mercoledì 26 settembre 2012

Liberiamo la democrazia di Esther Vivas

Il movimento degli indignados torna in piazza e la repressione aumenta. Hanno paura di chi si ribella. Nella foto, il barista di Madrid che ha impedito l'accesso della polizia al suo bar in cui si erano rifugiati i manifestanti

Esther Vivas
La repressione scatenata ieri in Spagna è l’altra faccia dei tagli e della chiusura degli spazi democratici imposti dai mercati finanziari con la complicità dei maggiori partiti politici.
La mano dura dello stato dal 15M punta sulla criminalizzazione dei manifestanti e la paura per spegnere le aspirazioni di giustizia sociale e democrazia. Ma le misure repressive per far saltare l’accerchiamento del parlamento sono fallite ed un #25Sinmiedo ha portato in piazza decine di migliaia di persone disposte a tornare in piazza il 26.

“La chiamano democrazia ma non lo è” si è urlato ripetutamente nelle piazze, nelle manifestazioni... E più il tempo passa più questo slogan si carica, se è possibile, di significato. La stigmatizzazione e la repressione contro chi lotta nelle strade per i suoi diritti negli ultimi tempi non ha fatto che intensificarsi. Più aumenta la crisi e l’appoggio popolare verso i manifestanti, più aumenta la criminalizzazione e la repressione. Il desiderio di libertà sembra essere in contrasto con l’attuale “democrazia”.
E questi ultimi giorni ne sono stati un ottimo esempio. Sabato 15 quattro attivisti sono stati arrestati nella manifestazione contro i taglia a Madrid. Qual era il loro reato? Portare uno striscione con lo slogan “25S Accerchia il Parlamento”. Il giorno seguente due furgoni della polizia hanno identificato decine di persone nel parco del Ritiro. Motivo? Partecipare ad un’assemblea preparatoria per il 25S. Cinque giorni dopo, alcuni attivisti sono stati accusati di attentare contro le istituzioni della nazione, rischiando fino ad un anno di carcere.
Quali sono gli obbiettivi dell’iniziativa #25S Accerchia il Parlamento? La sua convocazione è chiara: “Il prossimo 25 settembre accerchieremo il Parlamento dei deputati per liberarlo dal sequestro che ha convertito questa istituzione in un organo superfluo. Un sequestro della sovranità popolare portato avanti dalla Troika e dai marcati finanziari e reso esecutivo con il consenso e la collaborazione della maggior parte dei partiti politici”. E come sarà questa azione? Gli organizzatori l’hanno detto in tutti i modi: “non violenta”. Allora di cosa ha paura chi ordina queste misure di polizia? La violenza, a partire dalla quale giustificano tali operazioni, o la libertà di espressione?
È come ho letto alcuni mesi fa in un centro sociale: “Quando gli oppressi si muovono, gli oppressori vacillano”. Quanto è vero! La paura ha iniziato a cambiare lato. Le misure repressive, come quelle sopra citate, mostrano la paura di chi esercita il potere. La paura che la gente si ribelli, si organizzi, si esprima liberamente, lotti contro l’ingiustizia. La paura “dei pochi” verso “i molti”.
Colpo di stato?
Senza dubbio la criminalizzazione del "#25S Accerchia il Parlamento" ha avuto inizio già un mese fa quando la delegata del governo a Madrid, Cristina Cifuentes, ha etichettato questa iniziativa come un “colpo di stato mascherato”. Non è stato da meno il deputato del Psoe e ex segretario di Stato José Martìnez de Olmos che ha paragonato l’iniziativa con il colpo di stato di Tejero (ufficiale franchista delle forze armate che nel febbraio del 1981 tentò un assalto al parlamento N.d.T.): “Accamparsi dentro il parlamento come fece Tejero, o fuori, come si vuole fare per il 25S, ha la stessa finalità: sequestrarne la sovranità”. Parole ripetute ieri dal segretario generale del PP Dolores de Cospedal.
Colpo di stato? Qui gli unici golpisti sono i poteri finanziari che a loro piacimento abbattono governi e li sostituiscono con i loro uomini di fiducia. In Italia hanno trascinato via Silvio Berlusconi per nominare Mario Monti, ex consigliere della Goldman Sachs. In Grecia, tanti saluti a Giorgios Papandreu e benvenuto a Lucas Papademus, ex vicepresidente della Banca Centrale Europea. E senza andare troppo lontano, il nuovissimo ministro dell’economia spagnola Luìs de Guindons è un ex della fu Lehman Brothers. Come ha detto Robert Frisk: “Le banche e le agenzie di raiting si sono convertite nei dittatori occidentali”. Il fatto è che quando i mercati entrano per la porta , la democrazia esce dalla finestra.
Oggi è difficile pensare che il Parlamento rappresenti la “volontà popolare”. Ministri e deputati che sono arrivati al parlamento dalle imprese private, ed altri che arriveranno, non perderanno un minuto a continuare nella stessa direzione. Le imprese ovviamente ricompensano generosamente i servizi resi. Vi ricordate Eduardo Zaplana? Primo ministro del lavoro, e dopo consigliere di Telefonica (multinazionale delle telecomunicazioni Nd.T.)? Per non citare Rodrigo Rato, prima ministro dell’economia e poi direttore del Fondo Monetario Internazionale, ed alla fine presidente di Bankia. Le sue avventure come banchiere ci sono costate non poco. Senza dimenticare Gonzalez e Aznar, il primo nel consiglio di amministrazione di Gas Natural e il secondo in quello di Endesa, New Corporation, Barrick Gold, Doheny Global Group... Così vanno le cose.
Più democrazia
Ma la democrazia è esattamente quello che rivendica il movimento degli indignat@, una democrazia reale al servizio delle persone ed incompatibile con il sequestro della politica da parte del mondo degli affari e con l’espagnolismo centralista che nega il diritto di decisione ai popoli. Paradossalmente sono stati additati come “antidemocratici” dal potere. Antidemocratici per volere “assediare” simbolicamente il parlamento della Catalogna, il 15 giugno del 2011, quando si iniziavano a discutere i bilanci che prevedevano i maggiori tagli nella storia della democrazia catalana, e che non figuravano in nessun programma elettorale. Antidemocratici per aver organizzato assemblee nelle piazze e generato dibattito pubblico. Antidemocratici per aver occupato abitazioni vuote e avergli dato un uso sociale. Antidemocratici, insomma, per aver combattuto le leggi e le procedure ingiuste.
A maggiore democrazia nelle strade corrisponde una maggiore repressione. Il Ministero degli Interni esige il pagamento di multe da 133mila euro da 446 attivisti del 15M di Madrid, di 6mila euro a 250 studenti della #PrimaveraValenciana, di centinaia di euro dai vari cittadini che si sono ribellati alla truffa delle azioni privilegiate in Galizia, solo per fare alcuni esempi. Oltre i più di cento arresti in Catalogna dopo lo sciopero generale del 29M, l’apertura di una pagina web per la delazione dei manifestanti...
L’altra faccia della politica dei tagli è la politica della paura e della repressione. A meno stato sociale corrisponde più stato di polizia. La democrazia, però, non è di chi dice di esercitarla ma di chi lotta per essa. La storia è piena di esempi. Il #25S sarà uno di questi.

* Giornalista ed attivista di Izquierda Anticapitalista. Autrice di "Planeta indignado" di prossima pubblicazione per Edizioni Alegre. Articolo pubblicato su Publico.es il 24 settembre 2012.

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