sabato 31 maggio 2014

Sel non si divide, è tregua di Daniela Preziosi, Il Manifesto

Sinistre. Vendola tiene uniti i suoi, ma alla presidenza è scontro duro fra chi chiede di proseguire l’esperienza di Tsipras e chi vuole aprire un dialogo con il governo: «Renzi un pericolo? No, un’opportunità»
«La mia idea è con­ti­nuare a delu­dere la pat­tu­glia di eroici gior­na­li­sti che seguono le nostre riu­nioni in attesa di vedere scor­rere il san­gue». Alla fine di una tor­men­ta­tis­sima riu­nione di pre­si­denza, in cui volano parole grosse e si scon­trano due fazioni oppo­ste — da una parte i soste­ni­tori del «pro­cesso» uni­ta­rio a sini­stra inne­scato dalla lista Tsi­pras, dall’altra quelli che chie­dono un avvi­ci­na­mento al Pd e una ridi­scus­sione del rap­porto con il governo Renzi, in mezzo un drap­pello di pon­tieri — Nichi Ven­dola non resi­ste alla ten­ta­zione di pren­der­sela con «i gior­na­li­sti». Non che possa negare che il dis­senso in Sel c’è ed è pro­fondo: «Da noi i capi del dis­senso interno», spiega, per riven­di­care demo­cra­zia interna rispetto all’M5S, «sono uno capo­gruppo alla Camera e un altro teso­riere del par­tito. Non vedo vicende ana­lo­ghe in altri par­titi. Nes­suno ha detto a nes­suno: se vuoi man­te­nere il tuo inca­rico o cambi linea poli­tica o rimetti il tuo mandato».
Durante la riu­nione, Ven­dola media senza tre­gua. Si sforza di tenere unita «la nostra comu­nità», bac­chetta chi alza i toni — qui ci vuole una paren­tesi sulla sini­stra pri­mi­tiva che dopo tante scis­sioni non non ha smesso dare del tra­di­tore, se va bene, a chi la pensa diver­sa­mente — «le voci dif­fe­renti non sono una minac­cia ma una ric­chezza. Piut­to­sto che repri­mere, ci piace discu­tere», «l’importante è non tra­sfor­marlo in una guerra con morti e feriti. Occorre tro­vare un equi­li­brio, una sin­tesi». Ma la «sin­tesi» sta­volta è un’esercizio dif­fi­cile fra le posi­zioni in campo, in un dopo-europee che poteva essere di festa (la lista Tsi­pras ha supe­rato di un sof­fio lo sbar­ra­mento, tre gli eletti) e invece è l’annuncio di una bat­ta­glia interna: chi chiede il par­tito unico fra Pd e Sel, date le pro­por­zioni (40,8 per cento con­tro il 4,03) è sospet­tato di fare domanda di iscri­zione al Pd. Chi chiede il «pro­cesso» uni­ta­rio a sini­stra sconta il sospetto di voler far scio­gliere Sel in una even­tuale ’cosa rossa’. Dalla prima parte Gen­naro Migliore, Ser­gio Boc­ca­du­tri (appunto il capo­gruppo e il teso­riere), Ileana Piaz­zoni, Clau­dio Fava, e una decina di depu­tati; dall’altra Nicola Fra­to­ianni, Mas­si­mi­liano Sme­ri­glio, Lore­dana De Petris, Paolo Cento, Fabio Mussi.
La gior­nata fini­sce con una tre­gua: le con­clu­sioni di Ven­dola sono votate all’unanimità, un po’ per­ché ecu­me­ni­che (e infatti i pro-Tsipras scal­pi­tano), un po’ per­ché i ’dis­si­denti’ sono par­la­men­tari quindi invi­tati senza diritto di voto. La sin­tesi di Ven­dola è: «Una sini­stra di governo non è una sini­stra nel governo». Rie­cheg­gia la for­mula ber­ti­not­tiana «siamo uomini in que­sto mondo, non di que­sto mondo» che apriva uno spa­zio di dia­logo con Prodi (a sua volta era una cita­zione di Paolo Tarso). Ma del resto que­sto pre­lu­dio di una nuova divi­sione è per forza un gioco di rimandi alle (tante) scis­sioni pre­ce­denti e infatti anche Migliore lan­ciando il suo avvi­ci­na­mento al Pd usa la for­mula «stare nel gorgo» che fu quella di Pie­tro Ingrao ad Arco di Trento nel 1990 quando annun­ciò di restare nel Pds.
Fin qui nes­suno cam­bia posi­zione. Alla fine Migliore può apprez­zare le parole di Vendola e quasi annun­ciare vit­to­ria: «Si è evi­tata la costi­tuente della sini­stra che era pro­mossa da alcuni espo­nenti della lista Tsi­pras. Ipo­tesi archi­viata per pun­tare invece sul rilan­cio del cen­tro­si­ni­stra, sul futuro del cen­tro­si­ni­stra». Dall’altra parte se di ’costi­tuente’ non parla nes­suno, la cer­tezza di aver avviato un per­corso con la lista Tsi­pras è gra­ni­tica. Fra i due fronti la terra di mezzo di quelli che «se la discus­sione è fra ade­rire al Pd o alla costi­tuente allora io mi iscrivo al gruppo misto», come dice Cic­cio Fer­rara. È una bat­tuta, ma in effetti alcuni depu­tati vedono ormai il gruppo misto come un approdo pos­si­bile.
Ven­dola smina il campo anche sul decreto sugli 80 euro, prov­ve­di­mento diven­tato sim­bolo della bat­ta­glia dei ’miglio­ri­sti’ che vogliono votare sì. Dice il pre­si­dente della Puglia: «Noi non abbiamo detto che gli 80 euro sono una man­cia per il voto di scam­bio. Vedremo, se è ottimo lo votiamo, se è pes­simo lo boc­ciamo, se è pos­si­bile miglio­rarlo non ci tire­remo indie­tro, come sem­pre».
L’eventuale conta è riman­data all’assemblea nazio­nale del 14 giu­gno. Nel frat­tempo oggi a Roma si riu­ni­scono i can­di­dati della lista Tsi­pras, poi toc­cherà ai comi­tati e ai garanti e biso­gnerà vedere qual è la pro­po­sta per pro­se­guire l’esperienza della lista. Se fosse già una «costi­tuente», per la quale spinge anche Rifon­da­zione, per Sel sarebbe un grosso guaio.
«Comun­que una dire­zione dob­biamo pren­derla», dice dal palco Nicola Fra­to­ianni. Ed è così, e il 40,8 per cento di Renzi non lascerà mar­gini di inde­ci­sione. Il segre­ta­rio Pd si schiera nel campo del bipar­ti­ti­smo. Con que­ste per­cen­tuali, e con una legge come l’Italicum, il Pd sarebbe auto­suf­fi­ciente a gover­nare da solo e «cor­rere soli» di vel­tro­niana memo­ria. Archi­viando il cen­tro­si­ni­stra, come fece Vel­troni in quel 2008. O, come dicono i dis­si­denti, «tra­sfor­mando il Pd nel centrosinistra».

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