martedì 27 dicembre 2011

Nazionalizzare le banche di Giorgio Cremaschi, Liberazione


E se la breve e ridicola campagna per cancellare l'articolo 18 fosse stata solo un depistaggio?
Sì, certo, Fiat, Fincantieri, il grande padronato italiano, tutti assieme non vedono l'ora di avere la libertà di licenziamento. Tuttavia la goffaggine con la quale la ministra del lavoro ha portato avanti la sua offensiva contro lo Statuto dei lavoratori mi ha fatto venire qualche dubbio. Così infatti è passata in secondo piano la catastrofe della manovra appena approvata e in particolare il massacro sociale sulle pensioni che colpisce vergognosamente gli operai e le donne.
E così è passata sotto silenzio la scandalosa manovra finanziaria attuata in questi giorni dalla Bce.
Ben 500 miliardi di euro sono stati prestati alle banche europee al tasso natalizio dell'1%. 116 di questi miliardi sono stati accaparrati dalle banche italiane. E' bene ricordare che lo stato italiano, se vuol fare prestiti per finanziare il debito con cui si pagano anche i beni e i servizi sociali, deve pagare il 7%, per ora, di interessi. Le banche hanno ottenuto questa cifra enorme con il tasso dell'1%, per cui se decidessero di prestare i soldi allo stato italiano, solo in virtù di questa operazione, guadagne-rebbero il 6%.
Non sappiamo se lo faranno, perché la speculazione finanziaria dice alle banche di non acquistare buoni del tesoro. Quindi può darsi che quei soldi, versati dai cittadini europei, è bene ricordarlo, vadano persino in altri lidi, verso altre scelte speculative. Il peso complessivo delle manovre Berlusconi, Monti, Tremonti è di 75 miliardi di euro che gravano per il 90% su salari, pensioni, servizi sociali. Alle banche è stato dato molto di più di quello che i governi ci hanno preso. Questa è l'Europa reale di oggi. Sbaglia il Presidente della Repubblica nell'esaltare la necessità di sacrifici nel nome di valori europei che in realtà non esistono. L'Europa di oggi è governata da un'alleanza tra tre grandi forze. La finanza internazionale, la tecnocrazia liberista, i governi di destra. Costoro sono quelli che comandano e le sinistre che accettano i loro ordini, in Italia come in Grecia come in tutta Europa, o si suicidano o diventano altro. Oppure entrambe le cose assieme.
No, quest’Europa della speculazione finanziaria che presta soldi alle banche ma che nello stesso tempo chiede agli stati di licenziare, di chiudere i servizi pubblici e distruggere i contratti nazionali, quest'Europa è oggi il nostro avversario. E per combattere questo avversario dobbiamo mettere in campo altri obiettivi, altre politiche rispetto a tutte quelle che si succedono stancamente nel disastro. Prima di tutto è chiaro che il finanziamento alle banche a fondo perduto deve finire. E' una scelta di buon senso che le banche, salvate dai nostri soldi, siano prese direttamente in mano pubblica. E così governate al fine di tagliare le unghie alla speculazione finanziaria e per fornire all'economia quel credito che oggi viene concesso a tassi di usura.
Il debito pubblico va congelato e ricontrattato. In ogni caso non può pesare a questi tassi di interesse su economie già in recessione. Gli economisti antiliberisti oggi sono divisi tra chi pensa prioritario uscire dall'euro, moneta che oggi strangola la ripresa economica, e chi invece ritiene indispensabile prima di tutto non pagar più il debito, almeno alla finanza internazionale. In realtà questa divisione non ha molto senso, perché la sostanza di tutte le posizioni critiche è che noi non possiamo più accettare i vincoli imposti dal potere tripartito che governa l'Europa. Dobbiamo rilanciare l'economia reale partendo dai beni comuni e dai servizi pubblici, dobbiamo aumentare i salari e i redditi, dobbiamo trasferire ricchezza dalla speculazione finanziaria e dai grandi patrimoni ai cittadini in difficoltà. Tutte queste misure richiedono che salti completamente quel meccanismo di salvaguardia dell'euro e della finanza che oggi, sotto il nome di patto di stabilità, sta destabilizzando le vite della maggioranza dei popoli di tutta Europa. La nazionalizzazione delle banche è quindi solo un passo necessario per  riconquistare il potere democratico di decidere sul nostro futuro, per sottrarre alla finanza internazionale impazzita il potere di decidere sulle nostre vite.
Finché non si percorrerà una strada di rottura in questa direzione continueremo a fare sacrifici sociali e di diritti sempre più ingiusti quanto inutili. Questa è la sostanza, questo è ciò che abbiamo di fronte nel 2012. Dobbiamo darci obiettivi ambiziosi, ambiziosi non perché irrealistici, ma perché mettono in discussione il sistema di potere finanziario che ci impone i suoi diktat distruttivi. Dobbiamo sperare e operare affinché l'Europa del lavoro e dei popoli si ribelli all'Europa dei padroni e delle banche.

P.S. un editoriale come questo può uscire solo su Liberazione. Diamoci tutti da fare perché nel 2012 questo nostro giornale sia ancora al fianco delle nostre lotte.


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