martedì 18 giugno 2013

GRILLODEMOCRACY

Se i grillini smettono di essere grillini

di Giuliano Santoro, Micromega

Il caso della senatrice Adele Gambaro, che rischia l’epurazione dal Movimento 5 Stelle per aver criticato Grillo, arriva dopo il crollo di consensi alle ultime amministrative e dopo settimane di presenza in parlamento dei deputati del M5s. Alcuni di questi hanno potuto rendersi conto della complessità della vicenda, conoscere i loro colleghi eletti in altri luoghi e forse realizzare de facto quella assemblea nazionale del Movimento che era vietatissima. Ciò è servito a molti per uscire dalla visione semplicistica e per questo trascinante di Grillo. 
Siamo alle solite, dunque? No, perché la situazione di questi giorni ha una sua specificità. In questo caso non si contesta alla senatrice ligure di aver violato il regolamento. La si accusa solo di aver contestato il Capo. Finora, anche se strumentalmente si tiravano in ballo gli articoli (vaghi e variamente interpretabili) del “Non-Statuto” o le norme di condotta dei gruppi parlamentari. Adesso si processano direttamente le posizioni espresse.
Non si tratta “solo” di democrazia interna, ma della struttura del M5s e della sua logica profonda. Grillo e Casaleggio, con la retorica della “gente comune” e la scusa della critica alle organizzazioni politiche, hanno portato in Parlamento soprattutto individui atomizzati e quindi deboli di fronte al Capo. Non ci troviamo di fronte a cittadini espressione di interessi collettivi, che traggono forza dai territori e dal loro ambito di riferimento.
Da questo punto di vista, lo slogan “Uno vale Uno” è davvero inquietante: significa che tutti i grillini sono individui e restano tali. La Rete, nella mistica di Casaleggio, è una macchina che premia il merito e la competenza, che garantisce il vero “libero mercato”. E che realizza il sogno di ogni potente: essere in diretta connessione con il cittadino. Senza che questo si organizzi in corpi collettivi.
Il paradosso è che per certi versi Grillo ha ragione: come reso evidente dal flop al voto locale, i voti li aveva presi lui e non i suoi deputati, che erano stati scelti da una consultazione interna al M5s cui hanno partecipato poche centinaia di persone, e neanche il fantomatico “programma”, che secondo i più ottimisti stava lì a dimostrare che i grillini erano “di sinistra”. I parlamentari pentastellati nella maggioranza dei casi sono totalmente sconosciuti anche ai loro concittadini, non hanno radicamento locale.
Per di più, ieri il sindaco di Parma Federico Pizzarotti è stato contestato dall’Assemblea No Inceneritore, che si è aggregata attorno ai tanti che non vogliono aderire alla “partecipazione embedded” messa in piedi dall’amministrazione grillina.
Questo spiega come mai i grillini si sono blindati dentro al Parlamento, non hanno mai provato a costruire forme di relazione tra piazze vive e realmente plurali (non comizi-spettacoli del Capo) e Palazzo. Grillo ha mostrato in più occasioni di avere il terrore dei conflitti sociali. Spesso e volentieri dice: “Se non ci fossi io la gente si ribellerebbe”. E invece, grazie a lui, la “rivoluzione” e il “cambiamento” vengono continuamente evocati, simulati, ridotti a feticci: in fin dei conti svuotati. Per ottenere questo risultato, Grillo deve tenere sempre serrate le fila dei suoi, agitare nemici esterni e alzare il livello dello scontro virtuale e comunicativo. Anche a costo di perdere pezzi.
Il M5s federa umori e interessi di gente diversa e spesso inconciliabile. Ciò implica che possa muoversi solo nella rappresentazione gestita dal Capo, non nelle dinamiche concrete, che siano quelle di palazzo dei partiti o quelle di piazza dei movimenti.
Nel momento in cui ciò avviene, il M5s diventa  un’altra cosa. Stava succedendo nella timida e impacciata relazione con Stefano Rodotà all’indomani della nomination alle Quirinarie, un dialogo raccolto con furore da Beppe. Accade nello spazio limitato dei (davvero pochi) contesti locali in cui i grillini accettano di confrontarsi da pari a pari.
La prima condizione affinché i grillini comincino a muoversi su un piano reale, prendendo decisioni e facendo scelte che oltrepassino gli scontrini o gli slogan sulla Casta e che riguardino interessi materiali e non virtuali, è che il M5s si scinda, che questi riescano a fuggire dal set del Truman Show che è stato allestito a uso e consumo del Capo. Perché è sempre più evidente: quello show è pensato per produrre spettatori, al massimo per portare in scena comprimari e caratteristi. E invece c’è bisogno di protagonisti.

M5S: viva lo streaming, a morte lo streaming 

La diretta streaming. Quante volte in questi mesi ne abbiamo sentito parlare? Lanciata come una innovazione in nome della trasparenza, la diretta streaming è diventata oggetto di discussione e confronto sulla sua utilità, sull'innesto democratico che conferirebbe alle istituzioni, sulla volontà generale di sapere cosa avviene in quelle stanze che - stando alle motivazioni del M5S - per anni non ci è stato detto.
E devo dire che nelle prime settimane ho anche abbracciato l'idea che le dirette potessero funzionare. Ma mi sono bastati pochi mesi per comprendere che l'atto di Grillo e del M5S nel rendere trasparenti le istituzioni, nel far diventare il parlamento una "casa di vetro" è poco più dell'ennesima mossa propagandistica.
Oggi in molti hanno atteso la diretta del "processo" - passatemi il termine - alla senatrice Gambaro, colpevole di aver espresso le proprie opinioni su Grillo e di averlo richiamato ad abbassare i toni e ad ascoltare il dissenso all'interno del moVimento.
La diretta streaming dell'assemblea congiunta dei deputati e senatori 5 Stelle è però stata annullata.
Subito dopo la notizia la mia mente è andata alle prime settimane di incarico e alla consultazioni di Bersani quando l'ex segretario del PD si è dovuto "piegare" alla richiesta insistente, da parte dei 5 Stelle, di dover trasmettere l'incontro con i capigruppo del moVimento in diretta streaming. Fu un momento imbarazzante in alcuni passaggi, ma che nella fattispecie fece pensare che forse l'uso delle dirette non era poi così male.
Ma dopo l'annullamento del "processo" di oggi è quantomeno opportuno tirare le somme sull'uso propagandistico che il M5S ha fatto e fa delle famose dirette streaming.
Sono - e credo di poter dire siamo - un po' stufi di questo streaming ad intermittenza che arriva dai 5 Stelle. Ci fanno vedere le riunioni con Bersani e con Letta, ci fanno vedere le interminabili discussioni sugli scontrini, ma quando si discute su ciò che effettivamente riguarda gli elettori dei 5 Stelle, ovvero la possibilità democratica di dissenso interno, di poter esprimere la propria opinione circa le posizioni da affrontare su temi, o - come è successo oggi - di poter giudicare una senatrice sulle sue posizioni nei confronti del leader Grillo, la famosa linea della "casa di vetro" sparisce annullando in un colpo solo tutte le chiacchiere fatte in questi anni sull'uso delle tecnologie in politica.
L'unico vero atto rivoluzionario compiuto dal M5S è stata la rinuncia al finanziamento pubblico, dopodiché ci hanno fatto assistere ad una serie infinita di vecchi luoghi comuni, dalle spaccature alla votazione per i capigruppo al processo ai compagni che sbagliano, come in Italia non si vedeva dai tempi della commissione disciplinare del PCI.
Diciamola tutta, siamo davanti ad una casa dai vetri fumè, dove la trasparenza è ad uso e consumo del M5S, dove il peccato originale è che a parlare male pubblicamente di Grillo si commette abiura, ci si espone al pubblico ludibrio degli aguzzini del blog, pronti a scattare non appena il comico ligure mostra il pollice verso.

 


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