo la continuità ma l'alzo zero sono stati assicurati. I ragazzi di 14-16 anni (come quelli di Londra zero zero e del romanzo di romanzo di Roberto Mandracchia, Agenzia X) pensano che siamo di fronte a un cimitero: non c'è nulla da recuperare dalla «distruzione non-creativa» che ha prodotto il liberismo odierno. Un neo-nichilismo assoluto che sembra giustificato sin quando non si riuscirà a intravedere una resistenza che possa far sperare in un agire politico effettivamente rinnovato.



di Salvatore Palidda
su il manifesto del 10/07/2010

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