domenica 24 ottobre 2010

SOTTO IL VESTITO IL NULLA

Dato il clamore attorno al congresso fondativo di Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), mi sono tolta lo sfizio di andarci, proprio oggi, quando erano previste, per le 11,30, le conclusioni di Vendola. Siccome la sala era gremita in ogni ordine di posti, come molti altri, ho ascoltato il discorso di chiusura dall'esterno. Poche riflessioni a caldo dunque.
Più che un discorso politico, Vendola ha svolto un'omelia. Io sarei per dargli il titolo di Sua Eccellenza. Una straordinaria abilità di suscitare applausi scroscianti (li stavo contando, poi, arrivata ad una trentina, ho perso il conto) abilmente tenendosi alla larga dal dare risposte stringenti sul che fare qui e ora. Una sola cosa s'è capita: Vendola vuole il ribaltone, un "governo di scopo", ma solo "tecnico", per fare una nuova legge elettorale e correr subito alle primarie e al voto
Un vero discorso da prete insomma, evocazioni letterarie a iosa, citazioni fiabesche, riferimenti strappacuore, Aldo Moro citato due volte a sottolineare la prossimità sua al conterraneo, una modulazione dei toni fatta apposta per suscitare l'applauso. Un discorso, insomma, letterario e astratto, una sequela di buone intenzioni. Reticenza totale riguardo all'evocato "nuovo modello sociale". Aperture a destra e a manca, ai lavoratori e alle imprese, ai cattolici e agli atei, e via parlando.
Un neo-buonismo di stampo veltroniano insomma. Ci mancava soltanto che interpolasse il famigerato: "ma anche". Mai una volta citata la parola socialismo. Mai una volta la parola anticapitalismo. mai una volta lotta di classe. mai una volta ha evocato la fuoriuscita dal capitalismo.

Ha citato sì la parola "radicale", ma solo per spiegare, con la scusa di "uscire dalla vocazione minoritaria", che non occorre esagerare con la radicalità. Il perché è facile da comprendere: Vendola si è gettato nella mischia, è entrato nel perimetro di gioco della casta e in barba alle sue tirate contro il politicismo, egli sottende una strategia politicistica della più bell'acqua. Vi dirò: qui non si respirava aria di opposizione, ma di governo.
L'ipotesi di Vendola, insomma, a me pare tutta interna al sistema politico, anzi, tutta interna ai giochetti della casta. S'è capito quando, ha insistito che non occorre affezionarsi troppo al neonato partito. Vendola ha fatto chiaramente capire che SEL è uno strumento provvisorio, un ponte verso una futura e ben più grande (e moderata) formazione politica, forse, una grande corrente in un nuovo PD (non sarà un caso che in occasione di questo passaggio delicatissimo la platea è restata freddina).
Non venire a dirmi che il vendolismo è una specie di "riformismo" post litteram. Se ho capito cos'era il "riformismo", esso consisteva nel tenere ferma l'alternativa socialista, postulando il passaggio per mezzo di riforme e dell'uso delle istituzioni. Nel suo attesissimo discorso conclusivo, come dicevo, Vendola mai ha evocato, nemmeno nella forma narrativa o letteraria che ama tanto, la necessità di andare oltre al capitalismo.
Cosa ha in testa Vendola? Non è chiaro fino in fondo. Tra le nebbie del suo copione, si sente la sua ambizione personale di vincere le primarie e diventare candidato primo ministro. Che Vendola sia pieno di sé, è infatti indubitabile. Una specie di controfigura di sinistra del Berlusconi-narciso.
Tant'è che ha concluso urlando che il princpio cardinale della nuova politica, pensate un po', è la "bellezza"! Si, proprio così, Vendola ha concluso la su omelia con un inno alla "bellezza". La bellezza salverà il mondo, mica la rivoluzione.
In tempi di populismo, in quanti lo dicono!, vincono la retorica e la demagogia. Vendola in questo è un vero maestro. Non prendetelo sottogamba.

di Anna De Paolis
giornalista freeland

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