sabato 18 gennaio 2014

Il Pd diventa nipote di Mubarak Di ilsimplicissimus


 
Mi piacerebbe conoscere le tane. Le tane mentali intendo, i ripari tessuti cucendo assieme gli alibi raccolti sul bordo della strada. Mi piacerebbe sapere dov’è finita tutta la gente che vedeva Berlusconi come fumo negli occhi per la democrazia e magari scendeva pure in piazza contro il tycoon. Dove sono quelli che festeggiavano l’uscita del cavaliere giubilato da Palazzo Chigi, che si scandalizzavano per la nipote di Mubarak e le notti di Arcore? Dove sono le donne di se non ora quando? dove sono queli che si stracciavano le vesti per il conflitto di interessi o le leggi ad personam? Dov’è il Pd che ancora in novembre denunciava “la deriva di Berlusconi” come “un pericolo per le istituzioni“?
Ora Silvio entrerà da vincitore morale nella sede del partito ex avversario, siederà in compagnia di Letta zio di fronte alla foto in cui Castro e il Che giocano a golf, messa lì probabilmente da Veltroni a testimoniare che anche i rivoluzionari amano i giochi scemi da ricchi e dentro questa atmosfera , il padrino e il figlioccio Renzi firmeranno un patto elettorale, si daranno da fare per sistemare i loro affari di casta, assicurarsi che nulla cambi in questo Paese che al porcellum segua un qualche altro prodotto suinicolo in grado di confermare l’oligarchia di fatto anche stravolgendone le istituzioni. Cade una finzione e l’annuncio è stato dato in Tv come si conviene a un regime mediatico.
Ma mi chiedo anche in quali tane se stiano nascosti quelli che sono andati a votare il sindaco di Firenze alle primarie. Fingono di non respirare pensando che comunque questo frutterà loro una bella rendita di presenza e di clientela? Si, dico lo scrittorucolo gigione di partito, nato da famiglia strabaricca, pompato e pompante, l’intellettuale da tessera, la gentina da festival delle idee, la cretineria sociale in abito di gala cosa dice? Tanto più che il Renzi come un Calandrino a sua insaputa gli ha già dato  dei coglioni davanti al pubblico delle invasioni barbariche, effettivamente tali, dicendo: “Chi ha votato per me lo ha fatto non perché si è innamorato di me ma lo ha fatto nella logica dell’ultima spiaggia. Hanno detto: proviamo Renzi perché poi ci resta solo il Mago Otelma”.
Oddio non so se sia meglio Otelma o il cartomante di Firenze, la gara è aperta, ma certo grattando la pesante biacca della falsa modestia da infinocchiatore di provincia, è come dire avete votato l’ultima scartina disponibile e siete proprio fessi a presentarmi come l’uomo nuovo, a fingere di credere in un cambiamento reale, a pensare che far casino equivalga a trasformazione. Tanto più che la scartina è disponibile a che cosa? A fare finalmente il patto con il grande nemico che diventa a tutti gli effetti il grande amico dopo essere stato di volta in volta un alleato per necessità e poi un alleato scelto contro ogni cambiamento. E la cosa non viene certo a sorpresa: nel giugno del 2012, l’Espresso ora venduto nel bar di Renzi per suprema volontà del suo editore e per necessità di bilancio di Sorgenia,  riferiva con enfasi e quasi con indignazione il piano segreto del Cavaliere, poi compiutosi e intitolato “la rosa tricolore”: “Un piano in tre mosse. Primo, azzerare l’attuale Pdl, considerato in blocco «non riformabile» insieme a tutti i suoi dirigenti (con un singolare eccezione: Denis Verdini). Secondo, costruire un network di liste di genere (donne, giovani, imprenditori) tutte precedute dal logo “Forza”. E, infine, l’idea più clamorosa: candidare un premier a sorpresa, pescato come nel calcio mercato dalla squadra avversaria: non Luca Cordero di Montezemolo né Corrado Passera né tantomeno il povero Angelino Alfano. Ma il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi, oggi candidato in pectore alle primarie del Pd.”
Alla fine tutto si è realizzato: il Pd è di sinistra come Ruby è la nipote di Mubarak. E Renzi un segretario elegante.

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