giovedì 12 settembre 2013

Ritratto di piddini in un interno - di ilsimplicissimus


psicoterapia_terapia_gruppoLi capisco i piddini alla giunta del Senato, alle prese con il problema Berlusconi: ipnotizzati dalla finezza giuridica dell’ex picchiatore Augello, bombardati dai messaggi di Napolitano sulla necessità di salvare il governo che magari non ha fatto nulla, ma con valoroso sprezzo della realtà annuncia da due mesi la ripresa, timorosi di possibili elezioni, sedotti per natura dai taciti connubi, è difficile andare dritti per la propria strada.
Ancora più difficile quando si rendono conto che quella strada corre parallela al viale privato di paron Silvio: la signora Boldrini si inalbera quando i parlamentari cinquestelle dicono che il Pd è peggio del Pdl nell’assalto alla Costituzione, la considera un’offesa, ma mettiamoci nei panni di queste persone quando immaginano con paura e angoscia un’Italia senza Berlusconi. Cosa diranno al loro elettorato? Come potranno convincerlo a votare per le stesse cose del Cavaliere senza sventolare il pericolo del Cavaliere?
Si li capisco: senza Berlusconi occorrerebbe tornare a far politica, un mestiere dimenticato da tempo, anzi in qualche modo rinnegato visto che hanno svenduto all’Europa e alla finanza molti attrezzi del mestiere, ovvero gli strumenti di governo del bilancio. Quindi alla fine conviene davvero liberarsi di lui? Conviene dedicarsi alla costruzione di nuove prospettive, ritornare nella soffitta dove giacciono i reperti via via abbandonati, conviene battersi per qualcosa e non solo contro qualcuno? Senza Berlusconi che senso ha il Pd, nato proprio per essere il maggior avversario del “principale esponente a lui avverso”? Ed è chiaro che assieme al Pd prenderebbero il volo anche molte poltrone.
Prudenza dunque, somma prudenza almeno fino a che non si sia concretizzato un nuovo, luminoso futuro democristiano di marca letto -renziana in grado di riportare la politica sui ventennali binari del leaderismo “moderno” e inconsistente. Tanto più che da Arcore giunge una muta e straziante supplica “Gridando, rubando/ che male ti fò?. Cogitiamo, pensiamo, leggiamo le carte, prendiamo tempo per una decisione così complicata, perché è evidente che non si tratta di decidere sul Cavaliere, ma su di noi.

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