mercoledì 26 settembre 2012

TECNICI O APPRENDISTI STREGONI? di Leonardo Mazzei, www.antimperialista.it


Il Governo: «Pardon, ci siamo sbagliati ma solo di 142,8 miliardi di euro»

I numeri del disastro nella «Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza» (Def) 2012 


Con la «Nota di aggiornamento del Def» il governo ha ammesso, tre giorni fa [Giovedì 20 settembre, Ndr] che tutti gli indicatori macroeconomici continuano a peggiorare, ha ammesso che le previsioni dello scorso aprile erano completamente sballate, ha ammesso di fatto, pur affermando ovviamente il contrario, di non avere la più pallida idea su come uscire da questa situazione.
Immaginatevi cosa sarebbe successo se un simile disastro fosse uscito dal governo dell'Allegro Buffone...

... Invece arrivato dall'austera compagine che l'ha sostituito e dunque la stampa benpensante non ha niente da eccepire. Eppure dei tecnici che falliscono proprio sul terreno che dovrebbe essergli più congeniale si commentano da soli. Li chiamereste a riparare l'impianto di riscaldamento se fossero idraulici, a progettare la vostra casa se fossero architetti? Certamente no. Al governo invece possono, anzi «debbono» restare: l'ha deciso l'Europa, lo proclama tutti i giorni Casini, lo vogliono a Cernobbio, ce lo chiede la banca e non dispiace alla Curia.

E tuttavia i numeri sono numeri. E le smentite sono smentite, tanto più pesanti in virtù dei tempi brevi dell'«aggiornamento» a cui il governo è stato costretto. Quando il trucco non basta, questo il titolo del nostro articolo di commento al Def del 20 aprile scorso. In cinque mesi hanno dovuto darci ragione, anche se naturalmente non ammetteranno mai di avere imbrogliato le carte al momento delle previsioni di primavera.

Il fatto è che le cifre sono davvero impietose, meglio darle allora a puntate e sempre il più tardi possibile. Siamo così arrivati all'«aggiustamento» del 20 settembre, di cui ci occuperemo in questo articolo. Ad aprile il Pil 2012 veniva previsto a -1,2%, oggi siamo ad una previsione del -2,4%, una flessione doppia di quella precedentemente indicata. E per il 2013? Ecco, per l'anno in cui Monti vede la «luce in fondo al tunnel», ora il governo prevede un -0,2% (era un + 0,5% ad aprile). Ovviamente le cose andranno assai peggio, e già il Centro studi di Confindustria prevede un -0,5%. Può sembrare poco, ma si tratta pur sempre di una flessione su un anno (il 2012) di pesante recessione.

Enormi le ripercussioni sul piano occupazionale. Qui i dati del Def danno questa progressione del tasso di disoccupazione: 8,4% nel 2011, 10,8% quest'anno, 11,4% nel 2013. Sappiamo tutti come questi dati siano sottostimati, ma l'incremento dei disoccupati «ufficiali» è comunque netto (+ 35,7% in 3 anni!). Tanto per dare un'idea, Confindustria ha valutato l'aumento dei disoccupati nell'ultimo anno in 758.000 unità.

Non vanno meglio le cose per quanto riguarda il debito pubblico, la cui riduzione era lamission di questa banda di tecnocrati. Indebitamento, interessi e debito sono ora previsti su livelli assai più alti di quelli azzardati ad aprile.



Cominciamo con l'indebitamento, cioè con il deficit annuo espresso in rapporto al Pil. La previsione iniziale per l'anno in corso dava un -1,7%, che viene elevato ora ad un -2,6%, per il 2013 si passa da un -0,5% ad un -1,6%, per il 2014 si corregge il -0,1% in un -1,5%, ed una correzione analoga (da 0,0 a -1,4%) viene effettuata per il 2015. Ora, sappiamo quanto poco valgono le previsioni in economia, ma proprio per questo la modifica in negativo anche per i prossimi anni assume un significato ancora maggiore. E' noto infatti come le previsioni - specie quelle governative - tendano sempre a volgere verso l'ottimismo mano a mano che ci si spinge in avanti con gli anni. Insomma, il futuro delle previsioni è in genere abbastanza roseo, tanto poi nessuno si ricorderà di quel che era stato previsto anni prima.

Perché questo peggioramento nei conti? Ecco la spiegazione posta a premessa nel documento del governo: «Dalla presentazione del Documento di Economia e Finanza nel mese di aprile lo scenario macroeconomico si è ulteriormente deteriorato a seguito dell’acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato il contesto dell’area dell’euro, e soltanto di recente sembra esserci una svolta in termini di stabilità finanziaria che dovrebbe portare, sia pur con un inevitabile ritardo, anche ad una migliore performance dell’economia».

Una spiegazione esemplare. Le cose vanno male perché vanno male (hanno scoperto la crisi dell'euro solo dopo aprile?), ma ora grazie a San Draghi dovrebbero andare meglio. Non chiedeteci di più, perché noi tecnici siamo ed allo stellone ci aggrappiamo...

Ovviamente il peggioramento dei conti risente del maggior calo del Pil, un dato prevedibilissimo che avevano voluto occultare a tutti i costi. Ma risente anche del peso maggiore degli interessi, e qui il fallimento del tecno-governo Monti non è in alcun modo mascherabile. Vediamo i dati. Il peso degli interessi (sempre espresso come percentuale del Pil) è ora previsto con la seguente progressione (tra parentesi la previsione di aprile): 5,5% nel 2012 (5,3%), 5,6% nel 2013 (5,4%), 6,0% nel 2014 (5,6%), 6,3% nel 2015 (5,8%).

Possono sembrare piccoli scostamenti, peccato che tradotti in moneta corrente corrispondano ad un aggravio aggiuntivo di oltre 20 miliardi in quattro anni. Ma per avere un'idea più precisa della dinamica degli interessi, è opportuno soffermarsi sulla sequenza degli importi passati e di quelli attesi per il futuro espressi in euro: nel 2010 lo Stato ha pagato 71,122 miliardi, saliti nel 2011 a 78,021 miliardi, che diventeranno 86,119 nel 2012, 89,243 nel 2013, 96,971 nel 2014, 105,394 nel 2015. Che è come dire che si prevede un aumento del costo degli interessi sul debito del 48% in cinque anni. Un dato enorme, che resta tale anche dopo averlo depurato dall'inflazione.

E' sostenibile un peso del genere? E' ammissibile che il paese si dissangui per foraggiare l'usura delle banche e dei fondi di investimento? Ovviamente no. E non è solo un fatto etico, è anche un'evidenza economica. Chi continua a negarla o è cieco o sappiamo da che parte sta.

L'insostenibilità della situazione - insieme alla pittoresca approssimazione dei tecnocrati al governo - risulta ancora più chiara dall'aggiustamento delle previsioni sull'ammontare dello stock del debito, sia in rapporto al Pil che in cifra assoluta. Vediamo intanto la sequenza del rapporto debito/Pil, sempre con le previsioni di aprile tra parentesi: 126,4% nel 2012 (123,4%), 127,1% nel 2013 (121,5%), 125,1% nel 2014 (118,2%), 122,9% nel 2015 (114,4%).

Anche ammettendo che il lento calo che viene previsto a partire dal 2014 si realizzi - ed in merito è più che lecito essere alquanto dubbiosi - resta il gigantesco differenziale tra i dati di aprile e quelli di settembre. Un differenziale che al 2015 ammonterebbe a ben otto punti e mezzo, che calcolati su un Pil previsto di 1.680 miliardi, ci da una differenza di 142,8 miliardi di euro. Come si vede un'inezia, un piccolo errore di previsione. E per fortuna che sono tecnici!

Per chi non ama le percentuali, ecco la sequenza 2010-2015 in cifra: il debito ammontava a 1.851 miliardi nel 2010, saliti a 1.907 nel 2011 e a 1.976 nel 2012, previsti a quota 2.010 nel 2013, a 2.038 nel 2014, ed infine a 2.065 nel 2015.

E qui potremmo fermarci. I numeri del disastro sono chiari. Del resto, basta vivere fuori dal Palazzo e frequentare gente normale per sapere che la disoccupazione aumenta, che milioni di persone non ce la fanno proprio più, che la povertà cresce insieme all'insicurezza.

Manovre di rientro dal debito pubblico: le loro
previsioni (clicca per ingrandire)

Ma ci sono ancora alcuni dati del Def che meritano di essere sottolineati. Esaminando il periodo 2010-2015 forte è l'aumento della pressione fiscale. Le imposte dirette passeranno da 226 a 252 miliardi di euro, quelle indirette aumenteranno da 217 a 262 miliardi. Le entrate totali (che includono i contributi sociali) saliranno così da 723 ad 821 miliardi. Eppure, come abbiamo visto, questo forte incremento non servirà a niente.

E non serviranno neppure i tagli. Tra questi segnaliamo quello del monte delle retribuzioni del pubblico impiego che passerà da 172 a 166 miliardi, e quello dei cosiddetti «consumi intermedi» (che riguarda principalmente il settore della sanità), destinato a scendere da 136 a 131 miliardi.

Tutto ciò non basterà per due motivi: perché la recessione è e sarà ben più grave e prolungata del previsto, perché i tassi di interesse (al di là di qualche temporanea discesa, sempre di breve periodo) sono destinati a rimanere alti.

I numeri della «Nota di aggiustamento», benché come sempre edulcorati, questo ci dicono. Quello compiuto dal governo Monti è dunque un autentico disastro, altro che «luce in fondo al tunnel». Esattori al servizio di potenti usurai, hanno svolto al meglio il loro sporco lavoro. Che si pensi di lasciarli al loro posto anche nella prossima legislatura - o che comunque si voglia blindare il futuro governo in modo da assicurarsi che la devastazione non resti incompiuta - è il segno di un sistema arrivato alla frutta, di un blocco dominante preso solo dall'interesse immediato, di una classe dirigente pronta a consegnare ogni residua sovranità ai tecnocrati europei.

Per quanto potrà durare ancora?

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