martedì 16 settembre 2014

Renzi balla sulle macerie del Paese Di ilsimplicissimus


Italia che affondaAltro che discorsi programmatici, fumisterie, battute, bugie  e senati di salvezza giudiziaria : il Paese è in caduta libera, come ormai tutti i dati evidenziano, come viviamo sulla nostra pelle: il Pil cala ancora, la produzione industriale crolla, il debito cresce e la domanda aggregata sprofonda mettendoci in mano i due nefasti tarocchi di recessione e deflazione, mentre l’unica preoccupazione del governo è quella di stare nei parametri, come se questo avesse un significato economico e non fosse solo l’esoso prezzo da pagare all’unione monetaria. “L’Italia è morta” si fa sapere da Mediobanca a meno che Draghi non riesca a lanciare una bomba nucleare. “L’Italia sarà costretta a uscire dall’euro” rintocca la Die Welt dopo l’uscita dei drammatici dati Ocse.
Ma ogni azione volta alla ricostruzione del Paese dalle sue fondamenta, come ormai è necessario, può cominciare solo dall’abbandono della strada imboccata fin dall’inizio della crisi prima con la residua futilità berlusconiana, poi con i governi di stretta osservanza Ue e liberista. Il progetto Napolitano misto di feticismo europeista, di liberismo economico e di tentazioni oligarchiche nascoste sotto il velo della governabilità è completamente fallito. Attaccarsi a Renzi come fa la classe dirigente, in un estremo tentativo di gattopardismo, per conservare il proprio modello deviante, gli assi di potere, le nicchie di rendita e l’umiliazione del lavoro non significa tenersi ancorati all’ultima spiaggia, ma annegare..
Era sembrata una buona idea quella di salvare le elezioni europee sostituendo il perdente ectoplasma Letta con il giovane saltapicchio mediatico  di Rignano: certo personaggio inconsistente appena spente le telecamere e proprio per questo facile creta per Berlino che lo aveva voluto e spinto. Ma la ripresa e la crescita ormai imminenti,  come da segreto di Fatima liberista, lo avrebbero tenuto sulla cresta dell’onda dell’opinione pubblica e avrebbero reso più facile  il compito di trasformarci nella Magna Grecia. Ossia in una Grecia più grande, fossilizzando il sistema politico con una legge elettorale anticostituzionale, precarizzando definitivamente il lavoro, abbattendo il welfare, svendendo le poche cose rimaste, dando in pasto alle multinazionali i beni comuni. Bastava completare l’opera di ventennale disgregazione dello stato sociale e del sistema dei diritti, facendo finta di essere un innovatore, imbastendo qualche farsa come quella degli 80 euro, cianciando tronfio su Twitter e nei talk show.
Non è andata così: le ricette erano sbagliate come persino l’Fmi oggi riconosce, la moneta era sbagliata, l’Europa costruita dalle elite e dalle lobby era sbagliata, gli interessi perseguiti non erano quelli del Paese, ma di altri, un errore colossale svendere la sovranità a organismi sostanzialmente di mercato come era nelle intenzioni dei centri finanziari. Invece di gettare il peso del Paese nel cercare di mutare il main stream del declino quando ancora si poteva, ci si è assoggettati mani e piedi allo stesso per mancanza di vitalità politica, stroncata dal berlusconismo e dall’anti berlusconismo come metadone delle idee. Ora ci verrà detto che le cose vanno male perché non abbiamo fatto abbastanza massacri, non abbiamo svenduto abbastanza il futuro e la dignità. Ma l’unica maniera di uscirne è proprio quella di estirpare alla radice il modello Napolitano, cominciando a denudare il guappo che per ultimo nel tempo se ne è fatto interprete e maggiordomo. Prima di essere denudati noi.

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