sabato 18 agosto 2012

Ministro, il conflitto sull’Ilva è tutto suo di Bruno Tinti, Il Fatto Quotidiano

Forse il ministro Clini non capisce o non conosce la Costituzione. Non so. Ma dire: “In Italia nessuna legge attribuisce il compito di monitoraggio ambientale e di rilascio delle autorizzazioni all’autorità giudiziaria” e far derivare dai provvedimenti della magistratura di Taranto un’incertezza sui ruoli e le competenze che pone “a rischio l’intero sistema industriale italiano” (Audizione alla Camera del 14 agosto) dimostra che il problema c’è. Art. 112 Cost: “Il Pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. Obbligo, non facoltà.
In Francia, la procura cui fosse pervenuta una denuncia a carico di uno stabilimento che ammazza la gente con veleni diffusi nell’atmosfera avrebbe potuto “classer”, archiviare senza motivazione. In Italia non si può. Se Ilva ammazza bisogna fare un processo, non ci sono santi. Naturalmente fare un processo significa provare, tra l’altro, gli elementi oggettivi del reato. Che, nel caso di Ilva, sono la morte di un certo numero di persone (migliaia) e il nesso di causalità tra queste morti e un impianto che emette veleni. Il che è stato fatto con un incidente probatorio (perizia). Dopo di che non resta che procedere nei confronti di quelli che ne sono stati responsabili. Il che sta avvenendo. Se la magistratura si fosse limitata a questo, forse Clini non avrebbe avuto nulla da obbiettare. Ma il problema è che Ilva, quando funziona, emette veleni ogni giorno e quindi ammazza ogni giorno. La morte vera e propria avverrà magari tra qualche anno; ma le malattie degenerative provocate da Ilva iniziano e si aggravano ad ogni emissione di veleni. E qui, ragionevolmente, il codice di procedura (art. 321) prevede che si deve (non si può, si deve) disporre il sequestro delle cose che possono aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati. Quale potrebbe essere l’alternativa? Attendere che le persone muoiano e quindi iniziare nuovi processi nei confronti di chi le ha ammazzate? Ovviamente no; semplicemente gli si impedisce di continuare ad ammazzarle. Come? Sequestrandogli l’arma con cui le ammazza. A questo punto il compito della magistratura è finito.
Gli ammazzatori (si potrebbe dire assassini ma il termine implica concetti giuridici che devono ancora essere valutati nel processo) sono stati identificati e arrestati. L’arma del delitto è sequestrata e non potrà essere utilizzata per ammazzare ancora. Tutto il resto non riguarda i giudici. Che, Clini ha proprio ragione, non fanno “monitoraggio ambientale” né“rilasciano autorizzazioni”. Questo avrebbe dovuto essere fatto (e non è stato fatto) dal cosiddetto esecutivo. Quello in carica nell’ultimo trentennio, si capisce. E se fosse fatto ora, non sarebbe male. A questo punto l’ultima nozione. Art. 101 Cost: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Il che vuol dire che i loro provvedimenti non possono essere modificati o disapplicati dal ministro Clini e dai suoi colleghi. Se sono sbagliati, la legge prevede una serie infinita di ricorsi ed appelli. E forse, nel rispetto della legge, potranno esservi modifiche o annullamenti. Ma certo, tra i motivi di possibili annullamenti, mai ci potrà essere un preteso conflitto tra i progetti industriali del Paese e i provvedimenti giudiziari o i rischi economici che ne derivano (art. 104 Cost:” I giudici sono autonomi e indipendenti da ogni altro potere”).
C&C (Clini &C), rassegnatevi: questa rogna ve la dovete grattare da soli. I giudici non c’entrano niente.

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