venerdì 10 agosto 2012

CIALTRONI A PAGAMENTO! di Leonardo Caponi, Umbrialeft

PERUGIA - Cialtroni!, si cialtroni!: è ora di cominciare ad insultarli questi professoroni o presunti tali e uomini di governo del passato o del presente, autori di questa campagna estiva per la vendita del patrimonio pubblico come mezzo per risanare il bilancio dello Stato, che riempe paginoni interi dei maggiori quotidiani nazionali, a cominciare da quelli Confindustriali e trova ampio spazio nei media più seguiti. Fanno proposte che chiunque si intenda un po’ di questioni del governo e di amministrazione dello Stato, (ma anche il semplice cittadino, se non fosse stordito da questa informazione supina, martellante e a senso unico) capisce che non hanno possibilità di pratica realizzazione e, per questo ma non solo, sono prive persino di una dignità tecnico-scientifica. E loro, o la gran parte di loro, lo sa e fa finta di non saperlo. Sapientoni da strapazzo o finti saggi, si comportano come i classici intellettuali (particolarmente nella tradizione italiana ce ne sono stati e ce ne sono purtroppo tanti) che prestano al potere, ai potenti e alla corrente politico ideologica prevalente il loro sapere e la loro scienza. Loro hanno deciso di partecipare al coro messo su dai gruppi dominanti di Confindustria e delle banche, che sperano di rilanciare le imprese italiane (in realtà di fare affari per loro stessi) attraverso la spartizione delle spoglie del patrimonio pubblico.
Vergogna!, vendono bugie e fanno a chi la spara più grossa godendo dell’impunità derivante dalla impossibilità alla manifestazione di un qualunque efficacie contraddittorio. Il neoministro Grilli, ex bocconiano, ex direttore generale del Tesoro (questo è uno di quelli che finge, altrimenti non si capisce che cosa ci stesse a fare al Tesoro) promette di abbattere il debito di 100miliardi in cinque anni, al ritmo di 20/25 all’anno, con la vendita di pezzi dello Stato e delle imprese statali. Amato (l’eterno Amato, il “professore a pagamento” lo chiamava Craxi), il redivivo Bassanini e altri esperti e professori della Fondazione Astrid lo battono, promettendo nientemeno che 175miliardi di rientro dal debito in quattro anni! Aspettiamo il prossimo o i prossimi che prometteranno, vendendo il Colosseo, il duomo di Milano e quello di Monreale, il vulcano Etna, il mare Adriatico ecc. il  “rientro” immediato in un colpo solo, nel giro di un mese, forse di una settimana appena!
Come possono persone così “colte” ed esperte (questa è la cosa che suscita indignazione e disgusto!) ignorare che le cose che loro dicono (ammesso che siano giuste) sono materialmente impossibili da realizzare, forse in generale, di sicuro nei tempi che prevedono?  Perché Amato non l’ha fatto quando era al governo? Dove esistono, in Italia, particolarmente in questi tempi di crisi, i capitali privati e un mercato in grado di assorbire, pagandolo il suo reale valore, tutto quello che dovrebbe essere venduto!? Dice niente che le due società per le alienazioni costituite dallo Stato da alcuni anni, non siano riuscite finora a vendere praticamente niente? E potremmo accettare, del caso, che i cosiddetti gioielli di famiglia (i pezzi più preziosi del patrimonio immobiliare e la proprietà di Eni, Enel e Finmeccanica) vadano a mani straniere? Bel capolavoro sarebbe!
Vendere tanti miliardi di valore in 4 o 5 anni? Ma se un tempo così (chi minimamente ha a che fare con la pubblica amministrazione lo sa!), tra lentezze dello Stato e difficoltà oggettive, non sarebbe sufficiente nemmeno per catalogare gli immobili, togliere vincoli e contenziosi, renderli disponibili e avviare le gare!
Ma, la “chicca” più bella, pezzo forte del programma e indicativa di tutto il resto, è contenuta in una delle proposte della Fondazione Astrid, che prevede l’introito mirabolante di 30miliardi attraverso la vendita (agli inquilini si spera!) degli appartamenti delle case popolari. Ebbene, questi signori ignorano (o fingono di ignorare) che la proprietà del patrimonio degli Ater è stata trasferita alle Regioni e che quindi i proventi delle eventuali vendite (le cui modalità e tempi  sono stabiliti da leggi e regolamenti regionali che andrebbero modificati e uniformati, sai che impresa!) andrebbero alle stesse Regioni e non sarebbero conteggiati nel bilancio generale dello Stato, fatta salva l’instaurazione, tra le due istituzioni, di conflitti e contenziosi interminabili, di esito imprevedibile.
Perché, da persone di tanta fama, errori così macroscopici? Perché l’obiettivo o l’effetto delle loro proposte (voluto o incidentale alla fine poco importa) non è il risanamento economico, bensì, sull’onda di un conformismo generale prono ai voleri di Confindutria e della grande finanza, quello di dare un carattere di sempre più drammatica urgenza alla questione del debito pubblico, in modo da far apparire non solo legittime, ma necessarie, auspicabili e indifferibili le operazioni di svendita del patrimonio e di nuove privatizzazioni (magari comprese quelle, vietate dal referendum, dei beni comuni) che, anche se non nelle dimensioni proposte, si potranno comunque fare.
Il problema del bilancio dello Stato italiano è diventato non più l’eccesso di spese, ma la mancanza di entrate! Ecco perché la alienazione del patrimonio pubblico rappresenterà non soltanto un danno gravissimo e irreparabile per il nostro Paese, che ne uscirà ancora più smembrato e indebolito di quanto non sia oggi, ma sarà anche inutile e controproducente per la ripresa dell’economia che, invece di regali ai privati, ha bisogno di un vasto e selettivo programma di investimenti pubblici.

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