giovedì 20 novembre 2014

Podemos: «Siamo il voto della speranza». Intervista a Pablo Iglesias, leader di Podemos

«Non è possibile il cambiamento in un Paese solo, per cambiare bisogna allearsi in vari Paesi. E se andremo al governo la Spagna uscirà dalla Nato»
20europa-foto-aleandro-biagianti-iglesias-Euro­par­la­men­tare della Sini­stra euro­pea nel Gue-Ngl, «che difende la dignità dei popoli e la demo­cra­zia». Anche neo segre­ta­rio gene­rale del movi­mento Pode­mos, che nella sor­presa gene­rale ha con­qui­stato l’8% alle ele­zioni con­ti­nen­tali di mag­gio ed è accre­di­tato oggi dai son­daggi come prima forza poli­tica del paese con il 27%. Insomma il tren­tenne Pablo Igle­sias sta diven­tando per gli spa­gnoli quello che Ale­xis Tsi­pras è per i greci: un peri­colo pub­blico, come è stato già omag­giato da alcuni media, per l’Europa dell’austerity di Bar­roso e ora di Juncker.
In un anno lei è pas­sato da essere un pro­fes­sore uni­ver­si­ta­rio ‘indi­gnato’ a diven­tare la guida poli­tica di una realtà che, visti i son­daggi, è più apprez­zata dei popo­lari che sono al governo e dei socia­li­sti che sono all’opposizione. Come spiega il suc­cesso di Podemos?
Per la situa­zione ecce­zio­nale che ha vis­suto la Spa­gna in que­sti ultimi anni, dove la crisi eco­no­mica è diven­tata crisi poli­tica, e a seguire crisi di sistema. In que­sto con­te­sto, siamo diven­tati uno stru­mento, poli­tico, di cam­bia­mento. Quando il neo­nato movi­mento ‘15M’ ha ini­ziato a denun­ciare le stor­ture del paese, solo per fare un esem­pio sui costi della poli­tica, la mobi­li­ta­zione delle piazze non aveva ini­zial­mente una rica­duta elet­to­rale. Così ci dice­vano: «Indi­gnati, andate alle ele­zioni e vediamo cosa com­bi­nate». Ora non lo dicono più.
Non c’è il rischio che un suc­cesso così rapido, così come è arri­vato, possa sva­nire in breve?
In poli­tica ci sono sem­pre dei rischi. Ma noi pen­siamo di rap­pre­sen­tare non sol­tanto il voto degli arrab­biati, anche il ‘voto della spe­ranza’. Per­ché ci possa essere una vita migliore, più degna di essere vis­suta rispetto a quanto hanno sof­ferto gli spa­gnoli, e non solo loro, in que­sti anni della crisi. Vogliamo, come Tsi­pras, «mobi­li­tare la speranza».
Nell’analizzare il vostro suc­cesso e quello di Syriza, un suo col­lega del Gue-Ngl, il gior­na­li­sta ita­liano Cur­zio Mal­tese, osserva che i vostri pro­grammi sono con­no­tati da una cri­tica radi­cale all’Ue ancor più che con­tro i governi nazio­nali, con­si­de­rati ormai come ese­cu­tori ‘peri­fe­rici’ di poli­ti­che decise altrove. ‘Tsi­pras e Igle­sias – tira le somme Mal­tese — dicono che vogliono vin­cere, e gover­nare, per cam­biare le poli­ti­che con­ti­nen­tali. Gli elet­tori li pre­miano’. Che ne pensa?
E’ una chiave di let­tura con­vin­cente. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non è pos­si­bile il cam­bia­mento in un paese solo. Si devono fare alleanze in vari paesi per cam­biare le cose. Per sfi­dare un potere così forte come quello che abbiamo davanti, l’Ue dei poteri finan­ziari delle ban­che, dob­biamo essere in tanti. Per entrare dove si pren­dono dav­vero le decisioni.
Non le sem­bra che sia pro­prio il pro­getto che in Ita­lia ha por­tato alla nascita del pro­getto poli­tico dell’Altra Europa, appog­giando la can­di­da­tura di Tsipras?
E’ vero, gli ita­liani hanno letto in modo par­ti­co­lar­mente bril­lante la situa­zione. Men­tre in altri paesi del sud con­ti­nen­tale la pro­te­sta si è invece river­sata sull’opposizione ai paesi nor­dici. Con slo­gan del tipo: «Non vogliamo diven­tare dei pro­tet­to­rati». E quando i nor­dici accu­sano, anche noi spa­gnoli, di essere gente che non vuole lavo­rare, io rispondo che non è vero. Per­ché, dati alla mano, in Spa­gna lavo­riamo parec­chio, quando il lavoro c’è. E anche voi in Italia.
Un suo com­pa­gno è inter­ve­nuto alla discus­sione sulla crisi delle social­de­mo­cra­zie con­ti­nen­tali facendo una osser­va­zione sem­plice e pro­fonda: «Pode­mos ha suc­cesso per­ché rompe lo schema ormai fit­ti­zio destra-sinistra, in un momento sto­rico che invece chiama a sce­gliere fra la con­ti­nuità o la rottura».
Anche per rispon­dere a chi ci dice che siamo i gril­lini spa­gnoli, ricordo che noi non abbiamo mai detto di essere né di destra né di sini­stra. Io sono di sini­stra, è chiaro. Ma per noi destra e sini­stra sono, per così dire, meta­fore che non hanno più ade­renza con la realtà odierna. Ma non siamo i gril­lini spa­gnoli, anche se li ho cono­sciuti a Stra­sburgo e penso che tanti di loro sono ragazzi bravi, con cui è pos­si­bile lavo­rare insieme.
Anche per uscire dall’euro, come loro chiedono?
Secondo me non è pos­si­bile uscire dall’euro in que­sto momento, anche se l’euro è diven­tato uno stru­mento di quella ege­mo­nia finan­zia­ria che noi con­te­stiamo alla radice. Potremo cam­biare le cose, ma solo con governi popo­lari in Gre­cia, in Spa­gna e dovun­que avverrà. Ad esem­pio, in Spa­gna, se andremo al governo usci­remo dalla Nato. Sap­piamo che non è per niente facile. Ma io voglio difen­dere la sovra­nità del mio paese, non voglio avere sol­dati stra­nieri in Spagna.
Qual è la posi­zione di Pode­mos nei con­fronti delle spinte indi­pen­den­ti­ste, nei Paesi Baschi come in Catalogna?
Pre­messo che votare è sem­pre una cosa impor­tante, posso rispon­dere che i cit­ta­dini devono avere il diritto a deci­dere su tutte le cose, dall’economia ai diritti sociali. Anche sulle que­stioni ter­ri­to­riali. Però penso che la Spa­gna sia un paese di nazioni, e che i pro­blemi si risol­vono con la demo­cra­zia. Per­so­nal­mente, non voglio una Cata­lo­gna fuori dalla Spagna.
Come giu­dica Mat­teo Renzi?
Un bravo comu­ni­ca­tore. Ma c’è tanta dif­fe­renza fra quello che dice e quello che fa. Anche lui, ha spinto per l’elezione di Junc­ker. E da voi sta facendo una trat­ta­tiva con Ber­lu­sconi per esclu­dere le altre forze poli­ti­che. Non ha fatto nulla per dire ai poteri finan­ziari, a Wall Street, che lui è dalla parte dei cit­ta­dini. Penso che il poli­tico ita­liano più felice di Renzi sia Sil­vio Berlusconi.
RICCARDO CHIARI
da il manifesto

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