martedì 15 aprile 2014

Elezioni, è tutto un altro programma

di Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli, Guido Viale
Quando diciamo che siamo per un’Altra Europa, la vogliamo dav­vero e non solo a parole. Abbiamo in mente un ordine poli­tico nuovo, per­ché il vec­chio è in fran­tumi. Non può essere ram­men­dato alla meno peggio.
In realtà il nostro è l’unico pro­getto che non si limita a invo­care a parole un’altra Europa, ma si pro­pone di cam­biarla con poli­ti­che che riu­ni­scano quel che è stato disu­nito e disfatto. Gli altri par­titi sono tutti, in realtà, con­ser­va­tori dello sta­tus quo.
Sono con­ser­va­tori Mat­teo Renzi e il governo, che par­lano di cam­bia­mento e tut­ta­via hanno costruito quest’Unione che umi­lia e impo­ve­ri­sce i popoli, favo­rendo ban­che e speculatori.
Sono con­ser­va­tori i leghi­sti, che denun­ciano l’Unione ma come via d’uscita pro­spet­tano il nazio­na­li­smo e la xenofobia.
Nei fatti è con­ser­va­tore il Movi­mento 5 Stelle, che si fa por­ta­voce di un disa­gio reale, ma senza sboc­chi chiari.
Tutta diversa la Lista Tsi­pras. Il pro­getto è di cam­biare radi­cal­mente le isti­tu­zioni euro­pee, di dare all’Unione una Costi­tu­zione scritta dai popoli, di dotarla di una poli­tica estera non biso­gnosa delle stam­pelle sta­tu­ni­tensi. Tutta diversa la pro­spet­tiva della Lista Tsi­pras. La nostra non è né una pro­messa fit­ti­zia, come quella di Renzi, né una pro­te­sta che rinun­cia alla bat­ta­glia prima di farla. Met­te­remo dura­mente in discus­sione il Fiscal com­pact, e in par­ti­co­lare con­te­ste­remo — anche con refe­ren­dum abro­ga­tivo — le norme appli­ca­tive che il Par­la­mento dovrà intro­durre per dare attua­zione all’obbligo del pareg­gio di bilan­cio che pur­troppo è stato inse­rito ormai nell’articolo 81 della Costi­tu­zione, senza che l’Europa ce l’abbia mai chie­sto. In ogni caso, faremo in modo che non abbiano più a ripe­tersi cal­coli così pale­se­mente errati e nefa­sti, nati da una cul­tura neo­li­be­ri­sta che ha impe­dito all’Europa di dive­nire l’istanza supe­riore in grado di custo­dire sovra­nità che sono andate eva­po­rando, pro­teg­gen­doli al tempo stesso dai mer­cati incon­trol­la­bili, dall’erosione delle demo­cra­zie e dalla pre­va­ri­ca­zione di super­po­tenze che usano il nostro spa­zio come esten­sione dei loro mer­cati e della loro potenza geopolitica.
Ecco le 10 vie alter­na­tive che inten­diamo percorrere:
1 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché non cre­diamo sia pos­si­bile pen­sare l’economia e l’Europa demo­cra­ti­ca­mente unita «in suc­ces­sione»: prima si met­tono a posto i conti e si fanno le riforme strut­tu­rali, poi ci si batte per un’Europa più soli­dale e diversa. Le due cose vanno insieme. Ope­rare «in suc­ces­sione» ripro­duce ad infi­ni­tum il vizio mor­tale dell’Euro: prima si fa la moneta, poi per forza di cose verrà l’Europa poli­tica soli­dale. È dimo­strato che que­sta “forza delle cose” non c’è. Sta­tus quo signi­fica che s’impone lo Stato più forte.
2 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché cre­diamo che solo un’Europa fede­rale sia la via aurea, nella glo­ba­liz­za­zione. Se l’edificheremo, Gre­cia o Ita­lia diver­ranno simili a quello che è la Cali­for­nia per gli Usa. Nes­suno par­le­rebbe di uscita della Cali­for­nia dal dol­laro: le strut­ture fede­rali e un comune bilan­cio ten­gono gli Stati insieme e non col­pe­vo­liz­zano i più deboli. In un’Europa fede­rata, quindi mul­tiet­nica, l’isola di Lam­pe­dusa è una porta, non una ghigliottina.
3 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché non pen­siamo che prio­ri­ta­ria ed esclu­siva sia la difesa dell’«interesse nazio­nale»: si tratta di indi­vi­duare quale sia l’interesse di tutti i cit­ta­dini euro­pei. Se salta un anello, tutta la catena salta.
4 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché non siamo un movi­mento mino­ri­ta­rio di pro­te­sta, ma avan­ziamo pro­po­ste pre­cise, rapide. Pro­po­niamo una Con­fe­renza sul debito che rical­chi quanto deciso nel 1953 sulla Ger­ma­nia, cui ven­nero con­do­nati i debiti di guerra. L’accordo cui si potrebbe giun­gere è l’europeizzazione della parte dei debiti che eccede il fisio­lo­gico 60 per cento del pil. E pro­po­niamo un piano Mar­shall per l’Europa, che avvii una ricon­ver­sione pro­dut­tiva, eco­lo­gi­ca­mente soste­ni­bile e ad alto impatto sull’occupazione, finan­ziato dalle tasse sulle tran­sa­zioni finan­zia­rie e l’emissione di ani­dride car­bo­nica, oltre che da pro­ject bond e eurobond.
5 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché esi­giamo non sol­tanto l’abbandono delle poli­ti­che di auste­rità, ma la modi­fica dei trat­tati che le hanno rese pos­si­bili. Tra i primi: l’abolizione e la ridi­scus­sione a fondo del Fiscal Com­pact, che pro­mette al nostro e ad altri Paesi una o due gene­ra­zioni di intol­le­ra­bile povertà, e la distru­zione dello Stato sociale. Pro­muo­viamo un’Iniziativa Cit­ta­dina (art. 11 del Trat­tato sull’Unione euro­pea) con l’obbiettivo di una sua radi­cale messa in discus­sione. Chie­de­remo inol­tre al Par­la­mento Euro­peo un’indagine cono­sci­tiva e giu­ri­dica sulle respon­sa­bi­lità della Com­mis­sione, della Bce e del Fmi nell’imporre un’austerità che ha gra­ve­mente dan­neg­giato milioni di cit­ta­dini europei.
6 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché non ci limi­tiamo a con­dan­nare gli scan­dali della disoc­cu­pa­zione e del pre­ca­riato, ma pro­po­niamo un Piano Euro­peo per l’Occupazione (Peo) il quale stanzi almeno 100 miliardi l’anno per 10 anni per dare occu­pa­zione ad almeno 5–6 milioni di disoc­cu­pati o inoc­cu­pati (1 milione in Ita­lia): tanti quanti hanno perso il lavoro dall’inizio della crisi. Il Peo dovrà dare la prio­rità a inter­venti che non siano in con­tra­sto con gli equi­li­bri ambien­tali come le molte Grandi Opere che deva­stano il ter­ri­to­rio e che creano poca occu­pa­zione, ad esem­pio il Tav Torino-Lione e le tri­vel­la­zioni nel Medi­ter­ra­neo e nelle aree pro­tette. Dovrà age­vo­lare la tran­si­zione verso con­sumi dra­sti­ca­mente ridotti di com­bu­sti­bili fos­sili; la crea­zione di un’agricoltura bio­lo­gica; il rias­setto idro­geo­lo­gico dei ter­ri­tori; la valo­riz­za­zione non spe­cu­la­tiva del nostro patri­mo­nio arti­stico; il poten­zia­mento dell’istruzione e della ricerca.
7 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché rite­niamo un peri­colo l’impegno del governo di con­clu­dere pre­sto l’accordo sul Par­te­na­riato Tran­sa­tlan­tico per il Com­mer­cio e l’Investimento (Ttip). Con­dotto segre­ta­mente, senza con­trolli demo­cra­tici, il nego­ziato è in mano alle mul­ti­na­zio­nali, il cui scopo è far pre­va­lere i pro­pri inte­ressi su quelli col­let­tivi dei cit­ta­dini. Il wel­fare è sotto attacco. Acqua, elet­tri­cità, edu­ca­zione, salute saranno espo­ste alla libera con­cor­renza, in barba ai refe­ren­dum cit­ta­dini e a tante lotte sui “beni comuni”. La bat­ta­glia con­tro la pro­du­zione degli Ogm, quella che pena­lizza le imprese inqui­nanti o impone l’etichettatura dei cibi, la tassa sulle tran­sa­zioni finan­zia­rie e sull’emissione di ani­dride car­bo­nica sono minac­ciate. La nostra lotta con­tro la cor­ru­zione e le mafie è ingre­diente essen­ziale di que­sta resi­stenza alla com­mi­stione mon­dia­liz­zata fra libero com­mer­cio, vio­la­zione delle regole, abo­li­zione dei con­trolli demo­cra­tici sui territori.
8 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché vogliamo cam­biare non solo gli equi­li­bri fra isti­tu­zioni euro­pee ma la loro natura. I ver­tici dei capi di Stato o di governo sono un can­cro dell’Unione, e pro­po­niamo che il Par­la­mento euro­peo diventi un’istituzione dav­vero demo­cra­tica: che legi­feri, che nomini la Com­mis­sione e il suo Pre­si­dente, e imponga tasse euro­pee in sosti­tu­zione di quelle nazio­nali. Vogliamo un Par­la­mento costi­tuente, capace di dare ai cit­ta­dini dell’Unione una Carta che cominci, come la Costi­tu­zione sta­tu­ni­tense, con le parole «We, the peo­ple.…». Non con la firma di 28 re azzop­pati e pre­po­tenti, che addos­sano alla buro­cra­zia di Bru­xel­les colpe di cui sono i primi responsabili.
9 - Siamo la sola forza alter­na­tiva a pro­po­sito dell’euro. Pur essendo cri­tici radi­cali della sua gestione, e degli scarsi poteri di una Banca cen­trale cui viene proi­bito di essere pre­sta­trice di ultima istanza, siamo con­trari all’uscita dall’euro e non la rite­niamo indo­lore. Uscire dall’euro è peri­co­loso eco­no­mi­ca­mente (aumento del debito, dell’inflazione, dei costi delle impor­ta­zioni, della povertà), e non resti­tui­rebbe ai paesi il governo della moneta, ma ci ren­de­rebbe più che mai dipen­denti da mer­cati incon­trol­lati, dalla potenza Usa o dal marco tede­sco. Soprat­tutto segne­rebbe una rica­duta nei nazio­na­li­smi autar­chici, e in sovra­nità fasulle. Noi siamo per un’Europa poli­tica e demo­cra­tica che fac­cia argine ai mer­cati, alla potenza Usa, e alle le nostre stesse ten­ta­zioni nazio­na­li­ste e xeno­fobe. Una moneta «senza Stato» è un con­tro­senso poli­tico, prima che economico.
10 - Siamo la sola forza alter­na­tiva per­ché la nostra è l’Europa della Resi­stenza: con­tro il ritorno dei nazio­na­li­smi, le Costi­tu­zioni cal­pe­state, i Par­la­menti svuo­tati, i capi ple­bi­sci­tati da popoli visti come massa amorfa, non come cit­ta­dini con­sa­pe­voli. Dicono che la pace in Europa è oggi un fatto acqui­sito. Non è vero. Le poli­ti­che di auste­rità hanno diviso non solo gli Stati ma anche i popoli, e quella che viviamo è una sorta di guerra civile den­tro un’Unione che secerne di nuovo par­titi fasci­stoidi come Alba Dorata in Gre­cia, Job­bik in Unghe­ria, Fronte Nazio­nale in Fran­cia, Lega in Ita­lia. All’esterno, poi, siamo impe­gnati in guerre decise dalla potenza Usa: guerre di cui gli Stati dell’Unione non discu­tono mai per­ché vi par­te­ci­pano ser­vil­mente, senz’alcun pro­getto di disarmo, refrat­tari a ogni poli­tica estera e di difesa comune (il costo della non-Europa in campo mili­tare ammonta a 120 miliardi di euro annui). Per­fino ai con­fini orien­tali dell’Unione sono gli Stati Uniti a deci­dere quale ordine debba regnare.
L’Europa che abbiamo in mente è quella del Mani­fe­sto di Ven­to­tene, e chi lo scrisse non pen­sava ai com­piti che cia­scuno doveva fare a casa, ma a un comune com­pito rivoluzionario.Noi oggi fac­ciamo rivi­vere quella presa di coscienza: per que­sto al Par­la­mento euro­peo saremo con Tsi­pras, non con i socia­li­sti che già pen­sano a Grandi Intese con i con­ser­va­tori dello sta­tus quo. Siamo così fatti per­ché non abbiamo per­duto la memo­ria del Nove­cento. L’Europa delle nazioni portò ai raz­zi­smi, e allo ster­mi­nio degli ebrei, dei Rom, dei malati men­tali. L’Europa della reces­sione sfo­ciò nella presa del potere di Hitler.

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