mercoledì 7 maggio 2014

Porcellum versione Camusso di Antonio Sciotto, Il Manifesto

Lo scontro al Congresso Cgil. Sbarramento del 3% per entrare al Direttivo, tempi ridotti per il dibattito, numero di delegati non adeguato per la minoranza. Landini guida la nuova opposizione: “Regole così mai viste neanche nella peggiore assemblea di condominio
E così anche la Cgil può dire di avere il suo “por­cel­lum”. Se la rela­zione di aper­tura di Susanna Camusso ha aspra­mente con­te­stato la riforma costi­tu­zio­nale e la legge elet­to­rale del pre­mier Renzi, dall’altro lato al suo interno il sin­da­cato applica una norma che can­cella di fatto la rap­pre­sen­tanza pro­por­zio­nale e rende neces­sa­ria una soglia di sbar­ra­mento per entrare nel Diret­tivo. La norma fun­ziona così: per poter con­cor­rere all’elezione nel par­la­men­tino Cgil, devi rac­co­gliere firme pari al 3% della pla­tea dei dele­gati al Congresso.
Que­sta regola ha creato ieri un pro­blema all’unica mino­ranza per il momento uffi­cial­mente pre­sente nel sin­da­cato, quella del docu­mento 2 di Gior­gio Cre­ma­schi: avendo preso quest’ultima il 2,4% dei dele­gati al Con­gresso, pari a 23 (su com­ples­sivi 953), le man­cano ben 6 firme – da chie­dere in giro, neces­sa­ria­mente agli avver­sari – per­ché l’area sia rappresentata.
E’ vero che a un certo punto, dopo il bastone, è arri­vata la carota: la segre­ta­ria con­fe­de­rale Elena Lat­tuada ha offerto la sua firma, facendo capire quindi che la stessa Camusso non vuole esclu­dere fat­tual­mente la pic­cola mino­ranza cre­ma­schiana, ma il prin­ci­pio rimane. “E’ la prima volta che si sce­glie di non appli­care il pro­por­zio­nale puro in Cgil: un deciso cam­bio di rotta che impe­di­sce a tutte le voci, spe­cial­mente a quelle in dis­senso, di essere pre­senti”, lamenta Cremaschi.
L’evento forse dall’esterno potrà sem­brare minimo, ma in effetti è un segnale che si inse­ri­sce in un qua­dro di forti scon­tri tra la mag­gio­ranza camus­siana e la scis­sione che si è creata nel suo stesso docu­mento, quella gui­data da Mau­ri­zio Lan­dini. Con Lan­dini si sono uniti altri espo­nenti di mino­ranza Cgil: Gianni Rinal­dini, Dome­nico Moc­cia, Nicola Nico­losi, e il trait d’union della nuova oppo­si­zione a Susanna Camusso sono gli emen­da­menti fir­mati da que­sti sin­da­ca­li­sti. Sulle pen­sioni, la con­trat­ta­zione, il red­dito minimo.
Sul cal­colo dei voti agli emen­da­menti si è sca­te­nata la guerra: secondo la mino­ranza, hanno preso il 46% dei con­sensi, e quindi – in base al prin­ci­pio dell’”equilibrato rap­porto” con­cor­dato con la mag­gio­ranza — avreb­bero dovuto avere un’adeguata rap­pre­sen­tanza (almeno il 30–35% dei dele­gati al Con­gresso). Ma agli emen­danti è stato rico­no­sciuto solo il 15%, e da lì a cascata quindi discen­derà una sot­to­va­lu­ta­zione della loro pre­senza al Diret­tivo. Lan­dini e Rinal­dini hanno più volte defi­nito il metodo di cal­colo appli­cato dai camus­siano come “truffaldino”.
In que­sto con­te­sto già tesis­simo, oltre al “por­cel­lum” ieri si è aggiunto il restrin­gi­mento dei tempi per pre­sen­tare le liste. In pra­tica, anzi­ché dare come ter­mine ultimo per la pre­sen­ta­zione delle liste per il Diret­tivo la con­clu­sione del dibat­tito (quindi almeno la serata di oggi, o la mat­ti­nata di domani), si è scelto di porre la dead line alle 9,30 di oggi. La mino­ranza lo ha preso come un affronto.
“Non ho mai visto regole simili nean­che nelle peg­giori assem­blee di con­do­mi­nio – ha pro­te­stato Lan­dini – Si chiude il dibat­tito senza nean­che averlo aperto, appena con­clusa la rela­zione del segre­ta­rio gene­rale”. Un attacco fron­tale a Camusso. “Se si fa una ope­ra­zione di que­sta natura, si con­ferma il carat­tere non demo­cra­tico e l’idea un po’ auto­ri­ta­ria di come si gesti­sce una orga­niz­za­zione come la Cgil”.
Pro­te­ste dello stesso tono sono venute da Mari­gia Mau­lucci, Ser­gio Bel­la­vita, Cre­ma­schi, Nico­losi, e Rinal­dini: “Per­ché pren­derci in giro e spen­dere tanti soldi se il con­gresso è finito ancora prima di ini­ziare? — si chiede l’ex segre­ta­rio della Fiom — Prendo atto che que­sto è un con­gresso che non c’è: per­ché pre­sen­tare liste prima che ognuno possa espri­mersi con­ferma che il con­gresso non esiste”.
A que­sto punto le liste saranno dun­que almeno due (quella di Camusso e quella rife­ri­bile a Lan­dini), e diven­te­ranno tre se Cre­ma­schi sarà riu­scito a met­tere insieme le 6 firme neces­sa­rie per otte­nere lo sdo­ga­na­mento. Fino a ieri sera si ragio­nava sulla pos­si­bi­lità che i com­po­nenti del diret­tivo pos­sano essere 151, ma non esi­ste un numero defi­nito: poi­ché le liste sono bloc­cate, se alcuni camus­siani temes­sero di rima­nere fuori, si potrebbe deci­dere da parte della mag­gio­ranza di ampliare quella cifra (il Diret­tivo uscente è com­po­sto da 179 mem­bri). Ma a quel punto, ovvia­mente, aumen­te­reb­bero pro­por­zio­nal­mente anche gli eletti della nuova minoranza.

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