giovedì 14 luglio 2011

UNITA' NAZIONALE CONTRO LA CRISI?

No grazie, noi non ci arruoliamo!

di Unione Sindacale di Base

Un documento dell’Unione Sindacale di Base denuncia la complicità tra Governo, opposizione, Cgil Cisl Uil




Ci risiamo, sembra un film già visto, la replica del 1992, quando la speculazione attaccò selvaggiamente l’Italia, il governo Amato in una notte svalutò pesantemente la lira e nei giorni seguenti varò con il consenso di tutti i partiti politici e di CGIL CISL UIL la prima delle manovre lacrime e sangue che consentirono all’Italia, al prezzo di un grave arretramento delle condizioni dei lavoratori, di entrare da subito nell’Euro.
Ma siccome la storia non si ripete mai nella stessa forma ecco che quella stagione , che vide ugualmente il richiamo alla coesione sociale per salvare il sistema accompagnato dagli accordi governo sindacati confindustria del luglio 92 e 93, impallidisce nel confronto con quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro paese.
Un nuovo e fortissimo attacco della speculazione, preceduto dalle solite valutazioni delle agenzie di rating, non a caso statunitensi, che sta colpendo tutti i punti deboli dell’area dell’euro, è stata la molla che ha fatto venir meno qualsiasi velleità di antiberlusconismo e ha determinato che tutti accorressero al capezzale del malato, dimenticando le divergenze di ogni ordine, i dissidi, i conflitti passati.
Il governo unico è una realtà di fatto, non importa quali ministri siedano sui seggi, la ricetta è sempre la stessa: paghi chi ha sempre pagato.
Si obbedisce al diktat dei mercati e dell’Unione Europea, il Presidente Napolitano se ne assume la direzione concreta appellandosi con insistenza al senso di responsabilità delle opposizioni e delle parti sociali per salvare il paese.
Le quali opposizioni e parti sociali non si fanno pregare più di tanto, consapevoli che l’aggravarsi della crisi politica e un’eventuale caduta del governo con il succedersi di governi tecnici o transitori non cambierebbe nulla nella loro scelta di sostegno al sistema: niente ostruzionismo in cambio di piccole e insignificanti modifiche alla manovra che deve però restare a saldi invariati, manovra che tra l’altro continua a lievitare di giorno in giorno, arrivando già a tutt’oggi alla ragguardevole cifra di quasi 80 miliardi.
Tutti contenti quindi: Berlusconi che può continuare a rimanere in sella, almeno per ora, l’opposizione che si vede alleviata dell’obbligo di addossarsi il peso della manovra in caso di cambio di governo, CGIL CISL UIL che hanno mantenuto il loro ruolo di guardiani dei lavoratori e si vedono riconosciuto il monopolio della rappresentanza e del potere contrattuale sancito con l’accordo del 29 Giugno scorso.
Meno contenti coloro i quali dovranno pagare i costi del risanamento dei conti pubblici per più motivi:
- con un debito pubblico pari al 120% del PIL, con gli interessi sul debito in salita ( la differenza attuale tra i tassi di interesse sul debito pubblico tedesco e quello italiano già costa 5 miliardi in più l’anno, destinati a salire se tale differenza si confermasse nel tempo) e la crescita bloccata non si vede come le finanze pubbliche possano essere risanate nel giro di tre anni se non al prezzo di ulteriori pesantissime manovre.
- gli effetti dell’attuale manovra economica si concretizzeranno nei prossimi anni. Il taglio di 5 miliardi effettivi nei trasferimenti ai Comuni produrrà una drastica diminuzione/eliminazione di gran parte dei servizi pubblici legati al welfare locale: dall’assistenza agli anziani e ai disabili, dagli asili nido alle attività sociali, dall’abbandono dei programmi di edilizia popolare alla chiusura dei cantieri per le opere pubbliche e soprattutto riprenderà vigore il disegno di privatizzare quel che resta delle aziende e del patrimonio pubblico. Taglio dei servizi, mobilità ed esuberi tra i dipendenti, licenziamenti per i precari e per chi opera in società e cooperative d’appalto.
- altrettanto dolorosi i tagli, cui si accompagnerà l’aumento delle tasse locali, destinati alle regioni con i già annunciati ticket sanitari e ulteriori riduzioni dei servizi sanitari.
Insomma un quadro devastante, una manovra che scarica tutto il peso sui lavoratori e sulle classi sociali più disagiate mentre risparmia gli evasori, la casta politica, i grandi patrimoni, la speculazione evitando di aumentare la tassazione sulle rendite e sulle transazioni finanziarie, la cui approvazione viene garantita in anticipo in nome della ‘coesione nazionale’, che vede tra gli attori protagonisti CISL UIL e anche quella CGIL che nei mesi passati aveva assunto le false vesti di oppositrice al governo e alle sue misure per poi dismetterle appena si è sentito l’odore della crisi di Berlusconi e del possibile cambio di governo.
Noi non ci stiamo, come non ci stanno le migliaia di donne e uomini, giovani, lavoratori pubblici e privati, precari e disoccupati, precari e semplici cittadini che in questi mesi hanno riempito le piazze, e le urne, per dire no alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici, per non tornare al nucleare, in difesa dei propri territori contro le devastazioni ambientali e la speculazione edilizia per rivendicare un uso sociale dei beni e degli spazi pubblici, contro Marchionne e la Confindustra per un lavoro dignitoso senza ricatti, contro gli spiriti selvaggi di un modello capitalistico che nessuno è più in grado di controllare.
Le politiche di subordinazione di CGIL CISL UIL, il nuovo patto sociale da essi costruito, di fatto rappresentano il corollario indispensabile alla nascita del governo unico e propedeutico, in attesa che gli eventi facciano uscire di scena un Berlusconi e una classe politica impresentabile e inservibile, ad un deciso cambiamento degli equilibri politici.
Scelte che continueranno a determinare impoverimento dei settori più deboli della società, compresi i lavoratori dipendenti, ma che non colpiranno né gli imprenditori, né gli speculatori di ogni risma, né le banche, né le altre istituzioni finanziarie, che continueranno a macinare profitti come hanno fatto anche in questi anni di crisi economica anche a costo di mandare falliti interi stati, come è successo in Grecia.
L’approvazione della manovra in pochi giorni non significa la fine del conflitto né delle lotte.
Per parte nostra non ci sottrarremo al compito di contrastare in tutti i modi possibili le conseguenze di questa manovra, contribuendo a costruire in ogni città, in ogni territorio la più ampia unità possibile ma nella chiarezza degli obiettivi e con la scelta degli alleati giusti.

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