mercoledì 29 dicembre 2010

Il dovere morale e politico della Cgil - Anteprima Liberazione del 29.12.10

Accordo storico. Così giustamente è stato definito il testo che Marchionne ha imposto ai sindacati complici e alla Confindustria. Se si usa questo aggettivo però bisogna avere il coraggio di accettare i paragoni con i fatti del passato. Ce n’è solo uno adeguato. Il 2 ottobre 1925 Mussolini come presidente del Consiglio, la Confindustria e i sindacati corporativi, nazionalisti e fascisti, firmarono a Palazzo Vidoni un patto sociale che eliminava le commissioni interne e il diritto dei lavoratori a scegliersi liberamente le proprie rappresentanze.
Il patto di Mirafiori fa la stessa identica cosa. Vengono, per la prima volta dal 1945, eliminate nella più grande fabbrica italiana le libertà sindacali. I lavoratori non potranno più liberamente scegliere a quale sindacato associarsi e non potranno più votare le proprie rappresentanze. Come all’epoca del fascismo i sindacalisti di fabbrica saranno esclusivamente nominati dalle organizzazioni sindacali complici dell’azienda e come allora potranno essere chiamati “fiduciari”. Mai nella storia del nostro Paese si era giunti a tanto. Neppure negli anni cinquanta, nei momenti più duri della guerra fredda e della repressione antisindacale, in Fiat erano state cancellate le elezioni delle commissioni interne. Ora lo si fa e lo scopo è quello di mettere fuorilegge in fabbrica la Fiom e con essa qualsiasi libertà e diritto dei lavoratori.
D’altra parte, solo con una forma di autentico fascismo aziendale è possibile imporre le condizioni di lavoro che Marchionne pretende in Fiat. Orari fino a dieci ore giornaliere ed oltre, distruzione della pause e del diritto alla salute, totale flessibilità della prestazione e dei turni. Il lavoratore diventa semplicemente una merce a disposizione dell’azienda da consumare come e quanto si vuole. Autoritarismo, repressione, fascismo aziendale sono pertanto funzionali ad impedire che le lavoratrici e i lavoratori si ribellino a queste condizioni barbare che si vuol loro imporre.
La gravità di quanto avvenuto a Mirafiori è stata colta dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso che ha parlato di autoritarismo di Marchionne. Ma poi la sua denuncia si è fermata a metà, cercando un equilibrio con la presa di distanza dalla Fiom. Se quello di Marchionne è un atto autoritario fa bene la Fiom ad opporvisi e non si capisce quali compromessi sarebbero stati possibili.
D’altra parte ancor più contraddittoria è la richiesta che la segretaria della Cgil rivolge a Emma Marcegaglia e alla Confindustria per un nuovo accordo sulle regole. Ma se la Confindustria ha detto di sì a Marchionne che ha stracciato l’accordo sulle rappresentanze sindacali, quale nuova intesa è possibile con essa? Davvero Susanna Camusso si illude che la Confindustria possa sconfessare l’accordo di Mirafiori, con il suo vice presidente Alberto Bombassei che da pochi giorni è entrato nel consiglio di amministrazione di Fiat Industrial?
Le illusioni di Susanna Camusso nei confronti della Confindustria sono le stesse di coloro che negli anni venti speravano che gli industriali avrebbero sconfessato il fascismo. L’accordo del 1925 li smentì, così come l’accordo di Mirafiori smentisce le illusioni di oggi.
La Cgil deve rimproverarsi di avere rinviato e poi cancellato dalla sua agenda lo sciopero generale. La scelta di non farlo ha rafforzato Marchionne e la sua presa autoritaria anche su quella parte del mondo delle imprese che non condivide le sue scelte. Se oggi ci fosse già in atto un grande movimento di lotta confederale, se la Cgil avesse interrotto le inutili e dannose trattative sul patto sociale, Marchionne e i suoi sarebbero più deboli e contestati nel padronato.
La fase delle parole e degli appelli alle buone intenzioni si è conclusa il 23 dicembre a Mirafiori. D’ora in poi solo la mobilitazione, lo sciopero generale, la costruzione di un programma economico e sociale alternativo alla regressione barbara che vuole imporre il regime padronale di Marchionne, solo questa è la via democratica per uscire dalla crisi. Il patto di Mirafiori segna non solo uno spartiacque sindacale e sociale, ma anche un passaggio decisivo per la politica. Cisl e Uil hanno scritto una pagina vergognosa della loro storia sottoscrivendo che la Fiom può essere messa fuorilegge in fabbrica.
Ora è chiaro che attorno alla Fiom bisogna costruire un movimento di solidarietà sociale e politico che dagli studenti ai movimenti costruisca una risposta in grado di durare. La Cgil ha il dovere morale e politico di mettere tutta la sua forza dentro questo movimento.
Quanto all’opposizione la politica del “ma anche” sprofonda oggi più che mai nel ridicolo e nell’inutile. Già il sindaco di Torino, accettando la messa fuorilegge della Fiom, ha valicato il Rubicone nell’estraneità rispetto alla storia e alla cultura della sinistra italiana. Chi approva quell’accordo è dall’altra parte, sta con Marchionne e alla fine con Berlusconi. Dopo Mirafiori anche la sinistra italiana dovrà ridefinirsi: le alleanze che dovrebbero andare dagli amici di Marchionne fino alla Fiom e ai lavoratori che perdono la democrazia sono un insulto al buon senso.
Dopo Mirafiori c’è prima di tutto da ricostruire una sinistra che sappia dire no ai padroni e al loro regime.
Giorgio Cremaschi,
presidente Comitato Centrale FIOM

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