domenica 18 novembre 2012

I candidati e gli incazzati di Fabrizio Tassi, Micromega

A Bersani è sembrata una festa. A noi una veglia funebre. E potremmo chiuderla qui. Punti di vista diversi. Diverse aspettative: lui temeva una discussione vera, noi ce la auguravamo. Non ci sarebbe altro da dire, in effetti. In fondo dicevano già tutto – con la forza propria dei simboli – i nomi evocati nel nuovo pantheon del centrosinistra post-berlusconiano: un tale concentrato di buonismo faziano, di mimetismo elettorale, di paraculaggine, non l’avevamo visto neanche quando i politici andavano a “C’è posta per te” (ci vanno ancora? boh). Alcuni, rispondendo, avevano la stessa espressione ispirata e soddisfatta del concorrente che indovina la risposta giusta mentre Gerry Scotti gli dice “sicuro? la accendiamo?” (c’è ancora Gerry Scotti? boh).
Non avremmo aggiunto niente a quello che i candidati alle primarie avevano non-detto da soli, se ieri in tv, su internet, in giro per l’Europa, non avessimo visto quelle immagini: le manifestazioni, le proteste, gli scontri, tutta quella gente convinta che la politica dell’austerità sia un equivoco, se non proprio una truffa. La giostra mediatica funziona così. Un giorno in tv ci sono i nostri educati e ingessati aspiranti Obama e Kennedy e Clinton. Il giorno dopo ci sono scontri e devastazioni (più fotogeniche dei discorsi che ci stanno dietro, non c’è confronto tra una vetrina distrutta, un ragazzo incappucciato o una riflessione di Landini) a ricordarci che non viviamo nel migliore dei mondi possibili, nonostante il piano di salvataggio della Grecia, il saggio Mario Draghi, l’intelligente Mario Monti, l’inimitabile Giorgio Napolitano e la felice prospettiva di essere governati dal Responsabile e Rassicurante Pierluigi Bersani.
Mettete insieme quelle immagini: i candidati e gli incazzati. Guardatele una accanto all’altra. Non è solo banale indignazione o ironia in stile ashtag #csxfactor. Non è superficiale adesione alla piazza perché ci piace il casino e la protesta a prescindere. Prendete la rabbia che cova, lo sbandamento, il dramma sociale, la mancanza di risposte e di prospettive (e tutte quelle altre cose che di solito vengono liquidate con qualche numero o percentuale, per valutare costi e benefici di questo o quel provvedimento) e confrontatela con la professionale sollecitudine con cui i candidati hanno evitato di parlare della politica dell’austerità o dell’agenda Monti (roba noiosa, è vero). Per non parlare della mancanza di qualsiasi riflessione sul Ventennio berlusconiano e sulle cose che il centrosinistra avrebbe dovuto o potuto fare, quando era opposizione e quando è stato maggioranza: non ci si aspettava una resa dei conti in diretta, ma neanche quella fastidiosa sensazione di assenza di gravità, come fossero tutti sospesi da qualche parte su Marte, dove non arrivano i quotidiani italiani. Magari è solo colpa del contesto. Avevamo già Mister Spread che ci dice quando, cosa e come tagliare, per essere all’altezza delle aspettative del Mercato. Ora c’è anche Mister Format che ci spiega cosa dire e come dirlo, perché ci vuole una misura anglosassone anche nella pantomima della libera concorrenza politica paritaria.
Lo so cosa diranno i sostenitori di Vendola: che lui ha provato, ha detto, ha evocato, e comunque c’è il programma che parla… Sì, parla di un candidato che punta a superare il 15% alle primarie per contare un pochino di più nel prossimo centrosinistra in cui ci sarà anche Casini o chissà cos’altro. Vendola, convinto oppositore di Monti eppure co-firmatario di una carta di intenti che non lo rinnega affatto, sta facendo un buon servizio alla “causa”?
Per non parlare del coro di giubilo indirizzato alla saggezza del buon Bersani, la sua concretezza matura, la sua consapevolezza di avere a che fare con le cose della vita e della politica, che sono per loro natura ambigue, difficili, delicate, mica roba per massimalisti come noi. Ormai la politica è una questione di estetica. Ci faceva schifo il padre-padrone buffone, volgare, edonista, populista? Qualsiasi cosa oggi ci appaia discreto, responsabile, serio, ci sembra una manna dal cielo, anche se non potrà mai risolvere i problemi causati dal padrone di prima, svolti in provvedimenti (o scelte mancate) dal governo che è venuto dopo e l’ha commissariato (ma con le buone maniere). E tutti orgogliosi, finalmente, di far parte di questo centrosinistra. Perché non urlano, non litigano e stanno dentro i limiti stabiliti dal Format. Queste sì che sono soddisfazioni. Poi non dicono quasi niente, ma fa lo stesso.
Ma cosa diavolo potrà mai fare un Vendola in un governo Bersani-Casini, che non abbiamo già visto ai tempi dei vertici tra Prodi, Mastella, Diliberto e Pecoraro Scanio? E se non vogliamo discutere di economia, vogliamo parlare allora della fine che faranno le battaglie per i diritti civili, il testamento biologico, il matrimonio omosessuale, la fecondazione assistita? Viene già la pelle d’oca. Ma poi magari vince davvero Renzi, che Casini lo usa solo per fare i giochi di parole (me lo immagino mentre prova davanti allo specchio) e che darà finalmente all’Italia un partito moderno moderato riformista liberale meritocratico laico & cattolico, vagamente di centrosinistra ma che non disdegna le buone ragioni del centrodestra, nemico della burocrazia statalista e dell’intellighenzia partitocratica. Toh. Un po’ come avere insieme Blair, la Merkel, Bill Clinton e Cameron, però con un po’ di Grillo e anche di Veltroni, così recuperiamo il tempo congelato in questi anni dal nulla berlusconiano e dal fantasma del Pd e della sinistra italiana. Dopo di che, quando saremo una nazione normalizzata, potremo tornare a fare sul serio. A parte tutto, in effetti, c’è poco da ridere. Ipotesi quartopolista, se ci sei batti un colpo!

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