mercoledì 18 giugno 2014

Hai bisogno di curarti? In Italia devi pagare di Roberto Ciccarelli, Il Manifesto


Salute di classe. Gli italiani sono costretti a scegliere le prestazioni sanitarie da fare subito a pagamento e quelle da rinviare oppure non fare. Ormai il 41,3% dei cittadini paga di tasca propria per intero le visite specialistiche a causa dell'aumento dei ticket che ha sfiorato i 3 miliardi di euro nel 2013«Non mi curo per­ché non ho soldi». Accade in Ita­lia dove per il Cen­sis sono sem­pre di più gli ita­liani che pagano di tasca pro­pria i ser­vizi sani­tari che il pub­blico non garan­ti­sce più. Secondo la ricerca Rbm Salute-Censis, pre­sen­tata ieri a Roma inoc­ca­sione del quarto «Wel­fare Day», il caso più cla­mo­roso è quello del dentista.
Tra il 2005 e il 2012 gli studi pri­vati hanno visto crol­lare il numero delle cure a paga­mento. Una realtà già emersa alcuni mesi fa quando da Palermo è arri­vata la noti­zia secondo la quale una ragazza di 18 anni sarebbe morta a causa di un ascesso non curato che le ha cau­sato uno choc set­tico polmonare.
La man­cata pre­ven­zione, e il rifiuto delle cure, è una realtà sem­pre più cono­sciuta in Ita­lia da quando la crisi ha eroso i red­diti e ha mol­ti­pli­cato la disoc­cu­pa­zione di massa. Secondo il Coda­cons, il 23% degli ita­liani, anche per­chè nella sanità pub­blica le liste d’attesa sono lun­ghe mesi. Ormai il 41,3% dei cit­ta­dini paga di tasca pro­pria, e per intero, le visite spe­cia­li­sti­che. Per il Cen­sis la spesa per il tic­ket ha sfio­rato nel 2013 i 3 miliardi di euro, +10% in ter­mini reali nel periodo 2011–2013.
Hai biso­gno di una visita ocu­li­stica in una strut­tura pub­blica? Paga 30 euro di tic­ket e aspetta 74 giorni per la visita. Se invece hai pre­mura, puoi rivol­gerti ad un ocu­li­sta pri­vato. Allora paghi 98 euro e dopo sette giorni ottiene una prescrizione.
Veniamo a urgenze più com­plesse: le visite car­dio­lo­gi­che. Nella sanità pub­blica paghe­rai un tic­ket da 40 euro, men­tre la lista di attesa è di 51 giorni. Nel pri­vato paghi invece 107 euro e aspet­te­rai solo una set­ti­mana. Ti sei frat­tu­rato un piede? Hai biso­gno di una visita orto­pe­dica. Se ti rivolgi al pub­blico paghi 31 euro di tic­ket e aspetti quasi un mese. Pagando invece un pri­vato avrai un ser­vi­zio quasi imme­diato: con 100 euro aspetti solo 5 giorni.
Per effet­tuare una colon­sco­pia in una strut­tura pub­blica il tic­ket costa 49 euro e si aspetta media­mente 84 giorni . Nel pri­vato con 213 euro si aspet­tano 8 giorni. Per effet­tuare una riso­nanza magne­tica del ginoc­chio il tic­ket è di 49 euro e l’appuntamento è dopo 68 giorni, nel pri­vato pagando 149 euro si aspet­tano 5 giorni.
Non sem­bra esserci scampo: in Ita­lia «il pri­vato bello per­ché fun­ziona». A con­di­zione, però, di essere in grado di pagare. Se non ci sono soldi, allora biso­gna affron­tare un lungo viag­gio che può anche non avere fine. La salute è una que­stione di classe.
Il Cen­sis segnala l’alternativa che scan­di­sce i tempi della nostra vita sociale. Nel pub­blico, ci sono tempi biblici, che pro­du­cono un sentimen[to di impo­tenza. L alter­na­tiva è la «fuga nel pri­vato». Oppure l’emigrazione. Nella sanità non c’è solo quella «clas­sica» dal Sud al Nord, ma anche dal Nord-Ovest verso il Nord-Est, ad esempio.
Secondo il rap­porto Rbm Salute-Censis ogni area geo­gra­fica ha una tariffa diversa. Per le visite spe­cia­li­sti­che (ocu­li­stica, car­dio­lo­gica, orto­pe­dica o gine­co­lo­gico) nel Nord-Est si paga 20 euro, men­tre al Sud più del dop­pio: 45 euro in media. Una mam­mo­gra­fia costa un minimo di 36 euro al Nord-Est. Nel Nord-Ovest un mas­simo di 48 euro.
La sanità pub­blica è peg­gio­rata. Que­sta è la con­sta­ta­zione del 38,5% degli ita­liani. Erano il 28,5% nel 2011. E crolla dal 57,3% del 2011 al 44,4% del 2014 la quota di chi giu­dica posi­ti­va­mente la com­pe­tenza delle regioni sulla sanità. Nella per­ce­zione comune esi­ste un rap­porto diretto tra i tagli alla sanità impo­sti dai piani di rien­tro, e quindi dal rigore di bilan­cio e dall’austerità, e l’abbattimento della qua­lità dei ser­vizi. La dismis­sione del pub­blico a favore della pri­va­tiz­za­zione della sanità ha pro­vo­cato un esodo in Europa.
Sono 1,2 milioni gli ita­liani che in sette anni hanno var­cato le alpi per curarsi. «Ormai si cura solo chi può. Sono stati can­cel­lati ospe­dali e ser­vizi ter­ri­to­riali, men­tre la cosid­detta riforma della P.A., che il Governo Renzi si appre­sta a varare, con­ti­nuerà nell’opera di sman­tel­la­mento – afferma Licia Pera (Usb) – cosa che si ripe­terà a breve con il Patto per la Salute [pre­sen­tato dal mini­stro della Salute Bea­trice Loren­zin che in que­sta­set­ti­mana si sta con­fron­tando con la con­fe­renza delle Regioni, ndr e i suoi 10 miliardi di tagli previsti».
Di diverso avviso la Cgil secondo la quale «il patto della salute deve met­tere in sicu­rezza il nostro ser­vi­zio sani­ta­rio, come un patri­mo­nio pub­blico irri­nun­cia­bile – afferma il respon­sa­bile poli­ti­che della salute della Cgil Nazio­nale, Ste­fano Cec­coni — deve rico­struire un finan­zia­mento ade­guato dopo la sta­gione dei tagli lineari e man­te­nere i risparmi della spen­ding review nel sistema sani­ta­rio, per resti­tuirli ai cit­ta­dini con più ser­vizi e meno tic­ket. Serve e con­viene abo­lire i tic­ket, con una vera e pro­pria “exit strategy”».

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