lunedì 15 novembre 2010

FERRERO: No a governi tecnici o di transizione

Intervista al Segretario nazionale di Rifondazione Comunista
Fronte democratico con le forze di opposizione per sconfiggere Berlusconi; unità della sinistra per far valere i contenuti sociali che servono per cambiare il Paese. Prosecuzione della mobilitazione sociale avviata con il 16 ottobre. Si muove su queste tre assi la proposta del Prc riguardo al delicato momento politico. Ma è inutile che ne cerchiate traccia su giornali, radio e tv: non la trovereste. Ed appare piuttosto paradossale, in questo senso, la rissa attorno alla presenza di Fini e Bersani alla trasmissione di Fazio: quella sarebbe par condicio? Ma tant'è. Per fortuna che internet c'è, verrebbe da dire. E infatti, facendo di necessità virtù, anche la comunicazione politica di Rifondazione ha cominciato a sbarcare sul web (se la montagna non va a Maometto...), con un progetto che si intitola "Invisibile-Imperdibile", nell'ambito del quale sono già stati diffusi sei videomessaggi del segretario del Prc, Paolo Ferrero. L'ultimo riguarda proprio la difficile fase politica, entrata in una preoccupante fase di stallo, il cui sbocco non è dato prevedere.
Situazione politica. Cosa dobbiamo aspettarci?
Siamo arrivati alla crisi della maggioranza. Ora speriamo che il governo caschi rapidamente: il rischio è che, nonostante la situazione sia ormai sfilacciata, il governo prosegua per inerzia. Da un lato stanno facendo il gioco del cerino Fini, Berlusconi e Bossi. Dall'altra è evidente che Confindustria e l'Unione Europea non vogliono una crisi prima della finanziaria. Per questo stanno lavorando a spingere la crisi il più avanti possibile e per questo Berlusconi ha detto che andrà alle Camere dopo la finanziaria. All'Europa dell'occupazione non interessa nulla, mentre è molto interessata a garantire l'approvazione di una finanziaria che porta ulteriori tagli. Per quanto ci riguarda, noi auspichiamo che si vada rapidamente alla crisi. Prima se ne vanno e meglio è, come si vede anche dalle iniziative antioperaie del Ministro Sacconi che cerca di distruggere lo statuto dei lavoratori.
E poi?
Caduto il governo si deve andare subito alle elezioni, per un motivo molto semplice: un governo tecnico o di transizione si sa quando parte ma non quando finisce né cosa fa. Basta pensare all'esperienza Dini del 1994: quel governo partì per una breve transizione, ma poi fece una riforma delle pensioni che era grosso modo uguale a quella che avevamo impedito a Berlusconi di fare. Temo moltissimo un governo di transizione, perché è molto concreto il rischio che diventi espressione di un rinnovato patto sociale tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil che finisca con l'accettare l'impostazione dell'aumento della produttività e della messa in discussione del contratto nazionale di lavoro che è esattamente quello che dobbiamo evitare.
Quindi la strategia proposta è: crisi di governo prima possibile e poi elezioni. Ma che senso ha andare a votare con questa legge elettorale, cucita su misura del Cavaliere?
Se vi è in parlamento una maggioranza pronta a cambiare la legge elettorale, la cosa è semplice: lo si può fare benissimo per iniziativa parlamentare senza bisogno di un governo di transizione. Basterebbero 15 giorni.
E se la legge non cambia?
Noi proponiamo di costruire un fronte democratico tra tutte le forze dell'opposizione per essere sicuri di riuscire a cacciare Berlusconi. Dico opposizione perché è evidente che Fini è corresponsabile di questi 15 anni di berlusconismo e fa quindi parte del problema, non certo della soluzione.
Ma regge un'alleanza la cui unica ragion d'essere è cacciare Berlusconi?
Impedire a Berlusconi di rivincere le elezioni è un punto decisivo. Dev'essere chiaro a tutti che se Berlusconi vincesse di nuovo avrebbe i numeri, nel 2013, per diventare presidente della Repubblica. Credo fermamente che si debba evitare in tutti i modi di avere il Cavaliere prima presidente del consiglio e poi capo dello stato fino al 2020. Già abbiamo avuto Cossiga negli anni scorsi a picconare la Costituzione repubblicana; credo sia assolutamente da evitare di avere Berlusconi presidente della repubblica per sette anni. Quindi un fronte democratico, una sorta di nuovo Cln per cacciare Berlusconi.
E a sinistra?
Allo stesso tempo proponiamo a tutte le forze della sinistra di metterci insieme per far sì che il profilo di questo fronte democratico sia il più avanzato possibile. Lo diciamo a Sel; lo diciamo a Sinistra critica; lo diciamo a tutte quelle forze che erano in piazza il 16 ottobre con la Fiom. Partiamo da quella piattaforma: giustizia sociale; redistribuzione del reddito; lotta alla precarietà; difesa del contratto nazionale di lavoro; ritiro delle truppe dall'Afghanistan; stop alle grandi opere. Penso davvero che saremmo più forti se tutte le forze che erano in piazza il 16 ottobre andassero a discutere (e a litigare se necessario) con il resto del centrosinistra su questi punti.
Ma questa unità non sembra ancora a portata di mano.
Dentro la sinistra ci sono tante differenze, lo sappiamo. C'è per esempio chi pensa di poter andare a governare il Paese, mentre noi pensiamo di no. Ma questo non deve essere un impedimento per lavorare insieme a costruire un programma che permetta di ottenere il massimo possibile sul piano programmatico. Abbiamo bisogno di sconfiggere Berlusconi e a questo serve il fronte democratico. Per sconfiggere anche Marchionne serve però che la sinistra si unisca su una posizione di alternativa, che faccia valere unitariamente le ragioni della Fiom e dei lavoratori nei confronti del centro sinistra. Insomma, fronte democratico per sconfiggere Berlusconi; unità a sinistra per dare rappresentanza alle ragioni dei lavoratori; e prosecuzione del lavoro di costruzione del movimento di massa. Dobbiamo dare continuità alla manifestazione del 16. Occorre costruire su tutti i territori i comitati "uniti contro la crisi" in modo unitario tra le forze che hanno contribuito alla riuscita di quella manifestazione. Comitati per collegare le lotte e per richiedere lo sciopero generale. Comitati che diano continuità all'azione di lotta per cambiare i rapporti di forza con il padronato.
Romina Velchi,


Liberazione, 14 novembre 2010

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