domenica 23 novembre 2014

“Fuori da SEL perché Nichi su Taranto ha sbagliato” di Roberto Polidori, Siderlandia.it

Con una nota diramata due giorni fa il circolo “Sandro Pertini” di SEL (quello con il maggior numero di iscritti a Taranto) ha annunciato la sua fuoriuscita dal partito. Abbiamo approfondito le ragioni di questa scelta con il segretario, Luca Contrario.
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Il Circolo “Sandro Pertini” di  Taranto ha deciso di uscire a larga maggioranza da Sinistra Ecologia e Libertà. Quali sono le motivazioni salienti della decisione?
La decisione è maturata dopo una lunga riflessione su cosa sia in realtà SEL: un partito leaderistico, in moltissime occasioni un giocattolo privato di Nichi Vendola in cui scarseggia la democrazia interna; questo approccio “proprietario” alla gestione del partito ha determinato, sul territorio di Taranto, una quantità di errori politici impressionante: l’appoggio al sindaco Ippazio Stefano, la scelta delle alleanze, le modalità di adesione all’Altra Europa per Tsipras alle Europee, le opache relazioni con rappresentanti della grande industria, la mancanza di relazioni con l’associazionismo locale, la scelta dei rappresentanti istituzionali. Siamo usciti dal momento che siamo stati completamente tagliati fuori da ogni possibilità di partecipazione alle decisione di strategie nel partito.
E’ tempo di i bilanci dopo 10 anni di Governo Sel in Puglia. Cosa ha rappresentato Nichi Vendola per la Puglia dal punto di vista dei risultati economici e delle capacità amministrative?
A mio avviso, nonostante Taranto meriti un discorso a parte perché trattata da “periferia dell’impero”, considero complessivamente positivo il bilancio di 10 anni di Governo Sel in Puglia: l’immagine della Puglia all’esterno della Regione è indubbiamente migliorata rispetto a quella risultante dalla gestione Fitto. Vendola ha puntato sulle politiche giovanili, sul piano paesaggistico del territorio, sul piano straordinario del lavoro, sulle politiche turistiche; i limiti della “narrazione vendoliana”, però, sono venuti fuori là dove c’era da scardinare i gangli di potere e di interesse troppo forti e strutturati: i rapporti con grande industria e sanità sono inquietanti e qui SEL ha fallito.
E a Taranto?
Il grande fallimento su Taranto è legato al rapporto con la pancia di questa città. Ad un certo punto – ed io l’ho evidenziato in diverse sedi a diversi livelli istituzionali – il nostro partito ha smesso di ascoltare il dissenso che arrivava da questa città, ascrivendolo frettolosamente a strumentalizzazione e populismo. Vendola ha deciso di gestire personalmente il rapporto con la grande industria, tradendo la fiducia di chi aveva contribuito a farlo eleggere: ne è un esempio la famosissima intercettazione della telefonata ad Archinà. A nostro avviso Vendola avrebbe dovuto mantenere distacco ed atteggiamento formale nei confronti di chi, comunque, gestisce rapporti in conflitto con le esigenze della città. A mio parere – vedi anche Obama –  la delusione del “fenomeno Vendola” sconta anche il fisiologico calo di consensi di chiunque sia stato eletto con così grandi aspettative di cambiamento, ma a Taranto gli errori sono stati troppi: si consideri anche l’appoggio politico per le prossime elezioni a personaggi appartenenti a mondi e rappresentanti interessi che non hanno certo nel D.N.A. le istanze di sinitra che noi consideriamo indispensabili per instaurare un percorso politico condiviso. Da questo punto di vista c’è una discrepanza tra interessi che i documenti congressuali di Sel vorrebbero rappresentare e quelli salvaguardati dalle persone che Vendola ha deciso di porre alla guida di Sel a Taranto  
A questo punto ti chiedo chi è Nardoni, possibile prossimo candidato sindaco Sel a Taranto.
E’ un imprenditore che viene da Confindustria: dubito fortemente che ritenga possibile un mondo alternativo a quello attuale, dominato da istanza liberiste che, evidentemente, hanno irretito anche Vendola. Potrebbe trattarsi di un buon amministratore, ma non credo proprio che si adopererà per il modello sociale che Sel, stando ai documenti congressuali, vorrebbe e dovrebbe abbracciare.
E con che logiche Vendola ha governato la Puglia?
Premetto che se, come Vendola, sei contemporaneamente leader nazionale di un partito politico e Presidente di una regione crei incongruenze: come Presidente di Regione devi mantenere alleanze di compromesso per avere la maggioranza, cosa che un leader politico può non fare. Questo doppio ruolo non ha consentito a Vendola di strutturare un partito e poi, SEL, più che un luogo di stimolo politico e pungolo per l’azione amministrativa, è finito per essere una cassa di risonanza della regione Puglia. Dal mio punto di vista, se come leader politico Nichi ha sbagliato tutto portando a sfinimento il progetto SEL, come amministratore ha fatto complessivamente bene in Puglia, al netto dei macroscopici errori a Taranto.
E con che logiche Vendola guida il partito a livello nazionale?
Ritengo che l’immagine del “leader” Vendola sia consumata anche all’esterno della Puglia, non più capace di elaborare un progetto inclusivo e plurale con la voglia di parlare a mondi di movimento e di conflitto. Il partito non è stato proprio creato: è una sorta di carro su cui si sale per cercare di arrivare ad incarichi amministrativi personali . D’altra parte Vendola è percepito come uomo di potere, quindi incapace di incarnare le istanze del conflitto: probabilmente i risultati che avremo in Calabria ed Emilia tra qualche giorno certificheranno ciò. Esiste una discrepanza tra dichiarazioni forti di rottura e pratiche concilianti con il PD: in teoria Vendola ha voluto incarnare l’immagine del leader rivoluzionario, ma nella pratica è sceso a compromesso con i poteri forti. L’unico momento di democrazia reale in SEL è stato l’ultimo Congresso in cui la scelta del leader di appoggiareil PSE di Schultz, sancita nel sua relazione iniziale, è stata messa in minoranza dalla decisione dei delegati di appoggiare Tsipras. L’assemblea avrebbe voluto, sulla base di voti certificati, seguire modelli più vicini a Syriza, entrando nel GUE – la sinistra europea – in netta contrapposizione al PSE. Invece, il giorno dopo, ci siamo comportati in modo diverso come partito: ci siamo blindati in decisioni di apparato candidando, per esempio, De Palma alle Europee, una persona dichiaratamente a favore del Partito Socialista Europeo. Insomma… siamo tornati sulla posizione di Vendola, ma se noi non capiamo chi, quando e come decide la linea del partito è evidente che il partito è un comitato elettorale permanente gestito da una persona sola al comando, circondato da fedelissimi del cerchio magico, più che da dirigenti.
Trattandosi di un partito fortemente identitario, tu ritieni che “l’ordine dall’alto” di puntare alle prossime Regionali su Dario Stefano sia un segnale di discontinuità con il passato?
Scherzi, vero? Io penso che, se dopo 10 anni di Governo in Puglia, SEL deve aggrapparsi ad un uomo di Confindustria ed ai suoi voti senza presentare un portavoce che rappresenti le nostre istanze, allora il progetto storico è miseramente fallito. Insomma: prima di decidere il candidato, un partito deve prima accertarne democraticamnte i requisiti in base ai principi sociali che il suo statuto ha deciso di difendere. Qui, invece, Vendola ha indicato il candidato in una conferenza stampa tenuta il giorno prima che l’Assemblea Regionale SEL ratificasse la decisione. Insomma, da coordinatore di Circolo registro la frustrazione di tanti iscritti che vorrebbero dare voce alle esigenze della base: non me la sento più di chiamare a raccolta i soldatini quando c’è da sostenere decisioni prese dall’alto, non voglio più fare il portatore d’acqua per questo partito.
Dopo aver “parlato bene”, i bubboni a Taranto sono sempre là, più purulenti che mai: inquinamento e sanità. Che idea ti sei fatto circa le possibili soluzioni?
Oggettivamente non esistono vie facili a problemi complessi che ci trasciniamo da 40 anni: chi ti dice di avere la soluzione in tasca lo fa per motivi elettorali perché non esiste una soluzione immediata; possiamo capire che strada imboccare ma ci vorrà comunque tempo per percorrelrla e, in caso di chiusura dell’impianto, dobbiamo essere pronti ad altri tipi di sofferenza. Detto questo, la gente muore di cancro e la nazionalizzazione sarebbe una soluzione ma non ci credo, quindi non credo all’ambientalizzazione dell’impianto: credo che investire miliardi di euro in un impianto obsoleto che produce un bene si importante, ma in un mercato con domanda calante, non sia una scelta strategica. Se fosse tecnicamente possibile io comincerei a praticare alternative economiche con area a caldo chiusa e altre modalità di produzione dell’acciaio; del resto Taranto ha anche altre potenzialità: la valorarizzazione del Borgo Antico, Mar Piccolo, il turismo. Partendo da questo presupposto il “no” a Tempa Rossa non è solo ancorato a solide evidenze empiriche (ulteriore inquinamento da idrocarburi), ma è anche un simbolo della voglia di riscatto di una città e della tendenza che vogliamo dare al futuro sviluppo economico.
Adesso il Circolo cosa farà?
Resteremo in vita come circolo politico-culturale e proveremo ad essere motore di un’alternativa a sinistra sul territorio di Taranto, finalmente liberi da un fardello impossibile da portare. Non so dirti se elaboreremo un percorso elettorale e se il Laboratorio Pertini resterà in vita così com’è: posso solo dirti che ci dedicheremo alle problematiche specifiche del nostro martoriato territorio, cureremo questo luogo di discussione politica dando democraticamente espressione alle voci anche dissenzienti che, per troppo tempo, nel partito di Nichi sono state smorzate. Le porte sono aperte a tutti i movimenti tarantini che vogliono provare a discutere con noi.

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