lunedì 20 gennaio 2014

La grande rotonda


di Renzo Massarelli
PERUGIA - Pensavamo fosse destinata a diventare una rotonda di fatto, uno spazio verde indefinito, troppo angusto per costruirci sopra e troppo grande per diventare un semplice marciapiede o un salvagente per pedoni distratti. In realtà via Settevalli non è un posto per le persone che vanno a piedi, un po' come succede nelle infinite periferie delle città americane dove la mobilità, dal quartiere di residenza al centro commerciale segue un percorso obbligato assicurato da auto, strade, parcheggio. Però quel terreno senza forma all'incrocio tra tante diverse vie dove tutti corrono cercando di infilare al volo la corsia giusta per andare verso Centova, o l'ospedale o Ponte della Pietra o tornare verso Fontivegge e quindi verso la città compatta e magari in direzione del centro è rimasto per tutti coloro che lo guardano dal finestrino uno spazio di risulta sfuggito alla fitta rete di empori commerciali sino a quando, almeno, è arrivato un distributore di benzina. Questo impianto, però, non ha cancellato il senso di abbandono che suscita questo angolo così singolare della periferia perugina. Un distributore è grande ma lo spazio rimasto vuoto lo è molto di più. Uno spreco, per una zona come quella di via Settevalli, dove si è costruito una specie di villaggio commerciale senza badare ai problemi che la presenza di tanti edifici e, quindi, di tanto traffico, avrebbe creato. Non c'è un posto in tutta la città dove il traffico sia così pericoloso e altrettanto cervellotico dove tutto, in fondo, funziona con la logica della rotonda. Si gira e si rigira seguendo un'infinità di sensi unici rimediati tra le maglie delle cento strade secondarie tracciate sulle due sponde della via principale che non a caso si chiama Settevalli e che si perde, salendo e scendendo, sempre più verso la campagna che, in verità, diventa sempre più bella mano a mano che ci si allontana da Perugia, quasi a riscattare il disastro iniziale.
Beh, adesso ci siamo. La grande rotonda di via Settevalli aspetta ruspe, gru, betoniere, insomma il solito cantiere edile. Ci faranno, manco a dirlo, un centro commerciale, negozi e servizi com'è scritto in due minuscoli cartelli, e così che l'anonimo spazio vuoto tra la declinante collina di Prepo e quella di Sant'Andrea delle Fratte diventerà la prima rotonda senza giardinetti, improbabili opere d'arte, altissimi pali per la luce, ma un'oasi commerciale nel mezzo del traffico più sbrigativo e irriverente della città dove potremo fare i nostri acquisti, come non ci fosse qualche altro posto più a modo dove andare. Spesso, davvero, la fantasia non ha limiti. Questo ennesimo mercato di chissà quali prodotti si costruisce proprio davanti all'Emisfero, uno dei più importanti ipermercati della città, in una zona già congestionata, dove c'è il Policlinico, una Multisala cinematografica non molto lontano, un insieme senza soluzioni di continuità di capannoni di ogni tipo, in un terreno particolarmente infelice dove il traffico scorre come su una pista, a 360 gradi. Il segnale che ci viene da questo esempio irraggiungibile di sfruttamento del territorio è che non c'è ormai più nulla, neanche il più innocente spazio vuoto della città, a potersi considerare in salvo dal pericolo dello sfruttamento immobiliare. Se lo fanno lì, possiamo aspettarci di tutto, ancora, nonostante la crisi del commercio e dell'edilizia e delle tasche vuote di troppe famiglie.
Allora, perché lo fanno? Lo si dovrebbe chiedere a chi queste cose le decide, nel chiuso delle stanze del Palazzo, mentre nello stesso tempo, fuori, la stessa classe politica ci parla ogni giorno di programmi virtuosissimi e di grande modernità. In realtà, è come se la vecchia cultura che ha nutrito così a lungo un modello di sviluppo miope e arretrato non fosse mai sfiorita e continuasse a sopravvivere come un'edera invadente su un albero rinsecchito. E' come se l'aria che respiriamo ogni giorno fosse avvelenata dall'antica doppiezza della politica che parla del nuovo mentre continua a camminare sulle stesse strade consuete e rassicuranti del passato. E' come se si volesse girare all'infinito attorno a una grande rotonda per evitare il rischio di imboccare lo svincolo sbagliato non avendo mai capito qual é quello giusto.

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