giovedì 17 novembre 2011

Crescita minima e politiche antisalari, la crisi così è destinata ad aggravarsi di Joseph Halevi *

È certo che le manovre di rientro dal debito che verranno effettuate dal governo Monti richiederanno, contrariamente a quanto dichiarato dal neopremier, moltissime lacrime.

Si tratta di far scendere in pochi anni il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo verso un livello credibile. Tuttavia il clima della crescita è pesantissimo perché questa sarà minima se non addirittura negativa. Inoltre le misure richieste dagli ambienti imprenditoriali si basano sull'offerta, cioè sulla deflazione salariale, mai dal lato della domanda, mentre la crisi non è dovuta a costi eccessivi. Ne consegue che la crisi si aggraverà, specialmente ora che la Germania sembra fallire il suo obiettivo di saltare l'Europa ed agganciarsi alla crescita cinese, peraltro assai problematica. In questo contesto c'è da segnalare un'interessante nota apparsa il 15 novembre su Breaking Views della Reuters ove la situazione italiana viene raffrontata a quella britannica. Il rendimento dei buoni di Londra è del 2,2% contro il 7% di quelli di Roma, mentre il deficit pubblico britannico è, in rapporto al pil, molto più alto di quello italiano. Inoltre il rapporto debito-pil inglese continua ad aumentare.
La ragione per cui il rendimento dei titoli pubblici londinesi sia basso e senza l'instabilità dei buoni italiani è semplicemente dovuta al fatto che la Banca d'Inghilterra stampa la moneta con la quale acquista il debito britannico. Essa si prepara in fatti ad emettere 275 miliardi di sterline di quantitative easing, destinate prevalentemente a comperare i buoni del tesoro. La nota osserva che con la stessa somma equivalente in euro la Bce potrebbe coprire i 60 miliardi di euro del deficit pubblico italiano previsto per il 2012 nonché i 300 miliardi ritenuti necessari al finanziamento del debito. Per cui se la Bce intervenisse con la stessa ampiezza che caratterizza l'intervento della Bank of England, l'Italia non dovrebbe per nulla dipendere dai mercati per il finanziamento del suo debito. Nei confronti della Bce però il governatore della Banca d'Inghilterra predica diversamente dalle sue azioni in patria. Infatti Mervyn King ha detto che spetta ai governi dei paesi più forti ad agire da prestatori piuttosto che nascondersi dietro la Bce, segno che il governatore inglese non considera la Bce un'istituzione con chiara legittimità.

da "il manifesto"

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