domenica 16 febbraio 2014

Tanto Civati per nulla Di ilsimplicissimus


Di Civati si dice che non abbia le palle per prendere una decisione, che come l’amante di Apollinaire ami la soglia della camera da letto, quello stato di incertezza perfetta tra l’entrare e l’uscire. Di certo forse più di ogni altro sembra incarnare l’elettore Pd: sempre più a disagio con le scelte del partito e tuttavia mai capace di dire di no fino in fondo, limitandosi a minacciare il dissenso. Insomma la tattica della scaramuccia e della ritirata su nuove posizioni, o forse quella del branco dei lupi dove ogni tanto qualcuno tenta di scalzare l’esemplare alfa, ma dopo qualche ringhio e morso torna ancor più convinto nel branco.
Ma se milioni di elettori possono mimetizzare nel numero alibi di appartenenza, leninismi d’antan, interessi inconfessati o il semplice smarrimento in preda a sensi di appartenenza, un personaggio solo può facilmente diventare una macchietta, se prima contesta e poi regolarmente torna nei ranghi. Forse Civati è troppo colto per adattarsi alla rozzezza della politica del leaderismo e degli slogan, ma sta di fatto che egli ormai incarna una doppia personalità: quella di ciò scrive e quella di ciò che fa. Il dover essere che si scontra con l’essere e alla fine produce come risultato dialettico non il divenire, ma il nulla. O la schizofrenia.
Certo è che dopo la vicenda della mancata elezione di Rodotà, ma in generale della deriva oligarchica impressa da Napolitano, è caduta ogni minima speranza che il Pd possa considerarsi un partito di centro sinistra e l’ascesa di Renzi, sancita nei gazebo, toglie ogni illusione e ogni equivoco. Il sindaco di Firenze, prodotto finito dei potentati finanziari, che assume il premierato senza elezioni, cosa che non avrebbe mai fatto a sentirlo fino a un mese  fa, la nascita di un governo che ha già in radice il voltafaccia e la menzogna, non sono altro che il precipitare di cristalli di berlusconismo puro finora contenuto dentro un’ opaca soluzione soprassatura. O si viene via adesso o non accadrà mai più, perché a forza di cedere terreno sui principi della sinistra ormai manca lo spazio per ulteriori ritirate e ci si ritrova dritti nella destra.
Forse Civati avrebbe maggior fortuna se davvero provasse a uscire fuori da queste logiche e ad aggregare quanti sono stanchi di aspettare che qualcuno dica o faccia qualcosa di sinistra: lo spazio ormai c’è tutto, potenzialmente molto più ampio di quello a disposizione dentro un partito di nominati, cooptati e clientes. Continuare ad arretrare per fare una inutile battaglia da dentro non significa solo mostrare di essere privi del coraggio delle idee, ma ormai molto di peggio: fornire un alibi a chi attuando politiche di destra può, grazie alla presenza di qualche personaggio, continuare a spacciarsi per sinistra e tenere bloccata una situazione divenuta insostenibile. In questo modo anche il dissenso che non si concreta in nulla diventa a suo modo una forma di complicità.

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