venerdì 10 dicembre 2010

14 dicembre, tanti conflitti una sola grande lotta

Tutto è pronto per il 14 dicembre. E’ il “giorno della fiducia”. Per quella data, a vigilare su quanto avverrà in Parlamento, è in programma un presidio sulla piazza di Montecitorio al quale parteciperanno tutti. Ma proprio tutti. Partiti della sinistra “extraparlamentare”, sindacati di base, movimenti di lotta, comitati, studenti. Tra la folla, ci sarà anche Action, uno dei movimenti storici della capitale. Nato come realtà di lotta per il diritto alla casa, oggi Roma in Action guida l’opposizione in comune al sindaco Alemanno con il consigliere Andrea Alzetta, per tutti “Tarzan”. In occasione della conferenza stampa di presentazione della mobilitazione del 14 dicembre indetta dalla rete Uniti contro la crisi, che racchiude i movimenti del nord-est, quelli di Chiaiano, la Fiom, l’area “La Cgil che vogliamo” e realtà studentesche, giovedì abbiamo intervistato Per Liberazione Bartolo Mancuso, uno dei portavoce di Action-Diritti.
La prima domanda è d’obbligo: perché, come Action, prendere parola “Per Liberazione”?
Perché siamo in un momento in cui tutti gli spazi di movimento e di informazione che tentano di costruire un’alternativa a questo governo e a questa società vanno tutelati. E perché noi, in particolare, abbiamo sempre trovato in Liberazione uno spazio importante, un presidio di queste casematte che sono i movimenti. A tutto questo va aggiunto il fatto che la sinistra, per risorgere, e con essa i movimenti devono necessariamente cogliere le sfide di una “nuova” comunicazione per rispondere alla deriva di analfabetismo socio-culturale che sta subendo il nostro paese. In questa situazione è fondamentale che si sviluppino dei luoghi di approfondimento che riflettano sulle tematiche che non sono, diciamo così, all’ordine del giorno.In questo scenario, si inserisce la necessità, sempre più sentita dai territori, di dar voce a quei “conflitti locali” che stanno caratterizzando il nostro paese.Per questo il percorso da compiere è quello di comprendere quale agibilità, anche politica, possono avere oggi i conflitti verticali in un momento in cui gli unici conflitti palesati sono invece quelli orizzontali. Terzigno, L’Aquila, il Veneto, la Val di Susa, Brescia sono la dimostrazione che esiste uno spazio, di conflitto, fortunatamente insito nella natura dell’uomo. L’elemento su cui lavorare, quindi, non è l’insorgere o meno di conflitti ma dar continuità a questi. Capire come queste opposizioni possano “fare discorso”. Oggi è il momento di riscoprire la materialità delle situazioni. Dare sfogo allo sdegno della gente. E, in questo sdegno, scoprire o riscoprire le nostre differenze. Ripartire da qui.
E’ da qui che, dopo il 16 ottobre, sta partendo Uniti contro la crisi? Ma soprattutto, cos’è Uniti contro la crisi?
Rispondo prima alla seconda domanda: uniti contro la crisi, spazio di confronto e azione comune nato in piazza il 16 ottobre con la Fiom e consolidatosi il giorno successivo nella grande assemblea a La Sapienza, è un’intuizione di un gruppo di uomini, donne, giovani, anziani, operai, immigrati, studenti. E’ “semplicemente” un luogo in cui unire le differenze e, al tempo stesso, lanciare la sfida di andare oltre la semplice evocazione dei conflitti. Lo dimostra Brescia e la gru. Lo confermano Londra, Parigi, la Grecia. Da “una” protesta ne possono nascere decine. Centinaia. E, al tempo stesso, tutti questi conflitti possono essere ricondotti a una sola lotta. Oggi abbiamo tanti insegnamenti: l’importante è, oltre all’evocazione, contrapporre all’immaginario berlusconiano la “nostra” materialità. Ecco: per rispondere alla prima parte della domanda, è da qui che parte Uniti contro la crisi.
E ora che Uniti contro la crisi è realtà, come dimostra la conferenza stampa di giovedì, qual è l’obiettivo?
Oggi credo che l’importante non sia costruire un movimento dalle cornici definite, ma dare spazio di espressione a tutte queste realtà che hanno una sintonia. Qui c’è riunito lo sdegno che si è mostrato, negli anni, in più parti d’Italia. Queste realtà mostrano, oggi, che questo sdegno può essere unito. E, come luogo, ha scelto lo slogan “Uniti contro la crisi” che trova la sua definizione nel suo contrario: sembra banale, ma la forza di “Uniti contro la crisi” è il suo essere contrario di “Divisi contro la crisi”. Ora, come chiedi, dobbiamo capire quali sono le esigenze di questo paese e come inquadrarle in un “unico sdegno”.
Il 16 ottobre è stato lo spartiacque di questa stagione. La Fiom ha rotto qualcosa nello scenario politico nazionale. Ora?
Ora, non la Fiom, ma “il 16 ottobre” è chiamato non solo a tenere il punto ma a rilanciare. Quella giornata non deve limitarsi a ruolo di testimonianza di un disagio nazionale ma spostare i rapporti di forza, creare occasioni per i tanti e le tante che non ce la fanno più. Il 16 ottobre ha aperto uno spazio di agibilità per tutti coloro che vogliono uscire a sinistra dalla crisi. I migranti saliti sulla gru a Brescia, contestualmente, ci hanno consentito di riparlare, dopo mesi, di immigrazione. Momenti come questo ci consentono, tanto a noi “movimenti” che a luoghi di confronto come Liberazione, di buttare la palla nuovamente in mezzo, di non fermarci alle discussioni stanche tra di noi.
Tutto questo, però, come si tradurrà? In un ritorno nelle piazze per urlare in maniera ancora più forte questo sdegno o in altre assemblee come quella del 17 ottobre, in un ritorno nella aule per un confronto “interno” tra vari soggetti?
Ovviamente la data del 14 dicembre è alle porte. Ma, a parte questo appuntamento, se “a parte” si può dire di una data centrale per il futuro del Paese come quella, la sfida vera è far si che un operaio della Fiom, un migrante, uno studente, un occupante parlino tra di loro. Riuscire in questa “impresa”, nell’attuale società, sarebbe un vero salto di paradigma. La sfida è aperta. La sensazione è che gli italiani, oggi, siano stanchi di litigare tra di loro: la casta politica subordinata ai poteri forti e quella sindacale quando pensa ai giochi interni e non a dar spazio allo sdegno del Paese, la casta di Confidustria, la casta della rendita hanno creato una cappa sulle nostre vite. Ci hanno resi precari nella quotidianità. E’ tempo di ripartire. Ma per farlo, oltre al crollo di questo governo, serve l’apertura di un confronto vero tra le tante facce di questo Paese.
E in questo scenario, quale ruolo dovranno occupare i movimenti e quali gli organi di informazione?
La sfida dei movimenti è quella di diventare maggioritari. Parlare a tanti e non dividersi nel tatticismo. Il rischio, altrimenti, è quello di distinguersi a prescindere per esistere. Oggi, però, lo scopo dei movimenti non è capire con chi stare e contro chi stare ma delineare un’altra idea di società. Influenzare anche le grandi organizzazioni attorno alla lettura di ciò che sta avvenendo nel paese. Oggi quello che serve all’Italia è uno sciopero generale vero, inteso come blocco totale della nazione. Noi come Action, insieme alla Fiom e dentro Uniti contro la crisi, stiamo chiedendo questo alla Cgil. E’ arrivato il momento di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ma per far questo, è necessaria una relazione con la politica, cosa che come Action stiamo facendo da anni. Il nostro obiettivo è quello di entrare in questo scenario di crisi della rappresentanza cercando di sperimentarne nuove forme. In fondo, Andrea “Tarzan” in consiglio comunale a Roma è questo: non solo esercitare rappresentanza ma provare a costruire un’opposizione sociale dentro al Consiglio comunale tentando di influenzare il Pd, portandolo su posizioni più ragionevoli in tema di casa, acqua, cultura… Ecco: ci piacerebbe ragionare con le opposizioni cittadine, parlando del caso romano, per capire come questo possa diventare una costruzione di alternativa al governo di Alemanno. Ma per costruire un’idea di città alternativa, abbiamo bisogno di luoghi come Liberazione: solo qui, infatti, è possibile il confronto tra movimenti, partiti, associazioni. Solo così è possibile riavvicinare la politica alla gente. Per questo esperienze come Liberazione sono da tutelare. E noi saremo sempre dalla vostra parte.
Daniele Nalbone, Liberazione

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