lunedì 27 agosto 2012

Sogno nel cassetto: conoscere un militante dell’Udc di Matteo Pucciarelli, Micromega

L’estate è giunta al termine. Nella nostra memoria resteranno i post su Facebook e Twitter «ragazzi fa caldissimo», effettivamente condizione atmosferica inaspettata sotto Ferragosto; foto di piedi sulla sdraio con sfondo battigia-mare, orde di insospettabili feticisti ovunque; e infine analisi pensose con sottintesa una parola d’ordine pressoché unanime: «Bisogna dialogare con l’Udc» (con aggiunta del sobrio e responsabile – così, sulla fiducia – «Casini è più affidabile di Di Pietro»: se non dici una frase del genere sei un nemico della democrazia). Dialogo con l’Udc, dialogo con l’Udc, e te lo ripetono in tutte le salse, declinato in mille versi, con gli endecasillabi, a voce alta a voce bassa, in versione rap o con l’arpa di re Davide, perché è giusto perché è un obbligo perché tocca farlo perché te lo chiedono i mercati, i tedeschi, i banchieri canadesi, il sultano del Brunei.
Va bene. Una notte non prendevo sonno causa assalto di zanzare (in estate ci sono le zanzare, rilevava qualcuno sempre su Facebook e Twitter): avevo un dubbio, un ragionevole dubbio. Ma tu, tu io, e poi tu che leggi, hai mai conosciuto un militante dell’Udc?
Personalmente ho passato in rassegna gli ultimi dieci anni della mia vita: ricordo di aver parlato, o discusso, o strinto la mano, o visto a cena, o intravisto dai finestrini dell’autobus un po’ di tutto. Fan sfegatati di Berlusconi, finiani incalliti, giovani alcolizzati sotto casa che spaccavano bottiglie e poi urlavano «Duce!», sostenitori dell’Api di Rutelli (giuro), ex benzinai dell’Api, diessini dalemiani, diessini veltroniani, post-diessini che leggono libri di Veltroni sulla spiaggia, marxisti-leninisti di Firenze che ti tartassano al telefono, socialisti del nuovo Psi di De Michelis con le sedie in mano pronti al prossimo congresso, radicali petulanti, verdi, una montagna di ex comunisti, demoproletari, azionisti con pacchetti azionari ma anche senza, leghisti, grillini incazzati e grillini pragmatici, mastelliani con la tessera della Cgil, ex umanisti, anarchici talmente anarchici che votavano Rifondazione perché l’anarchia e basta stava stretta alla loro anima anarchica. Ma mai, mai neanche uno, uno nella vita che dicesse: «Sono un militante dell’Udc». A pensarci bene, neanche un elettore. Uno che fosse uno. O uno che su Facebook, per dire, a orientamento politico scrivesse: Udc (e lì di solito se ne vedono di tutti i colori. Un mio conoscente mise: «Il Regno di Gesù nostro Signore!!», punti esclamativi inclusi. Amicizia rapidamente tolta).
Allora, siccome anche io a questo punto vorrei togliermi lo sfizio di dialogare con l’Udc, ma davvero e non attraverso i giornali, un Udc di base che non sia Casini, o Cesa, o Buttiglione, o Cosimo Mele, ditemi dove si trovano. Hanno delle sezioni, delle riserve naturali, dei luoghi di incontro tipo una spa, una balera, che ne so un casinò, un casino, insomma dove pascolano? Come sono fatti? Cosa pensano? Com’è fatta una loro tessera? Chi stampa le loro bandiere? Sono vegani? Guidano la macchina o c’hanno l’autista? No perché il dubbio è che tutta questa storia del dialogo con l’Udc non sia altro che una mera spartizione di potere fra ceti politici che nulla ha a che vedere con ciò che avviene nella società reale. Quella fatta di gente normale, insomma. Che non tratta assessorati, che non distribuisce posti di lavoro in cambio di voti, che se gli dici «politica dei due forni» ti risponde «no tranquillo grazie, il pane lo compro all’Auchan».
Ecco, un sogno nel cassetto. Conoscere un militante dell’Udc. E poi dialogarci, finalmente. Prima o poi, nella vita, toccherà farlo.

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