domenica 29 luglio 2012

Ci rimettono sempre: intervista a Maurizio Landini

Intervista a Maurizio Landini: “L’Ilva resti aperta ma si investa per non inquinare.”. Il sindacato ammette un ritardo
Maurizio Landini è appena uscito dall’incontro con il nuovo presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, mentre in mattinata aveva partecipato a un’animatissima assemblea dei dipendenti. Propone quello che chiedono gli operai: ovvero che finalmente l’impresa e la politica bonifichino la città e creino produzioni sostenibili, senza perdere posti di lavoro. Nel contempo, però, il leader della Fiom ammette che i lavoratori stanno facendo un «salto culturale», e che prima erano in ritardo sul tema ambientale. Ancora, Landini commenta lo scontro tra l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne e la Volkswagen, propendendo con evidenza a favore delle ragioni della casa tedesca.


Gli operai difendono il loro posto, ma la questione ambientale a Taranto è urgente. Come conciliate i due temi?
Che gli operai difendano il proprio posto mi pare legittimo. La cosa importante è che non si è ceduto a chi credeva alla contrapposizione lavoratori-magistratura. Al contrario si chiede a tutti i soggetti coinvolti, a partire dall’Ilva, di difendere il lavoro ma insieme anche la sicurezza e la salute, dei dipendenti e della città. Il problema riguarda tutta l’area di Taranto, altre imprese importanti. Va anche detto che l’Ilva non è più la fabbrica di 20 anni fa: negli ultimi anni ha investito 1 miliardo contro l’inquinamento.


Ma vi sembra credibile ottenere una Ilva «pulita»? Vedendo oggi Taranto si perderebbe ogni speranza.
Tutto il territorio è inquinato da oltre 50 anni, a causa dell’Ilva ma non solo: ci sono altri grossi impianti, e non a caso l’accordo siglato al ministero non si riferisce all’Ilva ma a tutta l’area di Taranto.


Ma perché non abbiamo visto negli ultimi anni gli operai in piazza per l’ambiente, e riusciamo a vederli mobilitati soltanto oggi? Hanno dovuto aspettare la magistratura e gli ambientalisti?
Credo ci siano ragioni e responsabilità precise, non solo dei lavoratori: i passati governi, la Regione prima di Vendola, la stessa Ilva. È passata l’idea che pur di lavorare va bene tutto. Il sindacato ha fatto alcune iniziative, ma non faccio fatica ad ammettere che per il mondo del lavoro siamo a un passaggio culturale, e che qualche ritardo su questo fronte prima c’è stato. Cosa, perché si produce e con quale sostenibilità, è un tema che va rivolto a tutti i soggetti, in primis all’impresa e alla sua responsabilità sociale.


Adesso cosa vi aspettate?
Abbiamo appena incontrato il nuovo presidente Ferrante e abbiamo accolto con favore il suo impegno di continuare a produrre, collaborando con istituzioni, governo e sindacato. Il 3 agosto c’è il riesame e vedremo, ma il punto piuttosto è aprire un percorso vero di investimenti pubblici e privati. D’altronde non puoi fermare le produzioni in un’acciaieria come quella, per precisi vincoli tecnologici. Se la chiudi non la riapri più.


Si potrebbe pensare però di chiudere solo il ciclo a caldo, più inquinante.
Non puoi distinguere tra ciclo freddo e caldo, devi tenerli insieme, non puoi dividerli. Sono un vero ciclo integrato.


E sullo scontro Marchionne-Volkswagen la Fiom cosa dice?
Dico che è innanzitutto un elemento di novità il fatto che Marchionne invece di insultare la Fiom, insulta altri. Vedo la difficoltà per la Fiat di vendere in Europa: non ha mai investito e innovato i suoi prodotti, è preoccupante. In Italia chiederei piuttosto una politica industriale dell’auto e la mobilità, in modo da far entrare investitori stranieri nel nostro territorio. Interi pezzi dell’industria spariscono, la Fiat non investe. Dopo due anni e mezzo, chi ha firmato accordi con Fiat dovrebbe riflettere.


Ma perché il modello Volkswagen vince e quello Fiat crolla in Europa?
In una concessionaria Vw trovi auto da 10 mila euro a 150 mila, in tutte le gamme. Mentre alla Fiat non è così. C’è poi un grande vantaggio competitivo e tecnologico, marchi diversi, l’acquisto di nuove piattaforme. Vw è anche il primo costruttore di auto andato in Cina. Ma soprattutto non ha licenziato quando aveva difficoltà: ha preferito ridurre gli orari e investire. L’Audi, tedesca, ha da poco comprato Lamborghini e Ducati Motor: in entrambi gli stabilimenti noi della Fiom abbiamo ottimi rapporti con i capi, ma soprattutto l’80% alle elezioni. Nonostante la Fiom vanno bene, fanno utili e investono. Audi ha comprato prima che modificassero l’articolo 18.


Antonio Sciotto - il manifesto

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