lunedì 22 ottobre 2012

Diritto alla casa cercasi disperatamente di Ilaria Donato, Micromega

La chiamano “morosità incolpevole” e determina circa il 90 per cento degli sfratti: secondo i dati del Ministero dell’Interno, 63mila in tutt’Italia nel 2011, di cui quasi 13mila in Lombardia – detentrice del triste primato – a seguire Lazio, Emilia e Piemonte. Parla di un’Italia sotto sfratto l’Espresso di questa settimana e senza giri di parole: una bomba sociale.
Morosità incolpevole perché lo stipendio non arriva, e quando arriva è troppo tardi. Perché è causata da un drastico abbassamento del reddito. Incolpevole perché le aziende chiudono e se sei “fortunato” vai in cassa integrazione, altrimenti, niente lavoro, zero reddito. Perché qui non si tratta di tagliare le spese superflue, di vivere con poco e di farselo bastare. Qui si affronta il tema cruciale: la sottrazione di un diritto, la risposta un bisogno primario: cosa c’è di più irrinunciabile della casa? E di più antidemocratico dei suoi prezzi inaccessibili ai cittadini? E di più iniquo di politiche abitative che invece di tutelare il diritto alla casa, sembrano inseguire le logiche di costruttori e immobiliaristi.
Alcuni mesi fa, Anna ha rischiato di perdere il lavoro: Anna è una ragazza madre e lavora per una cooperativa sociale. Il massimo che ha potuto ottenere è stato un magro part-time. Cinquecento euro al mese che a malapena possono garantire a lei e a sua figlia di fare la spesa e pagare le bollette: chi avrebbe pagato al posto suo l’affitto di seicentocinquanta euro mensili, per vivere nel bilocale dell’estrema periferia romana? Ne parla con la proprietaria: una giovane donna, mamma anche lei, con uno stipendio medio con cui tirare avanti e senza altre rendite: lei le propone di pagare metà canone fino a quando non si fosse trovato un alloggio più economico. Oppure un altro lavoro. Anna mi dice: “Sono una donna fortunata”. Non aggiunge altro.
Marta e Vincenzo stanno insieme: Marta ha perso il lavoro e campa di collaborazioni che vanno e vengono. Vincenzo ha un posto stabile ma da un anno a questa parte è pagato in ritardo. Intanto le bollette scadono, il pagamento dell’affitto si arretra sempre più e la situazione precipita: chiedono aiuto alle famiglie d’origine e quando possono, pagano anche due mensilità alla volta: “Per dare un segnale della nostra volontà di assolvere tutti i nostri impegni”.
“Il proprietario di casa era un amico di Vincenzo”, mi racconta Marta: “Sulle prime, ci ha detto che non occorreva che pagassimo mezza mensilità, come ci eravamo offerti di fare per non accumulare troppo debito, poi, questa situazione probabilmente non gli è andata più bene, e dopo alcuni mesi, ci ha inviato una raccomandata con cui minacciava cause legali se non avessimo saldato le rate mancanti, e ci avvisava della rescissione del contratto”. La spiegazione era che avrebbe aumentato il canone.
“Molti amici si sarebbero comportati diversamente”, prosegue, “ma questo non conta: è tutto legittimo dal punto di vista del proprietario di casa. Restano però una terribile rabbia e tanta amarezza: lui percepisce uno stipendio d’oro, circa 8mila euro al mese, in quanto funzionario statale, ha almeno tre case di proprietà e dorme certamente sonni tranquilli: alla fine abbiamo dovuto firmare delle cambiali per rassicurarlo sulla nostra volontà di pagare i nostri debiti. La nostra parola non valeva più nulla”.
Ora Marta e Vincenzo vivono in un’altra casa, e faticosamente provano ad andare avanti.
Estendere le tutele a chi ha difficoltà a pagare un mutuo o l’affitto di casa sarebbe dovuto essere un atto obbligato, quando ancora la crisi era sul nascere: e invece si tagliano i fondi destinati all’emergenza abitativa e non si fa nulla per bloccare gli sfratti. Chi pagherà il prezzo dei morti e dei feriti rimasti senza un tetto dove stare? Chi pagherà per tutti i morti e i feriti sparsi per strada e privi di protezione?

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua