giovedì 27 febbraio 2014

M5S allo sbando, Grillo perde pezzi

M5S allo sbando, Grillo perde pezzi

Carlo Lania
«Via». «Fuori». «A casa!». Que­sta volta la rete non ha smen­tito Beppe Grillo. Ha obbe­dito al richiamo del capo di cac­ciare i sena­tori dis­si­denti ade­rendo in pieno all’appello del «meglio pochi ma più coesi e più forti» spa­rato dal blog ieri mat­tina insieme al solito son­dag­gio per sapere dagli atti­vi­sti cosa fare con i ribelli. Demo­cra­zia fatta in casa. Il risul­tato, anche se non scon­tato, era comun­que pre­ve­di­bile. Lorenzo Bat­ti­sta, Fabri­zio Boc­chino, Fran­ce­sco Cam­pa­nella e Luis Alberto Orel­lana sono fuori dal Movi­mento 5 Stelle. A votare per la loro cac­ciata sono stati in 43.368, dei quali 29.883 favo­re­voli all’espulsione e 13.485 con­trari. «Gra­zie a tutti» saluta il lea­der chiu­dendo i bat­tenti del tri­bu­nale vir­tuale. I fede­lis­simi, i tale­bani di Grillo festeg­giano, ma molti sena­tori a cin­que stelle, e non solo i quat­tro epu­rati, hanno le lacrime agli occhi e minac­ciano le dimis­sioni in massa. Fino a ieri sera almeno sei, oltre ai quat­tro ribelli, ave­vano già pre­pa­rato al let­tera da con­se­gnare al pre­si­dente del Senato. Ma secondo il sena­tore Roberto Cotti sareb­bero almeno una tren­tina quelli pronti a lasciare. Alla Camera, invece, ha già lasciato il gruppo il depu­tato Ales­sio Tac­coni e altri cin­que sareb­bero in pro­cinto di farlo.
Quella che si apre adesso è una par­tita tutta da gio­care. Boc­chino, Orel­lana e Bat­ti­sta hanno annun­ciato di volersi dimet­tere da sena­tori in soli­da­rietà con i col­le­ghi che li hanno difesi e che si pre­pa­re­reb­bero a lasciare il movi­mento. La pro­ce­dura vuole che le dimis­sioni ven­gano votate dall’aula che, per con­sue­tu­dine, la prima volta le respinge. Ma sul tavolo c’è anche un’altra pos­si­bi­lità. Ci sareb­bero infatti i numeri per la costi­tu­zione di un nuovo gruppo. Per farlo a Palazzo Madama bastano dieci sena­tori e se i sei-sette, oltre ai quat­tro espulsi, che ieri hanno annun­ciato di voler lasciare il M5S, non faranno mar­cia indie­tro (i ten­ta­tivi in que­sta dire­zione sono già comin­ciati) la pos­si­bi­lità potrebbe diven­tare reale. E non è detto che inte­ressi solo il M5S. «La fuo­riu­scita dei sena­tori 5 stelle è un’operazione a cui guar­diamo con inte­resse», dice ad esem­pio il civa­tiano Cor­ra­dino Mineo, che con il col­lega Wal­ter Tocci segue da tempo i tor­menti interni ai 5 stelle. «Sono per­sone serie — pro­se­gue l’ex diret­tore di Rai­news par­lando dei dis­si­denti — per­sone che cre­dono nei valori del M5S e che ritengo deb­bano essere aiu­tati. E’ una grossa prova di demo­cra­zia. Io ho votato la fidu­cia per dovere, ma aspetto il governo alla prova dei fatti. Intanto guardo con inte­resse alla pos­si­bi­lità che al Senato ci sia una gruppo che valuta di volta in volta i prov­ve­di­menti del governo».
Altro che stracci. Fos­sero volati solo quelli ieri per Grillo e Casa­leg­gio sarebbe andata anche bene. Invece la pic­cola Pom­pei del M5S si con­suma in un clima di veleni: per­sone che fino a a 48 ore prima sede­vano fianco a fianco si scam­biano offese pesan­tis­sime. Ad accen­dere la mic­cia ci pensa come al solito il buon Beppe. Durante la notte depu­tati e sena­tori riu­niti insieme votano per l’espulsione dei quat­tro dis­si­denti in un clima pesan­tis­simo. Al mat­tino Grillo invi­tava la rete a fare lo stesso avviando il son­dag­gio tra gli atti­vi­sti. E, tra frasi al limite del deli­rio, evo­cando sce­nari ucraini, si dice pronto a «dare il san­gue sulle strade» in vista delle ele­zioni euro­pee, lascia sci­vo­lare il sospetto che die­tro le cri­ti­che a lui e Casa­leg­gio ci sia ben altro. «Si ter­ranno tutto lo sti­pen­dio, 20 mila euro al mese fanno comodo, capi­sco anche quello», dice il lea­der. La solita accusa rove­sciata su chiun­que si per­metta di cri­ti­carlo. «Grillo mente, è un bugiardo», replica il sena­tore Orel­lana. «I sena­tori non pren­dono 20 mila euro ma 14 mila, che sono sem­pre tanti soldi ma noi abbiamo sem­pre resti­tuito». E anche il depu­tato Wal­ter Riz­zetto attacca il lea­der: «Met­terla solo sui soldi è una vera caz­zata. Guarda i ren­di­conti dei quat­tro e di altri».
Al Senato intanto si svolge un’altra riu­nione dai toni dram­ma­tici. La sena­trice Sere­nella Fuck­sia chiede al capo­gruppo Mau­ri­zio San­tan­gelo di inva­li­dare il voto con­giunto della notte. «Prima dove­vano riu­nirci noi sena­tori», afferma. Per rego­la­mento, inol­tre, l’espulsione va votata dalla metà dei par­la­men­tari, e così non sarebbe stato. Alla richie­sta della Fuck­sia si asso­cia anche Lorenzo Bat­ti­sta, uno dei dis­si­denti: «Chiama Grillo e digli che l’assemblea di ieri non era valida», chiede al capo­gruppo, che per tutta rispo­sta lo manda via dall’assemblea. Bat­ti­sta esce, ma con lui esce anche un’altra decina di sena­tori: Ben­cini, Romani, Pepe, Fedeli, Vac­ciano, Bignami, Cam­pa­nella, Boc­chino, Orel­lana, Ian­nuzzi. «Siete peg­gio dei fasci­sti, gri­dano agli orto­dossi. La sena­trice Ben­cini lascia l’aula in lacrime. Anche la col­lega Elena Fat­tori, fedele a Grillo, ammette: «Forse abbiamo fatto un errore, evi­den­te­mente qual­cuno ha rife­rito a Grillo le cose in maniera sbagliata».
A sera, quando l’espulsione è ormai uffi­ciale, i sena­tori tor­nano a riu­nirsi. Que­sta volta però sono divisi anche fisi­ca­mente: da una parte quello che resta del gruppo del M5S. In un’altra stanza i quat­tro dis­si­denti con i col­le­ghi pronti a dimet­tersi. A san­cire che la rot­tura ormai è consumata.

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua