sabato 19 aprile 2014

La ritirata di Ucraina e l’evocazione del nemico Di ilsimplicissimus


Reprato ucraino passato ai filorussiAnche ieri reparti dell’esercito ucraino mandati nelle regioni dell’est a reprimere le proteste della popolazione russa e russofona, sono passati dall’altra parte: in particolare centinaia di giovani cadetti hanno issato la bandiera di Mosca e in qualche caso anche quella rossa, mentre dappertutto i carri armati o si impantanano come quelli tedeschi di  settant’anni fa oppure vengono fermati dalla folla o si arrendono: l’attacco del regime nazionalista di Kiev lanciato dal tracotante presidente ad interim Turchinov, si sta tramutando in una disfatta perché è del tutto evidente la pochissima voglia dell’esercito regolare di fare sul serio, anche se per caso ne avesse i mezzi e le competenze. Agli oligarchi di Kiev e al loro cambiamento di verso avvenuto grazie alle mene americane e alla desolante subalternità dell’Europa, non rimangono che le milizie di Settore Destro o i contractor giunti dagli Usa, in pratica le stesse forze sulle quali potevano contare all’inizio.
D’altro canto anche la popolazione delle regioni occidentali che grazie al cambiamento di regime si è trovata esposta alle famose ricette della troika, sembra sempre meno disposta a guardare con simpatia a questa avventura e ai miliziani che la difendono. Purtroppo questo insieme di fattori apre prospettive molto pericolose perché è evidente che lo spostamento dell’Ucraina nel campo Nato non è realizzabile senza un intervento esterno e/o un aperto appoggio e sostegno a un regime di chiara marca. Senza nemmeno citare le perplessità di molta dell’economia europea di fronte alle sanzioni nei confronti di Mosca e travolta dalla politica del premio nobel per la pace preventivo – uno dei peggiori presidenti Usa mai visti, un personaggio che non ha saputo essere nemmeno a un decimo dell’altezza di ciò che avrebbe potuto rappresentare. E che nel migliore dei casi dimostra come a Washington le lobby stiano sostituendo la democrazia. Senza nemmeno parlare della necessità di appoggiare il regime di Kiev con valanghe di miliardi in una situazione di acuta crisi economica.
Insomma si voleva gettare l’Ucraina fra le ruote del carro russo in ascesa e invece pare proprio che l’Ucraina rischi di finire negli ingranaggi dell’Occidente visto che anche una guerra finanziaria sarebbe a doppio taglio e probabilmente non vincente quanto meno per l’Europa dentro un mondo in cui l’asimmetria è ormai la regola.  Altro che guerra fredda. E di certo la presenza di un vulcano continuamente in eruzione sarebbe un pericolo troppo grave. L’unica via d’uscita a questo punto è che il golpe di Kiev venga lasciato fallire, che la democrazia sventolata come menzogna serva almeno come alibi efficace per fare marcia indietro senza dare la sensazione di una sconfitta.
Disgraziatamente non credo che questo avverrà facilmente: le classi dominanti hanno imparato una cosa dalla crisi ed è che hanno bisogno di un nemico per resistere efficacemente alle conseguenze della regressione sociale che esse impongono. La massiccia infusione degli ideal tipi liberisti, la mutazione maligna di istituzioni come la Ue, la forza di strumenti di tortura come l’euro, non sono sufficienti ad evitare il pericolo che gli strumenti messi in piedi o resi funzionali al disegno, sopravvivano alla tempesta. Così niente di meglio che rimettere in campo l’antagonista tradizionale, quello cui si è già abituati e che non richiede costose riconversioni dell’immaginario, ovvero la Russia che paradossalmente non è più l’Unione sovietica, ma anzi un modello di oligarchia da far invidia a JP Morgan. Quindi anche il sostegno irrealistico alla farsa ucraina a suon di miliardi potrebbe rivelarsi un buon investimento: la Germania sarà costretta a comprare gas da Mosca per rivenderlo all’Ucraina a prezzo scontato? Migliaia di aziende rischiano di veder inaridire uno dei mercati in maggiore crescita? Piccolezze se questo è uno strumento per ricondurre all’ovile masse disperse, ma forse già sul punto di essere raggruppate dall’impoverimento generale sia pure senza un qualche obiettivo di lungo termine. Pretendi forse un contratto a tempo indeterminato e la sanità pubblica quando c’è il nemico alle porte?
Così la tentazione di lasciare un margine di incertezza e di scontro, di mettere le premesse per un’escalation è molto forte e si concreta con gli assurdi accordi di Ginevra che sembrano scritti e pensati un secolo fa e che sono inutili perché pretendono di passare in ogni caso sopra la volontà popolare in un piccolo gioco di potenze e potentati. Un invidiabile miscela per la guerra.  E che in effetti un secolo fa la provocò.

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