sabato 25 aprile 2015

No, la Liberazione non è una festa di tutti


Partigiani, immagine d'archivio
Il 25 aprile non può essere una festa condivisa con chi non crede nell'uguaglianza, nella fratellanza e nella libertà.
di Marco Fiorletta

Non può esserlo perché la lotta dei partigiani è stata una lotta di una minoranza che si è schierata contro i complici, i collusi e i pavidi. Che poi siano diventati tutti, all'improvviso, antifascisti e partigiani è un altro discorso che sconfina nell'opportunismo e nel trasformismo italico.

Nel movimento partigiano c'erano comunisti, socialisti, democristiani e anche monarchici senza distinzione, nelle truppe alleate che combatterono contro il nazi-fascismo c'erano bianchi, neri e altre sfumature di colore. Non fu chiesto a nessuno di coloro che si batterono che religione professassero, il nemico era unico fosse esso cattolico, protestante o seguace di una qualsiasi religione o filosofia orientale od occidentale.

Come può essere una festa condivisa con chi pratica il razzismo sulla base del colore della pelle, della religione o del conto in banca? Come lo può essere con coloro che mettono sullo stesso piano i Partigiani con gli aderenti alla repubblica di Salò?

Come lo può essere con chi il 25 aprile tiene i negozi, i supermercati, aperti costringendo sotto ricatto i propri dipendenti a lavorare nel dì di festa che ci dovrebbe ricordare una delle pagine gloriose di questa nazione?

Come lo può essere con chi gioca con la pelle dei profughi e dei migranti che muoiono nel Mediterraneo e non solo? Migranti e profughi si muovono anche via terra e sono quelli ammassati nei troppi campi di accoglienza dovunque ci sia una guerra, dove vivono in condizioni miserrime lasciando indifferenti o quasi i ricchi occidentali dalla memoria corta.

Non, non può essere una festa condivisa con chi non crede nell'uguaglianza, nella fratellanza e nella libertà.

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