giovedì 23 gennaio 2014

Una lista europea contro il fiscal compact



L’appello per Tsipras alla Commissione europea ora ha bisogno della raccolta di firme per la presentazione della candidatura.
Il tempo stringe eccome. Entro la prima decade di aprile vanno pre­sen­tati i sim­boli per le pros­sime euro­pee, e le liste dei can­di­dati con le firme sot­to­scritte una set­ti­mana dopo. Ma non è un’impresa impos­si­bile, se si vuole dare vita a una lista di cit­ta­di­nanza, ovvero «pro­mossa da movi­menti e per­so­na­lità della società civile, auto­noma dagli appa­rati poli­tici» (peral­tro assai fra­gili, visto che par­liamo di quelli della sini­stra radi­cale) come dice l’appello fir­mato, tra gli altri, da Bar­bara Spi­nelli. Le spe­ranze che le regole su quo­rum e firme cam­bino, gra­zie al ricorso pre­sen­tato dagli stessi avvo­cati che hanno sep­pel­lito il vec­chio Por­cel­lum, sono esi­gue, visti gli intenti della ine­dita quanto antica cop­pia Renzi-Berlusconi, espli­ci­tati nella mostruosa riforma elet­to­rale nazionale.
Ciò che può sem­brare un osta­colo, la rac­colta di firme auten­ti­cate, può invece essere l’occasione affin­ché que­sta lista prenda effet­ti­va­mente corpo gra­zie alla pas­sione e all’attivismo di chi inter­preta uno spi­rito demo­cra­tico e di sini­stra lar­ga­mente dif­fuso nel nostro paese, ma male o per nulla rap­pre­sen­tato, e che comun­que tra­va­lica lar­ga­mente i con­fini della sini­stra alternativa.
Non si tratta di con­trap­porre una ine­si­stente purezza della società civile (ter­mine sul cui reale signi­fi­cato il dibat­tito è aperto almeno dai tempi di Gram­sci) al tor­bido cielo della poli­tica, ma di pren­dere atto (e l’indagine di Demos di pochi giorni fa aiuta) che la crisi di cre­di­bi­lità della poli­tica e delle attuali rap­pre­sen­tanze è gene­rale e non rispar­mia nes­suno, nem­meno le buone inten­zioni. Del resto due fal­li­menti elet­to­rali (liste Arco­ba­leno e Ingroia) messi a con­fronto con il suc­cesso — senza pre­ce­denti per ampiezza — nei refe­ren­dum sull’acqua e sul nucleare, devono pure inse­gnare qualcosa.
Per costruire un nuovo spa­zio poli­tico euro­peo non basta la sini­stra radi­cale, che peral­tro, par­ti­co­lar­mente da noi, sconta un ritardo cul­tu­rale evi­dente su que­sto tema. C’è biso­gno di un vasto schie­ra­mento senza pre­giu­di­ziali ideo­lo­gi­che, ma costruito su un pre­ciso pro­filo pro­gram­ma­tico in favore di un’Europa fon­data sul rifiuto delle poli­ti­che eco­no­mi­che che fin qui hanno aggra­vato la sua crisi e quindi sulla revi­sione radi­cale dei trat­tati e della gover nance , a comin­ciare dalla can­cel­la­zione del fiscal com­pact e ciò che da esso deriva, come la costi­tu­zio­na­liz­za­zione del pareg­gio di bilan­cio nel caso ita­liano. Il richiamo a Tsi­pras ha que­sto valore e significato.
Cer­ta­mente un appello è un appello, non può essere un pro­gramma arti­co­lato, ma può con­te­nere le discri­mi­nanti fon­da­men­tali su cui costruirlo. In que­sto caso ci sono e ben evi­denti sia sul piano delle poli­ti­che eco­no­mi­che che delle scelte di schie­ra­mento poli­tico, evi­den­ziate dal rifiuto delle poli­ti­che delle lar­ghe intese.
Que­sto è indub­bia­mente un punto cru­ciale e con­tiene un giu­di­zio nega­tivo sugli orien­ta­menti attuali delle prin­ci­pali social­de­mo­cra­zie euro­pee. Solo qual­che anno fa, prima della vit­to­ria di Hol­lande in Fran­cia e del rin­no­va­mento della lea­der­ship nella Spd, si poteva nutrire qual­che spe­ran­zosa attesa. Il qua­dro attuale è impie­toso. In Fran­cia Hol­lande ha ope­rato, dopo avere tran­gu­giato il fiscal com­pact fin dall’inizio, una vigo­rosa virata verso il cen­tro, aprendo alle age­vo­la­zioni fiscali alle imprese, pun­tando su un alleg­ge­ri­mento dei loro oneri e sulla ridu­zione delle spese pub­bli­che, in modo non dis­si­mile da quanto avviene in Spa­gna o nel nostro paese. In Ger­ma­nia la Spd di Gabriel ha sì con­trat­tato con la Mer­kel qual­cosa sul piano interno, ma al prezzo di lasciare mano libera alla can­cel­liera per la poli­tica euro­pea, che pre­ci­sa­mente rischia di fare implo­dere l’intera Unione. Ciò che visto da Kiev è un mirag­gio, per Atene e non solo resta così un incubo. Uno spa­zio inter­me­dio tra Schultz e Tsi­pras non esi­ste: è un’illusione, se non un esca­mota ge . La pos­si­bi­lità di un dia­logo suc­ces­sivo è invece ovvia­mente aperta e sarà tanto più frut­ti­fero quanti più con­sensi riscuo­te­ranno le liste Tsi­pras nei vari paesi.
Non si rico­strui­sce la sini­stra a colpi di liste e di sca­denze elet­to­rali. Una lista non è il nucleo di un nuovo par­tito, ma nep­pure un tram. Hanno fatto bene gli esten­sori dell’appello a pre­ci­sare che, pur non essendo la lista che pro­muo­vono una filia­zione del Par­tito della sini­stra euro­pea, gli eletti sie­de­ranno nel Gue, lo stesso gruppo par­la­men­tare di Tsi­pras, dando così una con­ti­nuità coe­rente alla loro azione. Lo stesso valore discri­mi­nate del rifiuto del fiscal com­pact , che la social­de­mo­cra­zia euro­pea nelle sue varie decli­na­zioni ha pro­mosso e accettato.

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