sabato 17 novembre 2012

I figli d’Europa di Roberto Musacchio



Era mezzanotte  tra il 13 e il 14 quando sul mio facebook è apparsa la prima foto dei primi cortei che, di notte, davano il via a Madrid al lungo giorno dello sciopero europeo. Volti di ragazzi, di quel movimento straordinario che da più di un anno è protagonista di una lotta contro quella logica della austerità che era già iniziata con la decadenza di Zapatero e si è fatta poi durissima con la destra al potere.
E sono i volti dei ragazzi e delle ragazze che mi porto dentro da quando, dopo aver partecipato al corteo della Cgil, grande ma con quel non so che di irrisolto che viene dal manifestare senza avere una piattaforma chiara in testa, sono andato a vedere sfilare quello degli studenti medi. Una vera marea di volti e corpi, stretti  stretti   l’un con l’altra, che davano un senso di voglia e forza, di vita ancor prima che politica, che pure era tanta.
Scandivano “Tutti insieme famo paura “ che lungi dall’essere una minaccia era lo scoprire che, appunto, tutti insieme potevano esprimere la forza che viene dal voler rovesciare una situazione assurda, quella per cui questa Europa invece che aiutare i propri figli ad essere i primi veri figli di una nuova madre comune, li sta privando di ogni idea di futuro.  Quasi niente bandiere ma, come dicevo, corpi e volti. Uno striscione, scritto a mano, che diceva “ chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”. E poi il richiamo continuo ad andare con loro.
E’ per l’eco di quel richiamo e l’immagine di quei volti che non riesco a darmi pace che ancora una volta abbiano dovuto incontrare un potere assurdo che ha picchiato i loro corpi e le loro anime. E che ancora oggi si picchi su di loro con  frasi ed articoli che se solo si guarda in faccia quei figli nostri non dovrebbero poter essere pronunciate e scritti. E cresce in me un’ansia nuova che è quella che questa volta non trovino risposte, interlocuzioni in una politica che sembra essere sempre più ridotta a misere maschere di cera. Semplicemente, se la sinistra non saprà ripartire da loro non avrà più nessun senso. E’, ancor prima che problema di capacità politica, questione di essere in connessione sentimentale, percepire l’innocenza e il rischio di disperazione che c’è in chi viene deprivato di speranze, per oggi e per sempre. Vale per i lavoratori che salgono sulle gru, sempre più spesso lasciati soli, vale per i ragazzi che si riescono a ritrovare in tantissimi ma che qualcuno vorrebbe in preda alla paura, vinti.
In realtà non è una madre, l’Europa, che fa soffrire i suoi figli, ma sono i padri, quelli di un feroce patriarcato tecnocratico che vogliono che cessi quel modello sociale europeo considerato troppo accudente e che si dia luogo alla virilità della feroce logica della globalizzazione liberista. Cui si accede con il durissimo apprendistato della austerità. Questa è la vera scuola che, loro, i padri tecnocrati, vogliono che sostituisca le scuole che furono dette della Repubblica, qualcosa ancor di più che pubbliche, perché scuole di cittadinanza sociale. Queste vanno distrutte dai tagli dell’austerità perché si edifichi la dura scuola della concorrenza totale, del tutti contro tutti.
Questa, d’altronde, è l’Europa sciagurata che stanno edificando, o, meglio, distruggendo. Non si capisce nemmeno perché chiamarla Europa, nome mitico e bello che, come scrive Baumann, parla di un’avventura di civiltà, quando sarebbe il caso di dargli il nome maschile della sua moneta, l’Euro, che si è fatta tirannico custode di ingiustizie che si accrescono invece che ridursi. Questa è la verità che il potere si affanna a negare. In questo Euro chi era ricco si è fatto più ricco, fosse Paese, come la Germania, o classe sociale, e chi era povero si trova ancor peggio. Due anni di austerità hanno sprofondato i Greci e il loro debito, in nome del quale l’austerità è imposta. E ciò vale per gli Spagnoli che debito ne avevano poco ma che sprofondano. E vale per gli Italiani il cui debito cresce con i tecnici al governo mentre diminuiscono i salari e tutto il resto.
E’ perché questa politica è pura follia che il potere si fa violento e reprime le piazze. E cancella, o prova a cancellare, la realtà nell’opinione pubblica avvelenata dai troppi interessi di potere che  attraversano e  inquinano gli stessi mass media.
C’è tanta voglia di reagire. Che però stenta ad incontrare una politica nuova. Anche una sinistra. Come non vedere che non riusciamo a rimettere insieme la nostra gente che loro dividono. Lo sciopero è stato voluto da quel Sud di Europa che più soffre la ferocia dell’austerità. Meno si vede lotta in quei Paesi nordici dove i tecnocrati provano a tenere tutti avvinti in patti corporativi che in realtà servono anche lì solo ai più forti. Eppure anche al recente appuntamento di Firenze più dieci si avvertiva una qualche incomprensione tra Sud e Nord, ad esempio su come il Fiscal Compact sia per il Sud vero e proprio strangolamento senza rimuovere il quale non c’è più democrazia possibile.
Ma non è solo questione di Sud e Nord, è questione di troppa sinistra ormai avvinta nella narrazione liberale, partecipe diretta o complice della sua imposizione. Solo rompendo il recinto, incontrando la rivolta, guardando ai volti di chi era in piazza, la sinistra potrà, come l’Europa, tornare ad essere madre di quei figli d’Europa.

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