giovedì 16 gennaio 2014

Al voto, al voto!

I voti non sono tutto. Ecco le simulazioni con i diversi sistemi elettorali

Attraversiamo una situazione paradossale, nella quale il parlamento eletto con una legge incostituzionale vuole intervenire sulla legge divenuta (dopo l'intervento della Consulta) costituzionalmente compatibile; e lo vuol fare aggiungendo meccanismi distorsivi del voto dei cittadini, del tutto analoghi a quelli censurati dalla Corte costituzionale. Distorsivi al punto tale da poter predeterminare l'esito delle votazioni, a seconda di quale sistema si adotta: ammirate lo sfacelo. (vedi sotto)
Bisogna opporsi a tutto questo, e mandare all'aria il progetto di tornare a una qualche forma di maggioritario, manovra che spiana la strada all'attacco finale contro la Carta Costituzionale. Le camere devono essere sciolte al più presto, restituendo voce ai cittadini, che si potranno finalmente esprimere attraverso una legge decente. In questo senso vi invitiamo alla lettura di un ottimo pezzi di Leonardo Mazzei.

LA LEGGE C'È: AL VOTO SUBITO COL PROPORZIONALE (rivolto in particolare agli amici di M5S)

Leonardo Mazzei- 15 gennaio. Il Porcellum non c'è più. Al suo posto abbiamo una legge proporzionale, senza premio di maggioranza.
Si può dunque andare al voto subito con una legge che, sebbene non perfetta (restano infatti le soglie di sbarramento), è comunque la più democratica in vigore dal 1993.
Se il ritorno ad un sistema proporzionale terrorizza i partiti del sistema, non si capisce perché chi vi si oppone non impugni da subito quest'arma potentissima consegnataci dalla sentenza della Corte Costituzionale (nella foto), le cui motivazioni sono state rese pubbliche ieri.
Non torneremo qui nei particolari dei vari sistemi elettorali, limitandoci invece ad un breve ragionamento politico. In sostanza la Consulta ha bocciato l'idea maggioritaria su cui si è fondato per vent'anni il bipolarismo. Secondo questa concezione il voto deve produrre "governabilità" non rappresentanza. La Corte ha invece stabilito che non può esservi distorsione - o perlomeno "distorsione eccessiva" - del principio democratico della rappresentanza.
Certo, le motivazioni di questa sentenza lasciano aperta la porta a nuove distorsioni di quel principio, purché meglio architettate (sistema spagnolo, eccetera). Ma la centralità del concetto di rappresentanza è stata ripristinata.
Naturalmente i principali partiti, il sistema castale dell'attuale nomenclatura, i mezzi di comunicazione al loro servizio con i relativi opinion maker, si sgolano per dire tre cose: che bisogna fare al più presto una nuova legge elettorale, che questa dovrà essere in ogni caso maggioritaria e bipolare, che è proprio questo l'auspicio della Consulta.
Affermazioni non si sa se più arroganti o più false. La falsità sta nel voler ignorare che una legge c'è, ma anche nel forzare a più non posso le argomentazioni della sentenza. Argomentazioni dal nostro punto di vista assai discutibili in alcuni passaggi, ma comunque non forzabili al punto da rendere ora legittimo un nuovo premio di maggioranza che sostituisca quello vecchio (e dichiarato illegittimo) della legge calderoliana.
L'arroganza, sia politica che giuridica, sta nel voler riproporre - addirittura in forma ancor più accentuata - quel sistema maggioritario che ha prodotto un bipolarismo in cui ormai si riconosce soltanto una minoranza degli elettori. Un sistema bocciato clamorosamente alle elezioni del febbraio 2013.
In questa fiera della sfrontatezza, cui partecipano tutte le forze di governo, ma anche il partito berlusconiano, il primo premio va certamente a Matteo Renzi, di cui ci siamo già occupati in un
altro articolo.
Ora, però, è il momento di venire all'opposizione. E cioè al M5S, visto che non possiamo considerare opposizione quella di Sel, un piccolo partito personale dell'amico di Archinà, che da sempre si muove come corrente (per adesso) esterna del Pd.
E' il momento che M5S prenda una posizione chiara. Ci è infatti capitato di sentir dire, ad alcuni suoi esponenti, che solo il ritorno al Mattarellum sarebbe legittimo, in quanto ultima legge elettorale fatta da un parlamento legittimo. E' questo un ragionamento che fa acqua da tutte le parti.
Intanto, come abbiamo
tante volte dimostrato, quello del Mattarellum è un sistema potenzialmente ancor più distorsivo del principio della rappresentanza democratica. In secondo luogo, il criterio della legittimità di questo o quel parlamento ci porterebbe in un ginepraio inestricabile, altro non fosse che per la banale considerazione che anche il Porcellum è stato varato da un parlamento eletto col Mattarellum...
D'altronde, il ritorno al Mattarellum potrebbe avvenire solo ad opera di questo parlamento, che M5S considera illegittimo. Come afferma giustamente Aldo Giannuli sul blog di Beppe Grillo, ogni ipotesi di "reviviscenza" del Mattarellum è infatti esclusa dalla sentenza della Corte, ma non poteva essere altrimenti dato che «la categoria di "reviviscenza" da un punto di vista giuridico non esiste».
Dunque di che parliamo? Da un punto di vista democratico il Mattarellum è anche peggio del Porcellum appena cassato dalla Consulta, la sua reintroduzione potrebbe avvenire solo con l'ennesimo pastrocchio delle forze sistemiche, ed in particolare con un accordo Renzi-Berlusconi. Se reintrodotto, quel sistema - data la forte personalizzazione del voto che comporta - avrebbe il sicuro effetto di falcidiare proprio la rappresentanza parlamentare di M5S. Inoltre, la nuova legge richiederebbe comunque tempo, mentre invece M5S dice giustamente che bisogna mandare a casa questo parlamento il prima possibile.
Occorre allora una posizione chiara e conseguente: tornare a votare subito con la legge appena ridisegnata dalla Corte Costituzionale. Questo intanto toglierebbe di mezzo i parlamentari abusivi, quelli entrati alla Camera ed al Senato solo grazie al premio di maggioranza. Poi costringerebbe le forze politiche a fare i conti con la loro forza reale, non con quella gonfiata dai meccanismi truffaldini del maggioritario.
Sarebbe la vera fine del bipolarismo e l'apertura di una nuova stagione politica, che è poi quel che teme la casta che M5S dice di voler abbattere. L'unica strada per sbaragliare l'attuale classe politica è dunque quella di fare propria la legge così come uscita dalla Consulta, quella legge proporzionale che Renzi, Letta, Berlusconi e Napolitano proprio non vogliono. E non per caso.


I voti non sono tutto. Ecco le simulazioni con i diversi sistemi elettorali
Il "Sindaco d'Italia" premia Renzi, lo spagnolo Grillo e il Mattarellum di Carlo Clericetti, La Repubblica

I voti sono voti, e chi ne prende di più vince le elezioni. O no? Beh, sì e no. Il tipo di sistema elettorale, le sue regole e i suoi meccanismi, giocano un ruolo la cui importanza è insospettabile da chi non sia davvero esperto della materia. Un ruolo decisivo nell'attribuire ai vari partiti e schieramenti un certo numero di parlamentari piuttosto che un altro, con differenze che possono arrivare da più del doppio addirittura al quadruplo.

Lo fa vedere bene un interessante esercizio elaborato dal sito YouTrend che fa capo all'istituto di sondaggi Quorum. Si prendono i risultati delle ultime elezioni, quelle del marzo 2013, e si vede che cosa sarebbe successo, con quegli stessi voti, se fosse stato in vigore ciascuno dei tre sistemi proposti da Matteo Renzi: quello ispirato al sistema spagnolo, il "Mattarellum" modificato o il "Sindaco d'Italia". Ebbene, i risultati sono macroscopicamente diversi e basta un'occhiata per capire come mai sia così difficile trovare un accordo sulla riforma del sistema elettorale.
GUARDA I GRAFICI

Il sistema "alla spagnola" (quello ipotizzato da Renzi non coincide completamente con l'originale) è basato su molte piccole circoscrizioni che eleggono ognuna pochi deputati e sbarramenti del 5% a livello nazionale e del 3% nelle circoscrizioni. Renzi aggiunge un premio di maggioranza del 15%. La simulazione di YouTrend ha diviso l'Italia in circoscrizioni da 4 o 5 seggi (tranne la Val d'Aosta, 1 seggio) che spesso coincidono con le Province. Il risultato è clamoroso: grazie alla migliore distribuzione dei voti e al premio di maggioranza il M5S ottiene di gran lunga il maggior numero di eletti, anche se resta sotto la maggioranza assoluta di 316: ben 290 seggi contro i 179 del Pd e i 150 del Pdl, mentre a tutti gli altri restano poche briciole, 11 seggi in tutto: 6 vanno a Scelta civica, mentre la Lega con il suo 4% è sotto la soglia di sbarramento e rimane fuori.

Tutt'altra musica con il "Mattarellum" modificato (475 collegi uninominali a turno unico, premio di maggioranza di 92 seggi e 10% dei seggi ai partiti minori come "diritto di tribuna"). Considerando le coalizioni ognuna come un'unica lista (data l'aggregazione attorno a un candidato comune), sia centrosinistra che centrodestra superano il M5S che invece è un partito isolato e che paga pesantemente questo fatto: crolla a soli 74 seggi, mentre il centrosinistra ne prende 280 (con il premio di maggioranza) e il centrodestra 212.

Anche con questo sistema, comunque, nessuno ottiene la maggioranza assoluta, che esce fuori solo applicando la terza ipotesi, quella del "Sindaco d'Italia". Se infatti non c'è uno schieramento che raggiunga quella soglia si vota in un secondo turno per il ballottaggio fra le due liste o coalizioni più votate e al vincitore va il 60% dei seggi. In questo caso il Pd avrebbe ottenuto 378 seggi, il M5S 114, il Pdl 97.

E' bene ripetere che in tutte e tre queste ipotesi i voti ottenuti dai vari protagonisti sono gli stessi, e sono quelli effettivamente espressi nelle elezioni dell'anno scorso. Ma, come si vede, il disegno delle circoscrizioni, i meccanismi dello sbarramento, l'eventuale premio di maggioranza e le sue regole e tutte le altre diavolerie tecniche che la fantasia istituzionale è in grado di inventare possono cambiare sostanzialmente il risultato politico che si ottiene. Dopo aver visto questo esercizio, non ci si può più stupire se un accordo per la nuova legge elettorale è tanto difficile da raggiungere.

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