sabato 27 novembre 2010

Le lotte in alto il governo in basso

Un tetto non è il posto più comodo per scrivere un articolo. Ma da qui si vedono, si capiscono molte cose. Siamo qui da tre giorni, ricercatrici, precarie della ricerca, precarie scadute, studentesse. Siamo anche noi sul tetto, come già hanno dovuto fare migranti, operaie, lavoratrici perché siamo invisibili a una politica sempre più oscena e impermeabile alle lotte per i diritti. Una politica al tramonto. Ma un tramonto molto più brutto, meno poetico e decisamente più triste di quello che si vede da qui. Perché il berlusconismo, nel tramontare, vorrebbe buttarci tutte giù per terra.E invece in questi giorni, mentre la camera discute il DDL Gelmini, si sono riempiti i tetti di tantissime città italiane (qui a Roma, a Torino, a Messina e in tantissime altre realtà), si sono varcate le porte del Senato per difendere le istituzioni, si sono popolate di ragazze la Torre di Pisa e il Colosseo per difendere i beni culturali e salvarli dal crollo a cui li stanno portando (da ultimo Pompei) i tagli di un ottuso Governo che affama la cultura (con cui, invece, come ha ben mostrato Camilleri, si mangia eccome!), si è esposto uno striscione anche dal Ministero dell’università, per salvarla dalla riforma Gelmini. Una riforma, che si accompagna ai tagli costituenti, devastante non solo per il futuro dell’università, ma della nostra democrazia, così come concepita dalla Costituzione: una riforma che cancella di fatto il diritto allo studio, precarizza definitivamente la ricerca, privatizza l’università attraverso la definizione di una nuova governance.E mentre la maggioranza gioca una penosa partita a scacchi sul nostro futuro, qui stiamo utilizzando la nuova forma di lotta che ci sta unendo contro la crisi. Siamo salite sul tetto perché alla impermeabilità della politica si unisce la impermeabilità di un sistema mediatico che ha bisogno di gesti eclatanti per parlare della condizione del Paese. Ma stiamo provando a fare di questo tetto uno spazio pubblico e aperto, una agorà che accoglie discussioni e confronti, un ponte con altre lotte, in primis con quella della cultura che è venuta qui a portarci la sua solidarietà e con cui abbiamo costruito le performance di piazza di Spagna. Forse, qualche leader politico (ormai si dice così) ha pensato che qui si sia creata anche una passerella mediatica per promesse da non mantenere. Ci auguriamo che non sia così. In ogni caso, questo tetto non nasce da una idea di “delega alla politica”, ma da una indisponibilità alla delega. In primo luogo, dalla indisponibilità delle ricercatrici a ricoprire gli incarichi di insegnamento su cui si regge molta parta della didattica. E dalla indisponibilità di intere generazioni a morire precarie, a delegare a questo governo il proprio futuro. E’ in questa idea che la politica sia trasformazione sociale, che politica e sociale debbano essere inscindibilmente connesse, che mi sembra ci sia il cuore della rifondazione comunista, il cuore di rifondazione comunista, la sua diversità: nel suo distinguersi nei movimenti non per spillette e bandiere, né tantomeno per l’avvento del leader, ma per la generosità con cui sta nelle lotte e per l’ostinazione con cui prova connetterle. E’ in primo luogo per questa diversità che sono orgogliosa di essere parte di una comunità politica che resiste ogni giorno per costruire un mondo, appunto, diverso e che desidero ringraziare oggi, per tutte le altre, Federica, Paolo, Rosa, e le brigate di solidarietà che ci stanno sfamando con affetto. In questi giorni, da tanti tetti, con tante lotte, stiamo provando a costruire un altro futuro.Dal tetto, dopo la notte, si vede anche l’alba.
Ps: ho scritto questo articolo nella giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne. E cancellarle nel linguaggio è una delle tante forme di violenza: anche per questo motivo ( non solo perché le donne che lottano sono tante , mentre per i leader invece è perfetto il maschile) ho usato il plurale femminile. Preferisco stavolta non usare chiocciole e “i/e” e limitarmi a dire che in questo testo il femminile include il maschile.
Eleonara Fiorenza,
Liberazione

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