mercoledì 7 maggio 2014

Congresso Cgil. Landini si pone come alternativa

Congresso Cgil. Landini si pone come alternativa 
Il conflitto reale prevale sempre sulle furbizie tattiche. Esplode, nella Cgil, dopo esser stato inutilmente sotto il tappeto.
II precedenti sono noti. La maggioranza stretta intorno a Susanna Camusso – autrice della svolta “complice” con le imprese, ricucendo rapporti interrotti da tempo con Cisl e Uil – aveva proposto/imposto a Maurizio Landini (segretario generale della Fiom) la condivisione del documento congressuale “unitario”. Lasciando così al solo Giorgio Cremaschi e alcuni altri dirigenti storici il compito ingrato di rappresentare l'opposizione.
L'evoluzione dei congressi ha però sconvolto lo schema pensato in precedenza, per bulimia di potere (da parte di Camusso & co.), autoritarismo e sotterfugi da denuncia. Landini e i suoi si erano limitati a presentare degli “emendamenti” al documento unitario, ma incentrati su quasi tutti gli aspetti deicisivi; emendamenti che – dove sono stati presentati e discussi, nelle assemblee congressuali di base – hanno raccolto spesso tra il 30 e il 40% dei votanti. Ma alla conta dei delegati finale soltanto 100 sono i congressisti “di sinistra”, spersi nei quasi mille che sono stati nominati e che stanno dando vista, da ieri, al congresso nazionale.
Ancora peggio è andata ovviamente alla pattuglia cremaschiana, ben più vasta comunque della sola Rete28Aprile, che si è vista assegnare d'ufficio ol 2,4% dei voti (e quindi dei delegati), senza poter avere i verbali, controllare i risultati delle votazioni, ecc. Nulla. Prendere o lasciare. Una percentuale che non dà diritto a esprimere rappresentanti all'interno del Direttivo Nazionale, a meno che non venga raccolto un numero sufficiente di firme tra i delegati presenti a Rimini (cosa che viene data per possibile, visto che l'oltranzismo camussiano sembra aver ridotto le frizioni tra le due opposizioni, almeno sul piano tattico).
Il punto vero di scontro, però, quello insuperabile, è stata la firma dell'”accordo sulla rappresentanza” - tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria – che in gennaio ha fissato le nuove regole della contrattazione. Regole che espludono tutte le altre organizzazioni, presenti e future, e che eliminano l'”autonomia contrattuale” delle singole categorie. Dunque anche quella della Fiom per quanto riguarda i metalmeccanici. Un anticipo di “commissariamento” delle tute blu che ha fatto saltare definitivamente ogni possibilità di conclusione unitaria del Congresso.
Landini e i suoi, dunque, presenteranno un documento differente, che boccia quell'accordo e propone un'altra linea di politica sindacale per la Cgil.
L'escalation di mosse e contromosse pre-belliche tra Camusso e Landini è stata continua. Fino alla vera e propria provocazione decisa ieri sera dal “segretario organizzativo” (ovvero il componente della segreteria confederale con delega all'organizzazione): presentare subito le liste degli “eligendi” al Comitato Direttivo, strozzando le scelte prima che la discussione sia ancora avviata. C'è stata infatti soltanto la relazione introduttiva della Camusso, mentre il congresso entrerà nel vivo solo stamattina. Un modo per impedire alla “minoranza” landiniana di presentare per tempo sia il documento alternativo che la lista dei candidati.
E la reazione non è stata delle più paciose: “Nemeno nelle peggiori assemblee condominiali – ha detto Landini – si chiude una discussione ancor prima di aprirla, non appena chiusa la relazione del segretario generale. Così la discussione non è democratica e si conferma l'idea autoritaria di come si gestisce il sindacato”.
Notazione sicuramente vera. Il dato curioso è che la Camusso muove una critica sostanzialmente simile a Matteo Renzi, che ha esplicitamente spiegato di voler fare a meno di ogni rapporto con i sindacati - di qualunque tipo – perché la sua idea del “governare” non prevede mediazione con i corpi intermedi, la società organizzata, ecc. Di più. La sua proposta di abbattere del 50% i permessi sindacali nella pubblica amministrazione e altrove è una dichiarazione di guerra all'esistenza stessa di organizzazioni dei lavoratori che non siano totalmente autofinanziate.
Dichiarazioni di guerra contro cui a Camusso ha nervosamente protestato, con dichiarazioni acide ma senza alcun annuncio di inziative di lotta. Il che – nel body language delle relazioni tra sindacati e governi – significa sempre “non ci piace, ma fate pure, non ci opporremo”.
Lo “spariglio” cercato da Landini proprio con Renzi è stato quindi più un azzardo per uscire dall'angolo in Cgil che non una “mossa” strategicamente soppesata e azzeccata. Di “sponde”, su quel fronte, non ne possono davvero arrivare.
Questo congresso della Cgil si svolge dunque in una sorta di “caos calmo”, in cui tutti i protagonisti apparentemente si muovono come se le condizioni a contorno – sociali e politiche – fossero le stesse di prima. Mentre tutto è definitivamente cambiato. Le imprese voglio tutto il possibile e sono disposte a stracciare qualsiasi accordo, anche quelli più favorevoli, se il governo darà loro di più. I rapporti con i lavoratori in carne e ossa sono ormai più virtuali che effettivi (a parte alcune isole di partecipazione militante vera, tipo la Fiom e poco altro). Le forze politiche – tutte – ed il governo hanno individuato nel sindacato (qualsiasi sindacato) un “ente inutile” o un ingombro da smantellare; e affondano nel burro quando dipingono i burocrati confederali come “una casta” come le altre. L'Unione Europea – unico luogo dove vengono decise le politiche complessive, comprese quelle relative al mondo del lavoro – è sulla stessa linea, naturalmente.
Servirebbe una torsione “conflittuale” vera. Che questi corpaccioni di burocrati non potrebbero compiere nemmeno se volessero. E non vogliono.

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