venerdì 28 novembre 2014

Fattore umano di Massimo Gramellini, La Stampa


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Il progetto intorno al quale Nichi Vendola intende rifondare la sinistra italiana si chiama «Human Factor» e non è una battuta, come sulle prime mi ero augurato, soprattutto per lui. Chi arriccia il naso quando Renzi va da Maria De Filippi ha scelto un nome che strizza l’occhio a un programma televisivo di successo e lascia immaginare selezioni di candidati affidate ai compagni Morgan e Mika (molto più autorevoli degli attuali addetti alla compilazione delle liste elettorali). Chi combatte gli algidi sacerdoti del capitalismo finanziario ha deciso di ricorrere alla stessa lingua universale e impersonale che quelli usano per tagliare teste e spostare denari. Il classico esempio di un’iniziativa politica che nell’atto stesso della sua nascita riconosce di avere già perduto la partita culturale, scimmiottando l’avversario che vorrebbe sconfiggere.  
I nomi non sono un’etichetta delle cose. Sono le cose. E «fattore umano» è espressione talmente forte. C’era davvero bisogno di tradurla nel latinorum parlato da una società che di quel fattore fa sistematicamente strame? L’inglese va bene per strappare un applauso nei convegni delle élite. Ma per chi ha bisogno di ritrovare consensi nei supermercati sarebbe auspicabile rivolgersi ancora all’italiano, come ha imparato a fare persino Salvini. Se il modello di riferimento restano i greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos, il primo passo potrebbe consistere nell’accorgersi che si chiamano Syriza e Podemos, mica Left Coalition e We Can.

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