giovedì 24 gennaio 2013

Cambiare così le pensioni distrutte da Monti. Tutte le proposte di Rifondazione

Sono state depositate un milione di firme per ridare, attraverso un referendum, vigore al contratto nazionale di lavoro, per ripristinare l’articolo 18 e impedire i licenziamenti arbitrari.
Quelle firme rischiano di finire al macero in quanto qualche giorno prima della consegna sono state sciolte le Camere. Ritardare lo scioglimento delle Camere di qualche giorno non avrebbe modificato né l’iter né la data delle elezioni, ma il Presidente della Repubblica per “proteggere” dal referendum i provvedimenti varati dal governo Berlusconi e dal governo Monti ha offeso la democrazia mettendo a tacere un milione di cittadini.
Napolitano è stato il regista della nascita del governo Monti in ossequio ai poteri forti (Finanza) che predominano a Bruxelles, nominando a senatore a vita un “funzionario” del gotha finanziario, incaricandolo di formare il governo per poi avallanrne ogni provvedimento. Ha permesso un uso dissennato di decreti legge e voti di fiducia, è intervenuto sul Parlamento e sull’opinione pubblica con continue omelie, moniti ed esternazioni come fossimo una repubblica presidenziale.
Il Presidente della Repubblica ha persino firmato la legge Fornero sulle pensioni che fa strame dei diritti acquisiti, che permette allo Stato di appropriarsi dei contributi versati (quote di salario) dai lavoratori e dalle lavoratrici e creato drammi come quello degli esodati: una legge al limite della costituzionalità.
Nella prossima legislatura va riaperta la discussione sulle pensioni e sul mercato del lavoro per sanare i guasti provocati dalle leggi del governo Monti, se si vuole diminuire la disoccupazione e salvare il sistema pensionistico pubblico, solidale e universale. Un sistema che nasce e vive nel rapporto di lavoro e di fatto ne è l’altra faccia.
Nessuno nega che nel sistema pensionistico vi siano iniquità, che si debba tener conto dei cambiamenti del mercato del lavoro, dei sistemi di produzione, dell’allungamento della vita media, delle esigenze (qualità della vita) degli odierni pensionati e di quelli futuri. Ad esempio lor signori insistono sulla flessibilità dell’orario di lavoro, anzi la impongono, ma analoga flessibilità è negata per l’età che da diritto alla pensione.
Che dire poi del prelievo, in due anni, mediamente di 1.000 €uro sulle pensioni superiori a 1.204 €uro al mese, taglio che determina un’analoga diminuzione della pensione per tutta la vita? E si potrebbe continuare: i sistemi di calcolo, gli esodati, l’età e la quantità di contributi versati per il diritto alla pensione…
Noi del Prc, che coerentemente e con determinazione ci siamo opposti, spesso da soli, alle cosiddette “riforme” delle pensioni che sono state varate dal 1992 in poi, abbiamo ripetutamente avanzato precise proposte che da un lato garantiscono il sistema sul piano finanziario e dall’altro una vecchiaia dignitosa agli anziani.
Le riassumo in sintesi:
1) Liberare il sistema pensionistico da ogni onere assistenziale, quale la riduzione di contributi a vantaggio delle aziende e delle prestazioni di natura assistenziale. Portare la contribuzione da versare ad ogni fondo allo stesso livello di quello dei lavoratori dipendenti. Mettere un tetto all’assegno pensionistico che in ogni caso non dovrebbe superare dieci volte quello minimo, circa 5.000 euro mensili.
2) Istituire un unico ente previdenziale diviso in quattro grandi comparti : lavoro dipendente privato e pubblico, lavoro autonomo, professioni, previdenza integrativa. Regole (diritti e doveri) uguali per tutti : aliquote contributive, età per il diritto alla pensione, sistemi di calcolo, misure che riconoscano riduzioni di età alle lavoratrici.
3) Stabilire che, con 15 anni di contributi (compresi quelli figurativi), si accede ad un minimo di pensione di euro 800 mensili, annualmente rivalutabili. Partendo dalla base degli 800 euro sommare il rendimento dei restanti contributi. Questa ipotesi attenuerebbe la negatività del sistema di calcolo retributivo.
4) Fissare un’età minima a 60 anni per il diritto alla pensione, salvo scelte individuali di rimanere al lavoro. Confermare i 40 anni di contributi, anche se figurativi, per il diritto alla pensione di anzianità. Una riduzione di età non solo per i lavori usuranti ma per quelli disagiati, pesanti, alienanti: ad esempio edilizia, agricoltura, asili nido …ed ampliare la tabella dei lavori usuranti.
5) Ripristinare la indicizzazione della pensione sulla base di uno specifico paniere più vicino alle esigenze degli anziani e periodica rivalutazione degli importi pensionistici agli andamenti salariali.
6) Costituire un fondo per la Previdenza integrativa gestito dall’ Inps con garanzia che quanto viene versato a qualsiasi titolo non è soggetto agli andamenti dei mercati finanziari ed in ogni caso garantisce un rendimento minimo; prevedere la possibilità di unificare quanto versato al fondo integrativo con il monte contributivo e ottenere un unico assegno pensionistico; avviare la confluenza dei fondi di previdenza integrativa di origine contrattuale nel fondo Inps.
7) Garantire agli immigrati la possibilità di utilizzare i contributi versati in Italia o nei loro paesi di origine.
È questa una proposta organica che non crea problemi finanziari e che non pesa sul bilancio dello Stato, ma che contiene elementi di solidarietà, che rafforza e rende universale il sistema pensionistico pubblico, che riafferma il rapporto diretto tra salario e pensione e soprattutto rinsalda l’unità tra le generazioni.
di Sante Moretti, Liberazione.it

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