mercoledì 2 maggio 2012

Comunione e Autoassoluzione di Ilaria Donato, Micromega

Ho dovuto rileggere ben due volte la lettera firmata da Don Julián Carrón, presidente di Comunione e Liberazione, pubblicata ieri, a pagina 11 – con un richiamo in prima, taglio basso – su la Repubblica.
Due volte, perché la prima è servita a decodificare il famoso lessico ciellino: se non sei uno di loro è difficile orientarsi tra un “carisma” e una “sequela”; ma se poi pretendi anche di leggere tra le righe, allora devi spenderci un po’ di tempo.
Sì, perché la Fraternità risulta assai poco fraterna con chi sta fuori (ma questa non è una novità), tanto che occorrerebbe un piccolo dizionario dei sinonimi e dei contrari, confezionato apposta per chi non è, per l’appunto, “alla sequela di don Giussani” (il fondatore del movimento e candidato alla canonizzazione).
Dunque, accade che una lettera dal titolo – Il dolore di Carron:Chi ha sbagliato umilia il movimento” – contenga una vera e propria omelia con una ventina di richiami a don Giussani e Gesù Cristo, e in cui la Costituzione (dunque, la legge) sia citata una sola volta – tenetevi forte – per sottolineare come le notizie diffuse sul presidente della Regione Lombardia (mai citato nel pezzo) siano circolate in violazione delle garanzie previste nella legge fondamentale.
Una lettera, in cui gli abusi di potere – alcuni già dimostrati, molti altri su cui ancora si indaga – perpetrati da uomini di Cl, tutti messi nei posti chiave del potere lombardo e non solo, sono definiti semplici “pretesti” (“Se il movimento di Comunione e Liberazione è identificato con l’attrattiva del potere, dei soldi […] qualche pretesto dobbiamo averlo dato”), che in italiano – non saprei in “ciellese” – significa “ragione falsa che si adduce per mascherare i veri motivi di un’azione”, insomma, un appiglio utilizzato per sferrare un attacco motivato da altre ragioni. Quali? Non è dato saperlo a noi che non siamo alla sequela di don Gius: mica chi parla dai pulpiti, a pochi illuminati, si pone il problema di fare un ragionamento di senso compiuto per “chi è al buio”!
Già, perché io che non sono né atea, né agnostica, e che potrei definirmi credente – dunque, per nulla digiuna della Parola – mi sento veramente arrabbiata per il fatto di aver messo nelle mani di questa gente, il destino di parole come “etica pubblica” e “bene comune”.
Non so voi, ma io della predica di don Carron, con tutto il dovuto rispetto, non so cosa farmene e la accetterei solo se la leggessi su un bollettino parrocchiale o sui giornali del movimento, non su un quotidiano laico.
Perché il perdono invocato dal capo della Fraternità – “Chiediamo perdono se abbiamo arrecato danno alla memoria di don Giussani con la nostra superficialità e mancanza di sequela” – è un perdono privo di senso per noi comuni cittadini: il danno inferto dagli uomini di Cl non è certamente alla memoria del loro fondatore, né al “corpo” del movimento, di cui siamo autorizzati a non importarcene nulla, ma alla comunità civile; e il danno che ci deve stare a cuore è quello della violazione delle regole preposte a tutela del bene comune (e non di quello della Compagnia delle Opere).
Alla fine, non poteva mancare la sbrigativa assoluzione, pronunciata non si sa sulla base di quali elementi, di diritto e di fatto: nonostante i “pretesti” dati, “Cl è estranea a qualunque malversazione e non ha mai dato vita a un sistema di potere”: d’altronde, avete mai letto un oroscopo razionale?
Oggi, sul quotidiano online della Compagnia delle Opere, ilsussidiario.net il Ds Luciano Violante, ex magistrato e già presidente della Camera dei deputati, commenta la lettera di Carron con queste parole: “Don Julián Carrón svolge una profonda riflessione sugli effetti dell’abuso del potere politico”.
Io ho perso le speranze. Voi?

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