lunedì 24 dicembre 2012

Monti, l’Italia non ha bisogno di un “grande vecchio riservista” di Michele Carugi, Il Fatto Quotidiano


Si candida, non si candida; presta il nome a una formazione, non lo presta; scende in campo, non scende; annuncia, non annuncia; tutto e il contrario di tutto per giorni e giorni; illazioni, opinioni di valenti giornalisti, desideri espressi a mezza bocca, in attesa che SuperMario si pronunciasse.
Neppure la tanto attesa conferenza stampa di ieri ha fatto completa chiarezza.
Ha anche precisato: “Non sarò candidato a un particolare collegio, anche dovessi muovermi nella direzione di un impegno politico, perché sono già senatore a vita”.
Insomma, quasi il tutto e il contrario del tutto, in termini reali. Ancorché “tecnico” SuperMario ha fatto sapiente uso di “politichese” che, per me, consiste nel “parlare a Sparta perché Atene intenda”, fare affermazioni che sembrano categoriche ma che in realtà lasciano aperte tutte le soluzioni, evitare di far capire il reale pensiero. Sgombro il campo da possibili equivoci: trovo il “politichese”, nell’accezione che ho descritto, deteriore e particolarmente poco indicato a una situazione quale quella che sta vivendo il paese, che richiederebbe pochi messaggi ma chiarissimi, indicazioni certe che rendano meno incerto e preoccupante il futuro nel quale ci addentriamo con timore anche grazie a quanto ci ha preparato questo Governo e una iniezione di fiducia che inviti a seguire; in una parola: leadership, dote che dalla nostra politica latita ormai da decenni e decenni.
Mi riservo di entrare nei dettagli delle altre affermazioni di Monti – ad esempio quelle sulla sua visione del futuro politico/economico – in un successivo post e soprattutto dopo avere letto la molte volte promessa “agenda” e che sembrerebbe che Monti volesse pubblicare prossimamente sul web.
Per il momento vorrei sottolineare come, appunto in perfetto stile politichese, Monti sembri fingere di non capire che esiste un realtà quotidiana che chiede risposte concrete e se ne frega altamente di considerazioni filosofiche alcune delle quali in stridente contrasto con, appunto, la realtà.
Mi riferisco in particolare all’affermazione di non poter candidarsi in quanto senatore a vita, che mi sembra piuttosto un escamotage per evitare di fare quello che una buona metà del paese gli chiede e cioè di sottoporsi direttamente, con tutto il suo bagaglio di idee – la famosa “agenda Monti” – e con la sua credibilità personale, al vaglio elettorale. Se vuole candidarsi può farlo, basta dimettersi da senatore a vita; la Costituzione non lo impedisce e null’altra ragione, a parte le sue scelte personali – siano esse di convenienza o di proprie valutazioni di opportunità- lo vieta. Non siamo così sprovveduti da accettare per buona una spiegazione che non lo è.
Il progetto di Monti, seppure si deve interpretarlo e non lo si riceve con parole dirette, sembra essere quello, abbastanza chiaro, di mantenere un ruolo da grande vecchio, indisponibile a  metterci direttamente la faccia nelle elezioni, ma che indica la sua disponibilità a essere “chiamato” come salvatore della patria quando ce ne fosse la necessità o meglio, come penso io, quando le alchimie di partiti, partitini e partitelli dovessero consegnare la Nazione all’ingovernabilità.
La pubblicazione di una “agenda Monti,” oltre a una brutta personalizzazione della politica sembra fatta apposta per rinvigorire quel centro rampante che, partendo da un misero 6-7% cumulativo potrebbe arrivare, adottando l’agenda a programma elettorale, a un 15%; non sufficiente per governare ma forse abbastanza per impedire ad altri di farlo; cose da Prima Repubblica che speravamo di poterci dimenticare.
Invece di un “grande vecchio riservista” avremmo bisogno che su un progetto radicale come quello di Monti la nazione potesse decidere in piena coscienza, con dovizia di dettagli, che gli imprenditori, i banchieri, i disoccupati, le casalinghe, gli esodati, i lavoratori dipendenti, gli autonomi, potessero esprimere il proprio voto con la consapevolezza delle proprie scelte qualsiasi esse siano, rigoriste o populiste, recessive o di spesa pubblica, europeiste oppure no. Di maggiore confusione non abbiamo bisogno, non ci servono “unti del signore” né “eroi dell’emergenza” né “suggeritori illuminati” e non possiamo prendere per buone né la sirene nazionali che gorgheggiano : “ o Monti o la rovina” né quelle internazionali, ultimo Van Rompuy, presidente del consiglio UE : “Il prossimo governo italiano non ha altra scelta che continuare le stesse politiche del governo Monti”.
No! Possiamo fare di diverso e forse di meglio ma soprattutto rivendichiamo il diritto a decidere noi cosa fare e ad affidare la guida del paese a chi ce la chiede se ci fornisce buoni motivi per conferirgliela.
Abbiamo già sperimentato per 12 mesi un governo di non eletti; ringraziamo ma vorremmo andare avanti con errori commessi con le nostre mani e non per interposta persona. Almeno questo concedetecelo: se dobbiamo avere il debito e la disoccupazione alle stelle, il mercato immobiliare e i consumi alle stalle e cittadini socialmente dismessi come gli esodati, che almeno possiamo dire a posteriori che “è stato per colpa nostra”. Quindi chi vuole governare e ha delle idee su come farlo, si candidi; come farlo è semplice e chiaro; basta andare a leggersi la costituzione.

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