giovedì 29 gennaio 2015

Dalla Grecia la prima risposta alla turbofinanza —  Michele Prospero, Il Manifesto

Syriza. Dalla Grecia è arrivata la prima risposta di sinistra alla grande contrazione economica del capitalismo finanziario che ordina industurbato l’impoverimento di massa in nome di un «dio» chiamato rigore
C’è anche una stri­scia lasciata dal comu­ni­smo ita­liano nel suc­cesso di Ale­xis Tsi­pras. Non solo per­ché nella piazza di Atene si festeg­gia alle note di «Ban­diera rossa» e di «Bella ciao». Cioè di melo­die da tempo rimosse dalla poli­tica ita­liana, con il Pd che in piazza suona solo l’inno nazio­nale! Ma per­ché Tsi­pras cono­sce (anzi, come dice lui in un libro-intervista «La mia sini­stra» appena pub­bli­cato da Bor­deaux, ammira e guarda con un «atteg­gia­mento reve­ren­ziale») la sto­ria del Pci, da Togliatti a Berlinguer.
E a quella vicenda inter­rotta, ma anche alle mobi­li­ta­zioni di massa degli anni suc­ces­sivi che hanno avuto Genova come loro tea­tro sim­bo­lico, ha ispi­rato il suo adde­stra­mento alle armi della politica.
Tra i suoi refe­renti ideali assume Marx, Lenin, Gram­sci. Solo chi attinge dalle cate­go­rie del grande Nove­cento è capace di andare oltre, per cogliere le novità, per arric­chire i lin­guaggi e le tec­ni­che, per ampliare i refe­renti sociali, per affi­nare l’invenzione orga­niz­za­tiva e appron­tare l’offerta comunicativa.
E al Nove­cento greco, euro­peo e pure ita­liano (di cui ram­menta, come fasci­noso pre­ce­dente ideale, «la vit­to­ria sto­rica del Pci alle ele­zioni euro­pee del 1984, poco dopo la morte di Enrico Ber­lin­guer») Tsi­pras fa rife­ri­mento come a cose meta­bo­liz­zate, a spe­ranze di inno­va­zione che vivono sot­to­trac­cia. Non sarà age­vole per lui gover­nare un paese allo stremo con la sua pro­po­sta di un «nuovo New Deal euro­peo», resi­stere ai ricatti delle potenze (non solo) eco­no­mi­che euro­pee e reg­gere l’onda ano­mala del con­senso quando una vit­to­ria è cele­brata sulle fumanti mace­rie sociali della crisi.
Ma in Gre­cia è matu­rata la prima rispo­sta di sini­stra alla grande con­tra­zione eco­no­mica del capi­ta­li­smo finan­zia­rio che ordina l’impoverimento di massa e cele­bra la dispe­ra­zione quo­ti­diana come prova dell’esistenza di un dio chia­mato rigore.
Troppo fle­bile è stata la svolta pro­gram­ma­tica seguita alla sca­lata di Hol­lande all’Eliseo per con­sen­tir­gli di resi­stere alle spinte popu­li­ste che caval­cano le pul­sioni più regres­sive come rispo­sta all’emergenza sociale. In molti paesi euro­pei, i par­titi rifor­mi­sti, per­ce­piti come non estra­nei alla crisi e comun­que come regi­sti di una rispo­sta del tutto interna ai para­digmi del libe­ri­smo, si sono dile­guati (il Pasok) o ver­sano in con­di­zioni pie­tose (il Psoe). Paiono vit­time di quella «social­de­mo­cra­zia neo­li­be­ri­sta gene­ti­ca­mente modi­fi­cata», come la chiama Tsi­pras, che, sulla scia di Blair, ha pre­pa­rato negli anni la scia­gura delle idea­lità della sini­stra di governo.
In Ita­lia, nel 2013, la coa­li­zione «neo­so­cial­de­mo­cra­tica» di Pd e Sel ha pagato le mano­vre dei poteri forti (che però fanno il loro mestiere: tron­care ogni minima trac­cia di una riaf­fio­rante auto­no­mia poli­tica del lavoro, al costo della crisi di sistema) e le sue gravi incer­tezze nel pro­porsi come un cre­di­bile e com­bat­tivo rap­pre­sen­tante di una parte di società, quella che sfida gli impe­ra­tivi dell’austerità, dell’esclusione, della pre­ca­rietà. E per que­sto la crisi ha avuto un effetto di sta­bi­liz­za­zione mode­rata, con l’irruzione cata­stro­fica di ete­ro­ge­nei volti dell’antipolitica (Grillo, Sal­vini, Ber­lu­sconi, Renzi).
In Gre­cia la dia­let­tica poli­tica non è stata ane­ste­tiz­zata, in nome di una reli­gione della sta­bi­lità che con­si­gliava la sospen­sione del voto, e quindi non ha pro­dotto una distrut­tiva con­tesa tra den­tro (il sistema) e fuori (la società civile).
Ciò ha deter­mi­nato una radi­ca­liz­za­zione della con­flit­tua­lità poli­tica e sociale che è rima­sta però tutta quanta sal­da­mente col­lo­cata entro l’asse destra-sinistra. Que­sta pola­riz­za­zione, forte ma costrut­tiva, in Ita­lia è stata impe­dita da una meta­fi­sica della respon­sa­bi­lità nazio­nale in con­di­zioni di emer­genza che, per il dopo Ber­lu­sconi, ha rega­lato le splen­dide figure di Grillo e Renzi. L’Italia migliore in poli­tica appar­tiene alla sto­ria, il pre­sente è solo decadenza.
E a que­sta sto­ria che resi­ste alla deca­denza e all’oblio Tsi­pras mostra di guar­dare con rispetto. «Ricordo — anche se ero pic­colo — il Pci di Enrico Ber­lin­guer, ricordo in modo molto vivo il giorno della sua morte. E non posso non ser­bare nella memo­ria l’immagine del segre­ta­rio del par­tito euro­co­mu­ni­sta greco, Leo­ni­das Kir­kos, il quale, alla vigi­lia delle ele­zioni euro­pee del 1984, ha suo­nato la fisar­mo­nica, dal palco del suo comi­zio di chiu­sura, pro­prio in memo­ria del com­pa­gno Ber­lin­guer. È stata la mani­fe­sta­zione più grande che il par­tito abbia fatto ad Atene, in piazza della Costituzione».
Una vitale trac­cia di comu­ni­smo ita­liano affiora lungo il cam­mino che accom­pa­gna Tsi­pras al trionfo gra­zie alla capa­cità di mediare radi­ca­li­smo (cri­tica del distrut­tivo capi­ta­li­smo post­mo­derno e defi­ni­zione di «forze sociali» plu­rali, nella con­sa­pe­vo­lezza però che «senza ope­rai non si potrà più par­lare di socia­li­smo») e pro­po­sta di governo (allo «scon­tro fron­tale» con le potenze del capi­tale, biso­gna sem­pre aggiun­gere il «con­ti­nuo alter­narsi di scon­tri e com­pro­messi»). Da qui l’enorme distanza evi­den­ziata rispetto al Pd di Renzi che, nella suo scam­bio inde­cente tra riforme anti­o­pe­raie e fles­si­bi­lità nei conti, «taglia ogni rap­porto con le radici della sini­stra e con la sua ric­chezza ideologica».
Con il suo invito a con­durre «un’opposizione radi­cale a Renzi», Tsi­pras pre­senta la sini­stra come «una forza della coscienza» che ha un futuro solo se nella con­te­sta­zione del pre­sente recu­pera le grande idea­lità poli­ti­che del suo passato.
Le tra­di­zioni sono però anime morte se i suoi eredi, quelli che in Ita­lia hanno fre­quen­tato lo stesso romanzo della for­ma­zione poli­tica letto con pro­fitto da Tsi­pras, fir­mano la resa ad un’antipolitica alla fio­ren­tina che usa il chiac­chie­ric­cio e l’accordo più spre­giu­di­cato come maschera degli appe­titi di magi­che cric­che del potere.

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