venerdì 24 ottobre 2014

La “svolta nera” della Lega Nord, l’emulazione di Grillo, lo stupore a sinistra

A sorprendere è lo stupore di taluni di fronte alla svolta “nazionalista” e di estrema destra della Lega Nord, al successo di Stop invasione, la manifestazione verde-nera di Milano, alla più recente sortita razzista di Beppe Grillo.
A proposito della prima: ammesso che non si conoscessero i lavori di Roberto Biorcio e di Saverio Ferrari, per prevedere che la “crisi” leghista avrebbe potuto avere uno sbocco di tal genere sarebbe bastato leggere Svastica verde, di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci (Editori Riuniti, Roma 2011) con una mia postfazione sulle matrici neonaziste del leghismo.
In fondo, la decisa virata a destra sotto la guida di Salvini non è che un ritorno alle origini: abbandonato, almeno per ora, il secessionismo, si valorizzano tutti i vecchi temi d’impianto razzi­sta, perfino nazionalsocialista, e si mettono a frutto la partecipazione abituale all’internazionale nera e la frequentazione costante dell’estrema destra nostrana, favorita dalla biografia politica di non pochi dirigenti leghisti.
Lo stupore e lo sgomento di certuni hanno a che fare anche con l’abitudine di minimizzare il pericolo leghista. Ho ricordato altrove che, quando il nostro compianto Walter Peruzzi intraprese, con Gianluca Paciucci, la ricerca da cui sarebbe scaturito Svastica verde, non pochi, a sinistra, consideravano questo un tema démodé, ritenendo che la Lega Nord fosse ormai destinata al declino. Qualche studioso assai radicale l’aveva da tempo derubricata a fenomeno folclorico, del tutto irrilevante rispetto al razzismo di Stato. Né poi suscitò chissà quale indignazione che i due autori –pur inattaccabili, dato il rigore della loro documentazione– fossero stati querelati da Calderoli e Borghezio.
Una tale sottovalutazione dipende anche dal fatto che non tutta la sinistra ha ripudiato il teorema dalemiano della “costola della sinistra”.  Ricorrendo a un sillogismo bislacco e antistorico, si è spesso fatto riferimento al “forte radicamento territoriale e popolare” e alla “composizione sociale eterogenea” della Lega Nord per negarne o sminuirne il carattere reazionario e razzista, e per nutrire l’illusione che essa potesse essere “incivilita”.
Lo scrissi a tempo debito, ma conviene ribadirlo: il fantasma della “costola della sinistra” ha aleggiato fino a tempi recenti. Basta citare l’intervista rilasciata alla Padania dal buon Bersani a febbraio 2011, un mese dopo la pubblicazione di Svastica verde. Privilegiando la tattica più contingente, in quell’intervista l’allora segretario del maggior partito di opposizione proponeva un patto politico per il federalismo tra “le sole due vere forze popolari e autonomiste”; e, rispondendo a una domanda esplicita, negava l’inclinazione razzista della Lega.
Oggi che la crisi economica e la sua dissennata gestione renziana hanno precipitato nel baratro le classi popolari e buona parte dei ceti medi, non c’è da sorprendersi se a cercare di raccoglierne e rappresentarne gli umori, dirottandoli verso i capri espiatori di sempre –migranti, rifugiati, rom e altri indesiderabili– sia “un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario” (Peruzzi e Paciucci), che ora imita più il Front National di Jean-Marie Le Pen che quello della figlia Marine.
E’ già accaduto nella storia recente, per dirlo con una frase fatta. E’ accaduto anche per limiti ed errori della sinistra del tempo. E accade oggi, quando ci si stupisce anche dell’ultima sparata allarmistica di Beppe Grillo sul rischio di pandemia da virus Ebola, che arriverebbe da noi “sui barconi”. Eppure non è la prima del genere: già a settembre Grillo ci aveva provato con l’allarme a proposito della tubercolosi, anch’essa di origine aliena, a suo dire.
In realtà, è da molti anni che il meta-comico si esercita in mediocri battute razziste: dai “confini sconsacrati della Patria” alla “bomba a tempo” dei rom romeni,  dal “se gli immigrati gli piacciono tanto, se li porti a casa sua”,  fino al paventato rischio della “liberalizzazione delle nascite” qualora chi nasce in Italia da genitori “stranieri” fosse riconosciuto cittadino italiano.
Oggi Grillo, pur senza il consenso di buona parte dei suoi, si esercita nella caccia all’untore per calcolo politico, certo, per tentare di strappare consensi al Carroccio, ma anche perché intrinseco gli è il mélange d’ignoranza e razzismo.
Una tal contesa tra una Lega Nord estesa ai neonazisti e un grillismo che cerca d’imitarla, anch’esso titillando i più bassi umori popolari, è assai preoccupante. Lo è altrettanto l’impotenza della sinistra, finora incapace di dar voce razionale e rivendicativa alla disperazione sociale, e d’incanalarla verso sbocchi sindacali e politici adeguati alla gravità del momento. Speriamo che lo sciopero generale dei sindacati di base e la manifestazione nazionale della Cgil segnino un’inversione di tendenza.
Annamaria Rivera

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