lunedì 16 giugno 2014

Il “caso Perugia”, la sconfitta brucia la brutta rendita di un Pd senza idee di Francesco Mandarini

Il pre­si­dente Mat­teo Renzi ha per­fet­ta­mente ragione: per il cen­tro­si­ni­stra non ci sono più ren­dite di posi­zione. Anche con­si­de­rando lo stato coma­toso del cen­tro­de­stra, per­dere Peru­gia e Livorno non è cosa da poco. Sarebbe comun­que utile al nuovo Pd una ricerca su come si siano for­mate le ren­dite che hanno potuto gestire gli eredi dei vec­chi par­titi della sini­stra e dell’area demo­cri­stiana non ber­lu­sco­niz­zata. Una ren­dita in poli­tica si può costruire in modi diversi. Attra­verso il clien­te­li­smo e di esempi ne abbiamo a iosa o cer­cando di far svol­gere alla poli­tica il ruolo per cui ha un senso, l’agire poli­tico: lavo­rare per cam­biare lo stato di cose esi­stente nell’interesse delle col­let­ti­vità che si governano.
L’Umbria uscita dalla guerra nazi-fascista era una regione meri­dio­nale con tassi di emi­gra­zione altis­simi, con povertà dif­fuse, città svuo­tate dalle sue forze migliori. Per capirci, sol­tanto nel 1972 l’Umbria tornò ad avere la stessa popo­la­zione del 1953. Nel disin­te­resse dei governi cen­tri­sti di que­gli anni sol­tanto le forze della sini­stra, comu­ni­sti e socia­li­sti, riu­sci­rono a costruire lotte di massa e pro­getti di svi­luppo in un per­corso di eman­ci­pa­zione che riguardò l’intero ter­ri­to­rio regio­nale. E non è stata sol­tanto eman­ci­pa­zione eco­no­mica. I grandi eventi cul­tu­rali nascono negli anni ’50, ’60 e ’70. Le città ini­ziano a rina­scere anche attra­verso la cultura.
Un esem­pio? Spo­leto che ospita da decenni uno dei festi­val più impor­tanti al mondo. Certo, genia­lità di Gian­carlo Menotti ma merito anche degli ammi­ni­stra­tori della città e dei poli­tici di quel tempo che lo sosten­nero in un’impresa dif­fi­ci­lis­sima. Con il Jazz c’entravamo poco ma ciò non impedì alla Regione di par­te­ci­pare all’invenzione di Umbria Jazz nelle piazze dei nostri bor­ghi gre­mite di gio­vani di tutto il Paese. In que­gli anni, l’Umbria è al cen­tro del dibat­tito nazio­nale sulla nuova psi­chia­tria. Merito dei medici dell’ospedale psi­chia­trico, ma è anche gra­zie al corag­gio dell’amministrazione pro­vin­ciale diretta da comu­ni­sti e socia­li­sti che assieme ai col­le­ghi di Trie­ste ebbero la forza di chiu­dere il mani­co­mio senza la coper­tura di una legge. Il primo piano di svi­luppo d’Italia è stato ela­bo­rato in Umbria. Lo venne a pre­sen­tare Ugo La Malfa usando espres­sioni di grande apprez­za­mento per la capa­cità delle classi diri­genti poli­ti­che di pre­fi­gu­rare la cre­scita di una comunità.
Il punto è que­sto: si pos­sono avere anche idee sba­gliate nell’amministrare un comune o una regione. Ma idee biso­gna averne. Senza si può gal­leg­giare nell’esistente, sal­vare il pro­prio inca­rico e null’altro. Que­sto è suc­cesso negli ultimi decenni. Quando il mare diventa mosso anche il gal­leg­giare diviene com­pli­cato. La scom­parsa dei par­titi di massa ha ragioni molto pro­fonde e sciocco sarebbe pro­porre la for­ma­zione dell’intellettuale col­let­tivo se non in modo radi­cal­mente diverso dal pas­sato. Il pro­blema è che i par­titi per­so­nali o i par­titi “seg­gio elet­to­rale” d’idee ne pro­pon­gono poche e scar­sa­mente par­te­ci­pate. Per­ché si è perso a Peru­gia? L’ultimo inter­vento di qual­che signi­fi­cato posi­tivo nella mia città sono state le scale mobili della Rocca Pao­lina. Era il 1984. Inter­venti ve ne sono stati moltissimi.
Anche troppi ma spesso sba­gliati. Il Piano rego­la­tore ha con­sen­tito la cemen­ti­fi­ca­zione di vaste aree e lo svuo­ta­mento del cen­tro sto­rico di abi­tanti e fun­zioni. L’autoreferenzialità del ceto poli­tico e ammi­ni­stra­tivo hanno impe­dito la messa a leva delle ener­gie migliori della società civile e dell’intellettualità peru­gina. Da città dei con­ve­gni Peru­gia si va tra­sfor­mando in una pic­cola Rimini senza il mare. Peru­gia non è la capi­tale della droga come la descri­vono auto­re­voli e spesso cial­tro­ne­schi gior­na­li­sti. Scioc­chezze. Peru­gia è una città col­pita da una crisi eco­no­mica duris­sima e da una crisi d’identità dovuta a classi diri­genti inna­mo­rate del pro­prio ombelico.

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