venerdì 8 agosto 2014

Fassina: «Questa rotta è suicida Renzi cambi verso» —  Daniela Preziosi, Il Manifesto

Intervista. L'ex viceministro: basta con il tabù del 3 per cento. Berlino non ha ragione, i dati lo dicono. Il principio di realtà non è un gufo. Stop ai veti di Verdini
L’Istat cer­ti­fica un paese in reces­sione, Renzi scrive ai par­la­men­tari della sua mag­gio­ranza: «L’Italia tor­nerà ad essere la guida, e non il pro­blema dell’eurozona», quasi l’incitamento a un eser­cito pieno di dubbi. Per Ste­fano Fas­sinadepu­tato, eco­no­mi­sta di punta dell’era ber­sa­niana, poi vice­mi­ni­stro del governo Letta, è appena uscito il suo Lavoro e libertà (Impri­ma­tur) che sostiene tesi che eufe­mi­sti­ca­mente defi­ni­remo non ren­ziane — è una gior­nata amara. Una gior­nata che ricorda un’agra bat­tuta di Altan: «Inter­ve­niamo o ci riser­viamo il pia­cere di dire che l’avevamo detto?». Fas­sina non vuole fare bat­tute. «La let­tera di Renzi mi pre­oc­cupa. Indica una grave sot­to­va­lu­ta­zione dei dati realtà. Non è l’Italia il pro­blema dell’Europa. È la linea di poli­tica eco­no­mica seguita dall’eurozona il pro­blema dell’Europa. E mi pre­oc­cupa anche la con­ferma degli obiet­tivi irrag­giun­gi­bili della spen­ding review. Ten­tare di rag­giun­gerli muti­le­rebbe ulte­rior­mente il wel­fare, aggra­ve­rebbe la reces­sione e aumen­te­rebbe il debito».
Anche l’Istat finirà nella cate­go­ria dei ’gufi’ coniata dal pre­si­dente Renzi?
Il dato del Pil, al di là della seconda cifra deci­male, era lar­ga­mente pre­vi­sto. Ad aprile, quando abbiamo discusso con il mini­stro Padoan alla com­mis­sione bilan­cio, ave­vamo detto che le pre­vi­sioni del governo erano irrealistiche.
Chi lo aveva detto? Il governo non era di que­sta opinione.
Il governo no, ma alcuni di noi hanno detto e scritto ripe­tu­ta­mente che la rotta mer­can­ti­li­sta ali­men­tata dall’austerità e dalla sva­lu­ta­zione del lavoro porta a defla­zione, disoc­cu­pa­zione e aumento del debito. Prin­cipi di realtà, non ’gufate’.
Il governo ora cosa dovrebbe fare?
Cor­reg­gere l’errore di impo­sta­zione che ha fatto all’avvio della pre­si­denza ita­liana del seme­stre euro­peo. Renzi ha sot­to­scritto docu­menti nei quali si dice che la ripresa è in corso e che la ricetta fun­ziona. E sulla base di que­sto assunto ha chie­sto fles­si­bi­lità per l’Italia: come dire, il treno va e noi siamo un vagone un po’ più lento. E invece così è inso­ste­ni­bile l’euro e sono inso­ste­ni­bili i debiti di tanti paesi euro­pei, fra i quali l’Italia. Que­sto è il nodo vero: Renzi deve urgen­te­mente porlo a Ber­lino, Bru­xel­les e Fran­co­forte. E deve atti­varsi affin­ché ci sia un mec­ca­ni­smo di gestione coo­pe­ra­tiva dei debiti. Sul ver­sante interno, dob­biamo supe­rare il tabù del 3 per cento del rap­porto fra defi­cit e Pil: ci para­lizza. Siamo in con­di­zioni ecce­zio­nali, abbiamo perso 10 punti di Pil dal 2008, siamo in defla­zione. Serve una mano­vra espan­siva con la quale con­so­li­dare in bonus Irpef, intro­durre misure di con­tra­sto alla povertà, riqua­li­fi­care e rial­lo­care la spesa pub­blica. Niente nuovi tagli: dob­biamo allen­tare il patto di sta­bi­lità interno e fare poli­ti­che anti­e­va­sione per recu­pe­rare le risorse. E così tor­ne­remo sotto il 3 per cento più avanti.
Sem­brano pro­po­ste irri­ce­vi­bili per un’Europa che non ci vuole con­ce­dere nean­che una mag­giore flessibilità.
Ma non c’è alter­na­tiva. Dire che la ripresa è in corso e la ricetta fun­ziona non ha fon­da­mento. L’eurozona ha gene­rato sette milioni di disoc­cu­pati in più e ha aumen­tato il debito pub­blico in media dal 65 al 95 per cento. È la rotta che non fun­ziona. E se andiamo avanti con l’agenda Monti e Mer­kel, può solo andare peggio.
L’agenda Monti era anche l’agenda Letta, il governo di cui lei ha fatto parte.
In qual­che misura sì. Ma la mano­vra di Letta è stata l’unica espan­siva, se pur mode­ra­ta­mente. Ma non mi voglio sot­trarre: anche Letta si è mosso in que­sto qua­dro. Poi abbiamo spe­rato in un cam­bia­mento. Non è andata così. Renzi cerca dero­ghe alle linea. È la linea ad essere sbagliata.
Letta era meglio di Renzi?
È pre­sto per dirlo, e lo dico da non ren­ziano. Gli 80 euro sono una boc­cata di ossi­geno per chi li riceve, ma sono stati finan­ziati i con i tagli di spesa e pro­du­cono un effetto nega­tivo. Lo stesso effetto del decreto Poletti, che aggrava la pre­ca­rietà e quindi pesa nega­ti­va­mente sulle retri­bu­zioni e sui con­sumi delle famiglie.
Il mini­stro Padoan dice: spen­dete que­sti 80 euro, li avrete per sempre.
L’effetto elet­to­rale degli 80 euro è stato posi­tivo, quello macroe­co­no­mico no, e il mini­stro lo sa. Mi pre­oc­cu­pano le parole di Padoan: sot­to­va­luta la gra­vità dei pro­blemi e con­ti­nua ad affi­darsi a una ricetta che ha dimo­strato sul campo di aggravarli.
Padoan esclude una mano­vra aggiuntiva.
Sarebbe un errore, e voglio cre­dere che non si fac­cia. Del resto ormai, ad ago­sto, sullo scor­cio finale dell’anno, non avrebbe grande effi­ca­cia. È pre­oc­cu­pante invece l’impostazione della legge di sta­bi­lità del 2015. Può por­tare a un altro anno di reces­sione oppure dare ossi­geno all’economia e avviare la ripresa. Non si può ragio­nare sui deci­mali dopo che abbiamo perso 10 punti di Pil. Non era mai acca­duta una reces­sione così lunga. Cosa deve acca­dere ancora per ren­dere evi­dente che la rotta non va?
Intanto il governo è alle prese con la defe­zioni del com­mis­sa­rio alla spen­ding review e con gli inse­gnanti di ’quota 96’.
Due casi diversi. Ma il governo deve assu­mersi le sue respon­sa­bi­lità anzi­ché sca­ri­carle sulle tec­no­strut­ture. Su ’quota 96’ c’è una chiara respon­sa­bi­lità poli­tica: il governo ha scelto di non rico­no­scere le posi­zioni del parlamento.
Doveva farlo anche se non c’erano le coperture?
Se fosse stato solo que­sto, si sosti­tui­vano le coper­ture. Stiamo par­lando di meno 100 milioni per 4 o 5 anni. No, è stata una scelta poli­tica. Sbagliata.
Renzi intanto ha ini­ziato le sue riforme con quelle costi­tu­zio­nali, le meno urgenti e quelle biso­gnose di mag­gior appro­fon­di­mento. Ha sba­gliato priorità?
No, di que­ste riforme ave­vamo biso­gno e comun­que non sono alter­na­tive a cam­biare la rotta eco­no­mica. Ma non va bene il modo con cui sono state por­tate avanti: non si doveva pro­ce­dere con le prove di forza e le for­za­ture rego­la­men­tari. Ora però si pone un pro­blema: il rap­porto con Forza Ita­lia, giu­sti­fi­cato nelle riforme costi­tu­zio­nali, si vuole strin­gere di più di fronte ai dati eco­no­mici nega­tivi? Sarebbe un sui­ci­dio per il paese oltre­ché per il Pd.
Renzi tende a dare del ’gufo’ a chi la pensa diver­sa­mente da lui. Que­sti dati eco­no­mici gli con­si­glie­ranno uno stile diverso?
Non si pos­sono disco­no­scere i dati di realtà. Quando alcuni di noi sot­to­li­neano che le cose non vanno bene non è per boi­cot­tare o gufare, ma per tro­vare soluzioni.
Non sarà che Renzi è obbli­gato ad avere come prin­ci­pale alleato Ber­lu­sconi, per lui più affi­da­bile di Sel, M5S e anche forse di alcuni della ex sini­stra Pd?
Il rap­porto con Forza Ita­lia è neces­sa­rio e giu­sto nelle riforme costi­tu­zio­nali che si fanno tutti insieme. Ma non può essere esclu­sivo. La domanda la fac­cio io: Renzi lavora per ren­derlo esclusivo?
Il rap­porto con Forza Ita­lia è esclu­sivo per forza. I ’pic­coli’ di mag­gio­ranza e oppo­si­zione chie­dono cose — sull’Italicum per esem­pio pre­fe­renze e soglie basse — alter­na­tive a quelle chie­ste dagli azzurri.
Par­tiamo da quello che serve all’Italia, non a Ber­lu­sconi. All’Italia serve esclu­dere una forza con tre milioni di voti? Ser­vono le liste bloc­cate? Capiamo gli obiet­tivi. Non pos­siamo solo accet­tare i veti di Verdini.
Renzi potrebbe avere la ten­ta­zione di por­tare il paese al voto?
Sarebbe il fal­li­mento di tutti e soprat­tutto chi ha la mas­sima respon­sa­bi­lità poli­tica nel paese. Comun­que se è una minac­cia, è una minac­cia ridi­cola da parte di chi la fa come solu­zione per arri­vare a gruppi par­la­men­tari più omo­ge­nei. Andare al voto con il con­sul­tel­lum signi­fi­che­rebbe eleg­gere un gruppo par­la­men­tare plu­rale e più pic­colo. Non pia­ce­rebbe a quelli che lo minacciano.
Il rap­porto con Sel è in crisi. Il cen­tro­si­ni­stra non c’è più, e l’Italicum al momento non costrui­sce alleanze. Cor­re­rete soli?
Sel è un nostro alleato natu­rale. Ha sba­gliato a fare l’ostruzionismo, ma l’ha fatto dopo la dele­git­ti­ma­zione morale delle sue posi­zioni. Ora nelle nuove let­ture sia della riforma del senato che della legge elet­to­rale sarà respon­sa­bi­lità di tutti, ma in primo luogo della mag­gio­ranza e del governo, rico­struire un clima di coo­pe­ra­zione. Non c’è il diritto di veto di nes­suno, certo. Ma nean­che di Ver­dini. A livello ter­ri­to­riale Pd e Sel fanno insieme ammi­ni­stra­zioni di qua­lità. E que­sto rap­porto non è un valore solo in ter­mini quan­ti­ta­tivi ma segna il pro­filo cul­tu­rale e poli­tico del Pd.
Non è che lei ha in mente un Pd che ormai non c’è più?
Non siamo arri­vati a un equi­li­brio di lungo periodo. Siamo in una fase dif­fi­cile e piena di con­trad­di­zioni, in movi­mento. L’impegno di tanti di noi è con­tri­buire a un pro­filo del Pd che vada su una linea alter­na­tiva a quella sulla quale siamo ora e che genera i risul­tati che vediamo. Se seguiamo la ricetta di Sac­coni sull’art.18, se fac­ciamo altri tagli al wel­fare forse non sarà un pro­blema per il Pd, ma il paese andrà a fondo. Serve un’agenda alter­na­tiva, e un rap­porto con le forze in sin­to­nia con questo.
Il popolo che lei incon­tra in tutta Ita­lia alle feste dell’Unità non chiede invece anche a voi, oppo­si­zione o ex oppo­si­zione interna, di lasciare lavo­rare Renzi?
Ci chiede tante cose, chi di farlo lavo­rare, chi di cor­reg­gere la rotta. Noi non siamo oppo­si­zione, por­tiamo avanti un punto di vista che vuole con­tri­buire al suc­cesso del governo a fare riforme: a farle bene, però.

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