giovedì 11 agosto 2011

Gli usurai e la favola del debito sovrano – di Tonino Perna

Tonino Perna – il manifesto 11/08/2011

Solo da un paio di anni il debito dello Stato, una volta definito debito pubblico, viene sempre più spesso chiamato debito sovrano. Niente di più falso e fuorviante. Proprio quando gli Stati hanno perso la loro autonomia rispetto alla potenza e tracotanza dei mercati finanziari è stata inventata la definizione di debito sovrano. Ancora più paradossale nel caso dei paesi europei, i cosiddetti Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna), che ricadono nell’area dell’euro e i cui governi sono soggetti ai diktat di Bruxelles. Come dimostrano gli avvenimenti di questi ultimi mesi, c’è una maggiore autonomia/sovranità in un piccolo paese come l’Islanda che in qualunque grande e ricco stato dell’Eurozona.

Debito sovrano, cioè debito del Re – principe,granduca, ecc – si definiva giustamente il debito contratto dai regnanti dal Medioevo fino al XIX secolo. Il sovrano gestiva a suo piacimento il debito quando questo era arrivato a livelli di insostenibilità. Una delle pratiche più diffuse – svariate citazioni storiche le troviamo in tutti i classici del pensiero economico, a partire da Adam Smith – era quella di ritirare le monete d’oro o d’argento in circolazione e riconiarle, avendo cura di lasciare immutato il valore nominale mentre diminuiva il peso specifico in oro. In altri termini, i sovrani tagliavano il loro debito sottraendo valore d’uso alle monete che mantenevano il loro valore nominale. E i sudditi non avevano alternative: dovevano obtorto collo usare quelle monete che avevano subito una perdita di valore. Proprio per questa operazione venne definita signoraggio, ovvero il potere assoluto del sovrano sulla emissione e circolazione della moneta/denaro.

In altri casi i sovrani – soprattutto quelli potenti e ben armati – usavano semplicemente la forza per opporsi alle richieste dei banchieri che gli avevano prestato ingenti somme di denaro (in oro). È il caso famoso di Filippo II che rimandò a casa, con relativa minaccia di invasione, gli emissari dei banchieri fiorentini che gli chiedevano legittimamente la restituzione di un cospicuo prestito. In breve, o con la svalutazione o con la forza delle armi, i sovrani hanno per secoli gestito brillantemente i loro debiti.

Oggi solo per gli Usa è corretto usare l’espressione debito sovrano. Anzi, più correttamente il compianto Riccardo Parboni parlava fin dagli anni ’70 del secolo scorso di «signoraggio» del dollaro. In sostanza gli Usa sono stati per quarant’anni l’unico paese al mondo che poteva pagare i propri debiti con l’estero attraverso l’emissione di cartamoneta, vale a dire svalutando il dollaro. Per altro, finché Wall Street ha funzionato da idrovora monetaria, i dollari messi in circolazione nell’economia mondo ritornavano a New York e mettevano in pareggio la bilancia dei pagamenti.

Questo meccanismo si è rotto. Un’epoca, quella del signoraggio del dollaro e dell’egemonia Usa sul mondo, è finita. E il governo statunitense non può nemmeno, come fece Filippo II con i banchieri fiorentini, usare la forza militare per continuare ad imporre la sua moneta ed i suoi debiti al resto del mondo.

La sovranità è passata, in parte, ai capitali sovrani e, soprattutto, al capitale finanziario. I capitali sovrani sono costituiti dalle riserve monetarie dei paesi che hanno un surplus strutturale e consistente nella bilancia commerciale: la Cina in primis, ma anche diversi paesi petroliferi compresa la Russia. I capitali sovrani vengono usati sempre più dai governi dei singoli paesi per acquisire beni o titoli all’esterno in base ad una strategia di potenza e a interessi che variano decisamente se si passa dalla Cina alla Norvegia. Complessivamente si tratta di circa 5 mila miliardi di dollari. Niente al confronto della potenza del capitale finanziario, e suoi derivati, che sarebbe meglio definire usuraio. Infatti, le richieste di aggiustamenti strutturali, di taglio al welfare e di privatizzazione/svendita del patrimonio pubblico è una tipica richiesta del modo di operare degli usurai con le proprie vittime. I prestiti vengono concessi sempre dietro minacce e ricatti e gli usurati vengono spinti a svendere il proprio patrimonio, a chiedere aiuto ad amici e parenti, fino al collasso o al suicidio.

Ora, di fronte allo strapotere del capitale usuraio la questione politica prioritaria che si impone è come recuperare la propria autonomia, la propria sovranità. In altre parole, come trasformare il debito usuraio in debito sovrano. A fronte di governi sordi o impotenti, le popolazioni europee non credono più alla favola dei sacrifici oggi e della crescita domani. Le rivolte degli indignados che si vanno estendendo in tutta Europa pongono con forza il tema della sovranità reale, che non trova più risposte nelle ricette del passato e nei riti della democrazia rappresentativa.

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