martedì 8 maggio 2012

Tra nuovi qualunquismi e vecchie scappatoie di Marco Sferini, Lanterne Rosse


Le elezioni amministrative ci danno tantissimo materiale su cui riflettere per il prossimo futuro. Accantonando le enfatizzazioni e le emozioni per questo o quel risultato, è del tutto evidente che ci troviamo innanzi ad un radicale mutamento della scena politica se proviamo a tracciare anche solo un bozzetto del disegno che esce dall’unione dei tanti puntini colorati sparsi per l’Italia, dove si è votato e dove si dovrà ancora votare tra quindici giorni al turno di ballottaggio.
Che le amministrative siano fallaci e possano ingannare lo si sa dall’alba dei tempi, ma è anche pur vero che si vedono nettamente delle linee emerse, delle tendenze che è davvero difficile nascondere e che, per amore di verità, bisogna anzi evidenziare e cercare di comprendere nel complesso Paese in cui viviamo.
Il successo del movimento 5 stelle di Beppe Grillo era previsto ma non nelle cifre che sono spuntate dai teleschermi e dai siti Internet per tutta la giornata: il ballottaggio a Parma è una notizia sbalorditiva, strepitosa. Così anche il risultato ottenuto nella città natale del comico-politico ligure. Non di meno sono importanti i risultati in altre parti del Paese.
Siamo sempre sulla linea del voto di protesta ma anche di proposta: io penso che gli elettori sappiano molto bene cosa chiedere e cosa cercare da una forza politica, ma spesso queste richieste si tramutano in istintualità e perdono quel carattere di giusta rivendicazione sociale che dovrebbero conservare. Il voto al movimento grillino nasce e cresce così e si diffonde proprio perché il panorama politico è povero di passione e ricco di inganni, truffe, raggiri e di un costante utilizzo della “cosa pubblica” per affari del tutto privati.
Poco importa che noi comunisti si sia fuori da tutti questi giochi di potere, di palazzo. Qui al qualunquismo si aggiunge la tendenza fascisteggiante dell’Italia moderna che non è capace talvolta e che non vuole talaltra  ad operare le necessarie distinzioni per saper scegliere da che parte stare: meglio prendere la strada più facile e urlare un bel “vaffanculo” a tutti quanti e scegliere il salvatore della Patria un po’ politico e un po’ comico e giullare che propone interessanti alternative ecologiche e che poi, però, per accontentare anche l’elettorato di destra deve sparare battute (battute?) sui migranti o sugli zingari.
Beppe Grillo e il suo movimento devono essere messi alla prova del governo istituzionale locale. Non hanno nessun retroterra culturale, nessuna amalgama ideale, non sono uniti da altro se non dalla contrapposizione e questa colla finisce presto o tardi col mostrare tutti i suoi difetti e le sue lacune. Si scioglie come neve al sole alla prova dei fatti, proprio perché nelle amministrazioni si deve avere chiara non solo la matrice programmatica ma anche quella etica, quella ideale. Un bel programma senza un aggancio etico, sociale e politico non serve a niente. E’ solo un libro dei sogni impossibile da concretizzare.
In forme diverse, è quello che accade ai partitucoli della sinistra comunista o pseudo tale che tacciano gli altri di imborghesimento e di tradimento della rivoluzione e che non sono capaci però di raccogliere mai quelle percentuali per eleggere anche solo un consigliere comunale.
Essere più rivoluzionari di altri è facile: basta dirlo. Ma, come insegna il vecchio detto, tra il dire e il fare (aggiungo io: tra il sembrare e l’essere) ci passa di mezzo più di un oceano.
Dunque, mi sembra evidente che il pericolo del qualunquismo non sia passato e che la prima verifica che andrà fatta sul movimento 5 stelle saranno le sue proposte in tema di tenuta democratica, di solidarietà sociale, di uguaglianza sociale, di sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori, di tutela delle garanzie più alte del lavoro, di difesa della giustizia e non soltanto l’essere abituati a sentire il tintinnio delle manette e l’anatema contro ogni politico che incorra nelle maglie della giustizia.
La giustizia c’è: è giustizia degli esseri umani (perdonate questo accenno evangelico) e non può certo essere perfetta, ma perfettibile sicuramente. Dunque come comunisti credo che dovremmo aspettarci dai grillini la condivisione dei valori costituzionali, tutti quanti. Compreso l’articolo che cita le formazioni partitiche come elemento di costruzione della democrazia repubblicana. Del resto cosa è in fin dei conti il movimento 5 stelle se non un partito?
Un altro dato importante di questa tornata elettorale è la rovina del centrodestra: il Popolo della Libertà arretra ovunque. Un esempio clamoroso a Verona: perde 23 punti in percentuale… E’ dai tempi della crisi irreversibile della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano che non si vedeva una forza politica sprofondare così in basso.
In confronto, l’arretramento previsto della Lega Nord è poca cosa, anche se fa una certa impressione vedere il partito di Umberto Bossi racimolare solo il 3,7% a Genova.
Alfano minimizza e Berlusconi, da Mosca, addirittura esalta la catastrofe azzurra e parla di un risultato migliore delle aspettative. Cosa si aspettasse il Cavaliere nero di Arcore, a questo punto, è difficile da pensare.
Il centrodestra, dunque, sembra polverizzato: ha giocato senza toccare palla, ha corso diviso dalla Lega Nord quasi dappertutto ed è probabile che l’ex ministro della giustizia ci azzecchi quando dice che, tra un giustificazionismo e un altro, che il sostegno dato a Monti insieme al PD e al Terzo polo è stato uno dei motivi di questa tabula rasa.
In fondo, se tinte meno fosche ci sono in queste elezioni amministrative, dopo i grillini, queste sono per il centrosinistra che strappa al PDL e ai suoi ex alleati moltissimi comuni e che porta avanti candidati che possono rappresentare un cambiamento politico non inquinato dal qualunquismo cinquestellino.
Non credo sia facile trarre delle conclusioni sulla tenuta del governo Monti rispetto alla maggioranza trasversale che lo sostiene e che, visti i dati elettorali, potrebbe sembrare minoranza nel Paese. Qui non entra in gioco tanto la forza dei numeri quanto la volontà politica delle forze che reggono il governo dei professori al servizio delle banche: se il PD non sceglierà di aprire una stagione politica socialdemocratica (per quanto lo riguarda) abbandonando l’asse col PDL e col Terzo polo, sarà estremamente difficile poter aprire un dialogo per una ricostruzione di un centrosinistra anche a livello nazionale così come è stato fatto in grandi realtà come Genova.
Altrove questo dialogo è stato inquinato dai pasticci delle primarie e dalla rissosità dei candidati per la posta in gioco: il potere. Quando questo avviene, ecco che compare un candidato come Leoluca Orlando a scompaginare i giochi.
Una lezione, anche questa, chiarissima: per quanto consapevole di mente o spontaneista di pancia sia il voto dato, la gente non vuole mezze misure, ma scelte chiare, schieramenti definiti e parole d’ordine non ambigue o tentennamenti.
Sarebbe una forma di ritorno all’igiene politica e civile, ma il muro dell’antipolitica e del grillismo è deflagrante e non va sottovalutato. Ha ragione Grillo: avanti così e il suo 5 stelle presto siederà con molti deputati anche in Parlamento.
Noi ci fregiamo, come comunisti, di essere i rappresentanti dei più deboli, dei derelitti, di chi fa fatica a sbarcare il lunario, di chi lavora ed è sfruttato a più non posso ma ci stiamo perdendo per strada una marea di consensi perché non riusciamo ad uscire dalle secche in cui siamo finiti. Non riusciamo a darci una linea politica unitaria, non tanto nel senso di una sola marcia per tutti, quanto di una linea di comportamento politico e sociale che non guardi ora al PD e domani al PCL.
Dobbiamo fermare il nostro ondivago tormento, la nostra navigazione a vista e dobbiamo riunirci per unificare le nostre politiche su tutto il territorio e ridare una connessione a tutte le particolarità territoriali. Ciò che mostriamo, invece, è indecisione, pressapochismo e incertezza. Non siamo affidabili non tanto nella nostra onestà, che tutti possono constatare, quanto nel provare a tracciare un solco entro cui stare e muoverci senza isolazionismi di sorta e senza abbracci mortali di altra sorta.
Troppi slogan e poca chiarezza non ci aiutano. Abbiamo trovato un cammino definito solamente nell’opposizione al governo Monti e, almeno su questo, abbiamo strutturato collegamenti e connessioni con la FIOM, con i sindacati di base e con molte altre realtà sociali che guardano a Rifondazione Comunista e alla Federazione della Sinistra come a forze politiche capaci di gestire anche la loro poca forza contrattuale senza scendere a compromissioni, ma ricercando sempre il bene comune come partenza della nuova necessaria politica per questa Italia che stra tra una Francia che svolta a sinistra e una Grecia ingovernabile.
E’ soprattutto questa Grecia, soprattutto la sinistra di alternativa greca, quella di Syriza, lontana dagli isolazionismi del KKE, che dovrebbe darci il coraggio di capire che è possibile ritrovare uno spazio a sinistra.
Ora che il panorama politico ha visto venire meno la sua granitica e consolidata vocazione al bipolarismo; ora che di poli ce ne sono anche cinque; ora che tutto si muove e nulla è più certo per nessuno, nemmeno per il “potente PDL”, ebbene ora va preparato il terreno per il 2013, per fare delle elezioni politiche non un momento di assemblaggio dei più diversi: da FLI a Rifondazione Comunista, tanto per essere chiari, sarebbe un pasticcio inestricabile, una ennesima vocazione al suicidio e alla incomprensione da parte della popolazione del ruolo nuovo che invece dobbiamo riconsegnare alla politica. Va evitato non solo questo aspetto di “grande alleanza” contro qualche satana comune, ma va evitata anche la tentazione all’autoreferenzialità e alla sopravvalutazione di quei cantori della rivoluzione che sono completamente scollegati dal contatto con la realtà quotidiana di chi si dispera, di chi muore di lavoro, di chi sopravvive da troppo, da lungo, da infinito tempo.

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