domenica 23 novembre 2014

Renzi e le riforme non riformiste di Alberto Burgio, Il Manifesto

Partito democratico. Quel che c’è oggi a sinistra non è in grado di incidere sul terreno politico. Ma questo non dimostra che dentro il Pd vi sia spazio per una battaglia di sinistra né soprattutto che nulla di nuovo possa nascere e che non valga la pena di lavorare a tal fine
Si può anche non essere d’accordo su tutto quel che dice Ema­nuele Maca­luso nell’intervista apparsa sul mani­fe­sto (20 otto­bre). Ma ce ne fos­sero molte in giro di teste altret­tanto capaci di met­tere in ordine con sem­pli­cità ragio­na­menti com­plessi, forse non saremmo messi così disa­stro­sa­mente male. Nel paese e soprat­tutto a sini­stra. Maca­luso, si sa, è, come l’attuale pre­si­dente della Repub­blica, uno della «destra» comu­ni­sta e post-comunista. Uno di quelli che quando c’era il Pci depre­ca­vano la divi­sione tra comu­ni­sti e socialisti.
E che si bat­te­vano per un’interpretazione coe­ren­te­mente rifor­mi­stica delle lotte poli­ti­che del movi­mento ope­raio. Ripeto: si poteva e si può dis­sen­tire dalla sua visione. E, nell’intervista, tro­vare qual­che giu­di­zio discu­ti­bile, come la sot­to­va­lu­ta­zione (a mio parere) della can­cel­la­zione dell’articolo 18 dello Sta­tuto dei lavo­ra­tori da parte del governo. O come la difesa un po’ astratta (sem­pre a mio parere) del cen­tra­li­smo demo­cra­tico, prin­ci­pio che con­serva una ragion d’essere fin­ché in un par­tito non c’è sol­tanto cen­tra­li­smo ma anche demo­cra­zia. Ciò che non pare pro­prio il caso del Pd di Renzi, gui­dato a suon di ricatti da un uomo solo al comando. Il che legit­tima anche qual­che per­ples­sità a pro­po­sito dell’idea che per fare poli­tica si debba per forza stare nel Pd.
Non che Maca­luso si inventi un pro­blema. È vero che quel che c’è oggi a sini­stra non è in grado di inci­dere sul ter­reno poli­tico. Ma que­sto non dimo­stra che den­tro il Pd vi sia spa­zio per una bat­ta­glia di sini­stra né soprat­tutto che nulla di nuovo possa nascere e che non valga la pena di lavo­rare a tal fine. Resta che nella sostanza le con­si­de­ra­zioni di Maca­luso appa­iono non sol­tanto inte­res­santi, ma nell’essenziale asso­lu­ta­mente cen­trate e meri­te­voli di attenta riflessione.
Capita, è noto, che in un mondo che corre a destra i mode­rati seri e coe­renti si ritro­vino a sini­stra, magari all’estrema. Beh, ci voleva Maca­luso per­ché una figura di spicco vicina ben­ché esterna al Pd – non importa se in pen­sione e senza inca­ri­chi – dicesse a chiare let­tere che un par­tito non deve pun­tare a rap­pre­sen­tare tutto il popolo ma una parte, assu­men­dosi di con­se­guenza le pro­prie respon­sa­bi­lità. E che le schi­fezze che il governo Renzi (come del resto i suoi pre­de­ces­sori) chiama «riforme», riforme non sono affatto. Poi­ché la que­stione non sta nel «cam­biare verso» ma in quel che con­cre­ta­mente si com­bina, e cioè nel muo­versi verso una mag­giore ugua­glianza. Sic­come quanto il governo sta facendo va evi­den­te­mente nella dire­zione oppo­sta, di rifor­mi­smo nell’azione sua e del Pd non vi è trac­cia. C’è anzi l’esatto con­tra­rio: con­ser­va­zione o piut­to­sto reazione.
In posi­tivo, Maca­luso dice due cose su cui sarebbe molto oppor­tuno riflet­tere. In primo luogo è indi­scu­ti­bile che oggi a sini­stra del Pd c’è solo, nella migliore delle ipo­tesi, testi­mo­nianza. La fram­men­ta­zione delle forze, quali che siano le cause, dà torto a tutti per la sem­plice ragione che «senza popolo» non c’è sini­stra. Può esserci, in qual­che misura, poli­tica. Ma di destra, in un qua­dro di gestione auto­ri­ta­ria del con­senso. La sini­stra vive nella misura in cui con­qui­sta la fidu­cia innanzi tutto del mondo del lavoro (e del non-lavoro). Forze che non rag­giun­gono que­sto obiet­tivo fuo­rie­scono dallo spa­zio della poli­tica. Può anche darsi, anche se è inve­ro­si­mile, che ciò non sia di per sé colpa dei loro diri­genti. Ma lo diventa dal momento in cui essi non fanno di tutto per sov­ver­tire que­sto stato di cose e per tor­nare a svol­gere un ruolo nel con­flitto politico.
La seconda cosa che Maca­luso dice non è meno impor­tante. Per rina­scere, la sini­stra deve avere un’idea di società, un pro­getto nuovo e orga­nico per il paese, una pro­spet­tiva politico-culturale. Il che signi­fica, mi pare, che deve innanzi tutto recu­pe­rare il corag­gio della pro­pria auto­no­mia e l’orgoglio della pro­pria sto­ria. Insomma, fare l’esatto con­tra­rio di quello che da vent’anni accade. Tra futili nuo­vi­smi, scelte oppor­tu­ni­sti­che e osceni trasformismi.

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